Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10887 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. I, 08/06/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 08/06/2020), n.10887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 26316/2016 proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Francesco Denza n.

15, presso lo studio dell’Avvocato Nicola Pagnotta, rappresentata e

difesa dall’Avvocato Benedetto Carratelli giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.P., elettivamente domiciliato in Roma, Viale XXI Aprile

n. 11, presso lo studio dell’Avvocato Corrado Morrone, rappresentato

e difeso dall’Avvocato Oreste Via giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. in Liquidazione,

F.N., Gruppo Vena S.r.l., T.A.M., Tre D Calcestruzzi

S.n.c. di D.B. & C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1666/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

depositata il 20/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/02/2020 dal cons. Dott. PAZZI ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato B. Carratelli che si riporta;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Nikolaus W.M. Suck, con

delega scritta avv. Morrone, che si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 20 aprile 2016, dichiarava il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione su istanza di Tre D Calcestruzzi s.n.c., B.P., T.A.M., F.N. e Gruppo Vena s.r.l..

2. A seguito del reclamo proposto da (OMISSIS) s.r.l. si costituivano in giudizio il fallimento di (OMISSIS) s.r.l, opponendosi all’impugnazione, e il creditore B., il quale eccepiva, oltre all’infondatezza del gravame, la sua improcedibilità, a motivo del mancato rispetto dei termini di notifica di cui alla L. Fall., art. 18, commi 6 e 7.

A fronte di quest’ultima eccezione la Corte distrettuale ricordava il principio secondo cui nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentita l’assegnazione di un termine perentorio per provvedere a una nuova notifica.

Il collegio del reclamo reputava che tale principio trovasse generale applicazione in ogni ipotesi in cui l’atto di impulso processuale fosse costituito da un ricorso e dunque anche ai procedimenti camerali, osservando poi che nei procedimenti di impugnazione di tale natura l’introduzione del giudizio è contrassegnata dal contrario interesse di una delle parti alla stabilizzazione degli effetti portati dal provvedimento già emesso.

Di conseguenza – a dire dei giudici territoriali – gli effetti prodromici provocati dal deposito del reclamo erano suscettibili di stabilizzarsi solo in presenza di una valida vocatio in ius, sicchè l’omessa o inesistente notificazione comportava il venir meno degli effetti legati al deposito dell’impugnazione.

Allo stesso modo la notifica avvenuta in violazione del termine ordinatorio assegnato e nel contempo del termine di comparizione si poneva come giuridicamente inesistente e provocava i medesimi effetti della totale omissione dell’incombente.

Sulla base di queste considerazioni la Corte d’appello di Catanzaro dichiarava improcedibile il reclamo, con sentenza pubblicata il 20 ottobre 2016.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso B.P..

Gli intimati fallimento di (OMISSIS) s.r.l, Tre D Calcestruzzi s.n.c., T.A.M., F.N. e Gruppo Vena s.r.l non hanno svolto alcuna difesa.

La sesta sezione, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 3 novembre 2017 ha ritenuto insussistenti i presupposti per la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c. ed ha rimesso la causa alla pubblica udienza della prima sezione.

Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 291 c.p.c. e art. 737 c.p.c. e ss. e L. Fall., art. 18.

Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del procedimento per mancata assegnazione di un termine per la notificazione del reclamo e del decreto di fissazione di udienza.

In tesi di parte ricorrente la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere atto del tempestivo deposito del ricorso, dell’intervenuta costituzione in giudizio del creditore B. e della curatela, senza che quest’ultima eccepisse alcunchè, e del perfezionamento della notifica ai creditori Tre D Calcestruzzi s.n.c. e Gruppo Vena s.r.l. e di conseguenza, tenuto conto che il disposto della L. Fall., art. 18, commi 6 e 7, ha l’unico scopo di garantire l’integrità del contraddittorio, avrebbe dovuto assegnare un termine per la notificazione del reclamo e del decreto di fissazione d’udienza al creditore F., risultato irreperibile al domicilio eletto, ed ai creditori non costituiti, nei confronti dei quali non era stato rispettato il termine a comparire.

5. I motivi sono fondati.

5.1 Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge in linea generale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio, L. Fall., ex art. 15, comma 1.

Il reclamo assume perciò le caratteristiche di un procedimento di impugnazione che si svolge con rito camerale.

