Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10887 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 23/04/2021), n.10887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27109/2019 R.G. proposto da:

D.V. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’Avv. RAFFAELE MARENGHI, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CTR della Campania, Sezione Staccata di

Salerno, n. 1448/19, depositata il 15 febbraio 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 16 dicembre 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Risulta dalla sentenza impugnata che il contribuente D.V. ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta dell’anno 2010, con cui venivano disconosciuti costi derivanti da spese per pubblicità erogate a favore di una associazione sportiva dilettantistica (GI.FRA.), qualificate come costi di rappresentanza, con recupero a tassazione ai fini IRPEF e IRAP, oltre accessori e sanzioni. Il contribuente ha invocato l’applicazione della presunzione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 90, comma 8.

La CTP di Avellino ha rigettato il ricorso e la CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, ha rigettato l’appello del contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che – pur essendovi prova dello svolgimento di attività promozionale da parte dello sponsee in favore del contribuente – non può farsi applicazione nel caso di specie della presunzione legale assoluta di natura pubblicitaria delle spese sostenute dal contribuente, a termini della citata L., art. 90, comma 8, per carenza del requisito soggettivo in capo allo sponsee di associazione sportiva dilettantistica. La CTR ha raggiunto il proprio convincimento sulla base dell’esame del doc. n. 4 prodotto dal ricorrente, ritenendo che lo sponsee sia soggetto diverso da quello indicato dal contribuente (U.S. Dilettantistica Real Ariano Irpino in luogo di Associazione Sportiva Dilettantistica GI.FRA.) e che il documento in oggetto è, in ogni caso, inidoneo a offrire prova delle circostanze rappresentate, in quanto non sottoscritto dal rappresentante del Comitato Regionale Campania CONI, al pari di altro documento prodotto (indicato come n. 3), riferito alla associazione GI.FRA., nel quale manca, inoltre, l’indicazione dello svolgimento di attività sportiva da parte dello sponsee.

Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Ufficio.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 – Va rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, risultando il ricorso notificato a mezzo PEC in data 11 settembre 2019 (anzichè in data 19 novembre 2019, come deduce il controricorrente), a fronte della pubblicazione della sentenza impugnata in data 15 febbraio 2019.

2.1 – Con il primo motivo si deduce, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8 e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108, comma 2, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di non riconoscere le spese di sponsorizzazione come spese di pubblicità, bensì come spese di rappresentanza. Deduce il ricorrente che la suddetta disposizione normativa istituisce una presunzione assoluta circa la natura pubblicitaria dei corrispettivi erogati a favore di associazioni sportive dilettantistiche. Deduce, inoltre, il ricorrente che la sentenza impugnata, ove evidenzia che il soggetto sponsorizzato sia diverso da quello indicato dalla contribuente, con conseguente inidoneità della documentazione prodotta, non tiene conto del fatto che non fosse stato oggetto di contestazione in giudizio nè la natura di associazione sportiva dilettantistica del soggetto sponsorizzato, nè la circostanza che il soggetto sponsorizzato fosse quello indicato dal contribuente (GI.FRA.), essendosi l’associazione sponsorizzata trasformata in altro soggetto (U.S. Dilettantistica Real Ariano Irpino).

2.2 – Il primo motivo, a parziale modifica della proposta, è inammissibile, perchè non coglie (come anche le argomentazioni contenute in memoria) la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La sentenza impugnata non è incentrata sull’operatività in astratto della presunzione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 8, applicabile, secondo una costante interpretazione di questa Corte, nel caso in cui lo sponsee rientri in una delle categorie indicate dalla suddetta norma (“associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonchè di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva”), ove sussista il presupposto oggettivo della promozione da parte dello sponsee dell’immagine o dei prodotti dello sponsor e sia rispettato il limite quantitativo indicato nella norma (Cass., Sez. V, 29 settembre 2020, n. 20623, Cass., Sez. VI, 6 luglio 2020, n. 13794; Cass., Sez. VI, 18 dicembre 2019, n. 33557; Cass., Sez. VI, 7 giugno 2017, n. 14232; Cass., Sez. VI, 6 aprile 2017, n. 8981). Diversamente, la sentenza impugnata ha escluso in concreto l’applicazione di tale presunzione in assenza della prova del presupposto soggettivo indicato dalla norma, non risultando che lo sponsee svolgesse attività sportiva dilettantistica, circostanza desunta dal giudice di appello dall’esame dei “documenti certificatori del CONI (Comitato Regionale Campania doc. n. 3 e n. 4” (pag. 7 ric.), costituendo l’iscrizione nel registro del CONI presupposto per la fruizione del regime presuntivo di cui alla suddetta disposizione (Cass., Sez. VI, 21 marzo 2017, n. 7202).

2.3 – Inammissibile è, poi, la doglianza in relazione al profilo denunciato, con riferimento al fatto che non fosse contestata la natura dilettantistica del soggetto sponsorizzato e al fatto che la circostanza che il soggetto indicato dal contribuente fosse lo stesso che era stato oggetto di sponsorizzazione. Si osserva che prescindendosi dal profilo denunciato – l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione rientra nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte ed è, quindi, rimesso al giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione, con conseguente inammissibilità della deduzione di mancata contestazione del fatto per il quale è stato ammesso un mezzo di prova ed effettuato uno specifico accertamento (Cass., Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 27490; Cass., Sez. VI, 7 febbraio 2019, n. 3680; Cass., Sez. III, 16 marzo 2012, n. 4249).