La peculiare disciplina prevista dalla L. Fall., art. 18 stabilisce, al suo comma 6, che “il ricorso deve essere notificato, a cura del reclamante, al curatore e alle altre parti entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto” ed aggiunge, al successivo capoverso, che “tra la data della notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni”.

La norma, tuttavia, non prevede alcuna espressa sanzione per l’ipotesi in cui la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione avvenga senza il rispetto di tali termini.

5.2 Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in sede di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento, va disattesa l’istanza con cui l’appellante, che non abbia notificato il ricorso e il decreto presidenziale di fissazione dell’udienza nel termine ordinatorio L. Fall., ex art. 18, comma 4, (nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006), ne chieda, successivamente al suo decorso e senza allegare alcuna causa di giustificazione, uno nuovo per provvedervi, ostando a tale concessione l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 154 c.p.c. che, in ipotesi di impugnazione e sulla scorta dei principi sottesi all’art. 111 Cost., comma 2, deve tenere conto della legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un confine temporale rigorosamente definito e ragionevolmente breve, del provvedimento giudiziario già emesso (Cass. 15146/2015).

Ciò in applicazione del principio, già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, – al giudice di assegnare, ai sensi dell’art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere a una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c. (Cass., Sez. U., 20604/2008).

E l’estensione anche all’ambito del reclamo fallimentare del principio così fissato in materia lavoristica è stata giustificata dalle seguenti considerazioni: a) “la riforma della legge fallimentare conseguente al decreto correttivo ha introdotto una specifica articolazione del giudizio di reclamo praticamente disegnata sulla L. Fall., art. 26, a sua volta strutturato sul modello del rito del lavoro” (Cass. 11541/2017); ii) “pure in questa” materia “si registra la rilevanza dell’aspettativa legittima della controparte, oltre che il connotato di urgenza insito nell’essere la vicenda processuale attinente allo stato e alla capacità delle persone” (Cass. 11541/2017); iii) tanto in materia giuslavoristica quanto in ambito fallimentare il “contrappeso della sanzione dell’improcedibilità è rappresentato dall’obbligo di comunicazione di avviso dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza, non sussistente in ogni rito camerale” (Cass. 15146/2015).

5.3 La corte territoriale ha falsamente applicato simili principi a una fattispecie affatto differente.

Il collegio del reclamo infatti, dopo aver richiamato il principio già fissato dalle Sezioni Unite in ambito lavoristico, ha ritenuto di farne applicazione anche nel caso di specie, dove però la notifica del reclamo (depositato il 20 maggio 2016) e del decreto di fissazione di udienza (prevista per il 20 luglio 2016, come comunicato dalla cancelleria al reclamante il 6 giugno 2016), effettuata senza il rispetto di entrambi i termini previsti dalla L. Fall., art. 18, commi 6 e 7, era però avvenuta (a mezzo del servizio postale, con spedizione del 29 giugno 2016), seppur tardivamente, nei confronti di tutti i reclamati (ad eccezione di uno, risultato irreperibile al domicilio eletto) ed aveva addirittura provocato la costituzione di due di essi (vale a dire di B.P., il 12 luglio 2016, e della curatela fallimentare all’udienza del 20 luglio). Al fine di dare applicazione a un principio fissato per l’ipotesi in cui la notifica sia del tutto mancante a una fattispecie in cui la notifica era invece stata effettuata, sebbene in maniera tardiva, la Corte di merito si è trovata a dover sostenere (a pag. 7) che “la notifica avvenuta in violazione del termine ordinatorio (e, nel caso, anche di quello di comparizione) si pone come giuridicamente inesistente, così provocando i medesimi effetti della totale omissione dell’incombente”, corroborando poi il proprio argomentare con il rilievo dell’improcedibilità dell’impugnazione per il mancato rispetto dei termini a comparire, come avverrebbe in ambito lavoristico in caso di inosservanza dell’art. 435 c.p.c., comma 3.

5.4 Simili affermazioni contrastano innanzitutto con il principio, già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità (elementi costituiti: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa; Cass., Sez. U., 14916/2016).

Il tempo (così come il luogo) in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicchè i vizi ad esso correlati non comportano alcuna inesistenza.