3.1 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 132,112 e 115 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha posto a fondamento della decisione fatti non specificamente contestati quanto alla natura non dilettantistica della associazione oggetto di sponsorizzazione, introdotti dall’Ufficio solamente in fase giudiziale. Il ricorrente, nel rispetto del principio di specificità, trascrive l’avviso di accertamento, evidenziando come la questione circa l’insussistenza dello svolgimento dell’attività dilettantistica da parte dello sponsee sarebbe stata introdotta con le controdeduzioni dell’Ufficio in primo grado, in contrasto con il principio secondo cui in sede contenziosa non possano essere introdotte contestazioni ulteriori oltre quelle poste a fondamento dell’atto impositivo. Deduce il ricorrente che tale questione sarebbe stata prospettata con l’atto di appello.

3.2 – Il secondo motivo è inammissibile per le ragioni che seguono. E’ corretto affermare che nel processo tributario l’Amministrazione finanziaria non può mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento, essendo nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, salva la proposizione di motivi aggiunti esclusivamente in caso di deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine del giudice (Cass., Sez. VI, 13 aprile 2017, n. 9637; Cass., Sez. V, 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2013, n. 23326; Cass., Sez. V, 5 dicembre n. 21779; Cass., Sez. V, 22 settembre 2011, n. 19337).

3.3 – Tuttavia, prescindendosi (anche in questo caso) dal parametro normativo indicato dal ricorrente (che non concerne la violazione del principio di non contestazione, bensì le norme processuali in tema di integrazione dei motivi di ricorso), non risulta (per difetto di trascrizione da parte del ricorrente dei motivi di appello) che la questione della violazione del principio di immutabilità della contestazione, come cristallizzata in sede amministrativa, sia stata prospettata e in che termini al giudice di appello, sia in quanto tale questione non risulta specificamente trattata nella sentenza impugnata (che, al contrario, dà atto che è stata anche la sentenza di primo grado ad essere stata fondata su tale questione, così comprovando la trattazione della questione in prime cure), sia in quanto non appare sufficiente (nel rispetto del principio di specificità) la mera menzione in ricorso che il ricorrente avrebbe trattato nell’atto di appello la questione della “assenza di contestazione nell’avviso di accertamento della natura dilettantistica dell’associazione sportiva (…)”, senza trascrizione, nè allegazione dell’atto di appello.

E’, difatti principio condiviso che nel processo tributario, la parte rimasta soccombente su questioni preliminari, onde evitare la formazione del giudicato interno, deve necessariamente proporre impugnazione – principale o incidentale – sul punto, non essendo sufficiente la mera riproposizione della questione in appello, ai sensi dell’art. 56 D.Lgs. n. 546 del 1992 (Cass., Sez. V, 13 novembre 2015, n. 23228), non potendo procedersi a ulteriori indagini nel giudizio di gravame ulteriore le quali siano state implicitamente rigettate nel grado precedente e non espressamente denunciate con motivo di gravame (Cass., Sez. V, 5 dicembre 2019, n. 31816). Restano, quindi, assorbite le ulteriori deduzioni contenute in memoria.

4.1 – Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che i soggetti sponsorizzati non svolgessero attività sportiva dilettantistica. Deduce il ricorrente di avere prodotto documentazione attestante tale circostanza, consistente nella specie nel contratto di sponsorizzazione, nelle fatture e nella copia di iscrizione dell’associazione nei registri di affiliazione al CONI. Il ricorrente, il quale riproduce nel rispetto del principio di specificità quest’ultimo documento, contesta, inoltre, la motivazione della sentenza impugnata ove ha ritenuto che tale documento sarebbe inutilizzabile in quanto privo di sottoscrizione, deducendo che trattasi di documento di formazione digitale proveniente da ente pubblico. Rileva, infine, come alla prima associazione sportiva (GI.FRA) sia poi subentrata altra associazione (U.S. Dilettantistica Real Ariano Irpino).

4.2 – Il terzo motivo è inammissibile, stante la sussistenza della cd. “doppia conforme”. Risulta dalla sentenza impugnata diversamente da quanto sostiene il ricorrente, come ribadito e meglio argomentato in memoria – che sia in primo grado, sia in secondo grado è stata espressamente affrontata la questione della insussistenza del presupposto soggettivo dello sponsee per usufruire della cd. presunzione assoluta della natura pubblicitaria delle spese sostenute dal contribuente (“mancata prova dello svolgimento da parte dell’associazione GI. FRA. (…) dell’attività sportiva dilettantistica quale presupposto dell’invocato beneficio fiscale”). Nel qual caso è inammissibile a termini del combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, l’omesso esame di un fatto, ancorchè decisivo, posto che, trattandosi di “doppia conforme”, devono essere indicate le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774).

5 – Il ricorso va, pertanto, rigettato. Non vi è luogo alla condanna alle spese, stante la tardività del controricorso (come evidenziato dal ricorrente in memoria), essendo il ricorso stato notificato in data 11 settembre 2019 e il controricorso notificato in data 27 dicembre 2019; sussistono i presupposti del raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

 

 

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