La Corte di merito ha così trascurato di considerare che mentre un vizio di notifica, a fronte della tempestività del ricorso, ben può essere sanato mediante rinnovazione ove ciò sia necessario al fine di instaurare correttamente il contraddittorio, ciò non è dato ove la notifica sia mancata del tutto, rilevando in tal caso il complesso di principi enucleati nella materia processualmente affine del rito lavoristico quanto alla distinzione di funzionalità tra il deposito del ricorso e la successiva sua notificazione assieme al decreto di fissazione di udienza.

5.5 Nel caso di specie occorreva trarre le mosse dalle peculiarità del caso concreto, ove la notifica era stata effettuata a tutti i reclamati (tardivamente ma con successo), ad eccezione del creditore risultato irreperibile presso il domicilio eletto, ed il contraddittorio si era correttamente costituito con la procedura reclamata, costituitasi in giudizio senza nulla eccepire e sanando così il vizio correlato al mancato rispetto del termine volto a tutelare le sue esigenze difensive.

Il collegio d’appello avrebbe poi dovuto considerare che l’instaurazione del giudizio camerale di impugnazione – al pari di quanto avviene in linea generale nei procedimenti camerali – è caratterizzata da due fasi distinte che si perfezionano, rispettivamente, la prima con il deposito del reclamo in cancelleria (entro il termine perentorio di cui alla L. Fall., art. 18, comma 1) e la seconda con la notifica al convenuto del ricorso e del pedissequo decreto presidenziale contenente la fissazione dell’udienza di comparizione (entro il termine non perentorio di cui alla L. Fall., art. 18, comma 6, e nel rispetto del termine previsto dal comma successivo, che assolve alle esigenze di difesa dei reclamati; Cass. 14786/2012, Cass. 22086/2013).

Il rapporto reclamante-collegio dell’impugnazione si costituisce già con il deposito del reclamo, mentre la seconda fase è finalizzata esclusivamente alla costituzione del necessario contraddittorio fra le parti.

Il mancato rispetto del termine (non perentorio) fissato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per provvedere alla notifica non comportava di per sè, in difetto di espressa sanzione, la decadenza dall’impugnazione, già regolarmente proposta con il deposito del gravame in cancelleria, nè alcun obbligo di rinnovazione della notifica, non essendo lo stesso funzionale ad assicurare la corretta instaurazione del contraddittorio.

5.6 Neppure il mancato rispetto del termine che assolve alle esigenze di difesa dei reclamati poteva portare alle conseguenze tratte dalla Corte territoriale (come per il vero sostiene l’odierno ricorrente laddove, a pag. 6, impugna la sentenza della Corte di merito nella parte in cui ha constatato che la notifica è stata effettuata “in violazione sia del termine di dieci giorni fissato dalla L. Fall., art. 18 sia, per tutti i reclamati, del termine di comparizione previsto sempre nella medesima norma” ed osserva poi, alla pagina successiva, che entrambi i termini avevano invece “soltanto la funzione di garantire l’integrità del contraddittorio”). Anche in questo caso infatti il riferimento ai principi fissati in materia lavoristica avrebbe dovuto condurre a considerare che in tale materia la violazione del termine a difesa di cui all’art. 435 c.p.c., comma 3, non determina sempre l’improcedibilità dell’appello, in quanto ove la notificazione sia tardiva o nulla opera il principio sopra menzionato secondo cui l’impugnazione si perfeziona con il deposito del ricorso ed ogni eventuale vizio della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza non si comunica all’impugnazione, oramai perfezionatasi.

Ne discende che se l’appellato si costituisce il vizio è sanato (Cass. 9735/2018), se la parte appellata costituendosi deduce l’inosservanza del termine a comparire il giudice dovrà fissare una nuova udienza nel rispetto del termine stesso (Cass. 18165/2004), mentre se l’appellato non si costituisce il giudice, rilevato il vizio e indicatolo all’appellante, assegna a quest’ultimo, previa fissazione di una nuova udienza, un termine perentorio per rinnovare la notificazione del ricorso e del nuovo decreto (Cass. 9735/2018, Cass. 19818/2013).

In applicazione di questi principi era dunque necessario – onde garantire la corretta formazione del contraddittorio e consentire il pieno godimento dell’intero termine a difesa ai reclamati non costituiti o costituiti eccependo la relativa violazione – fissare una nuova udienza nel rispetto del termine a difesa previsto dalla L. Fall., art. 18, comma 7, e nel contempo assegnare al reclamante un termine perentorio per rinnovare la notificazione del ricorso e del nuovo decreto ai reclamati non costituiti.

6. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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