Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10886 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. I, 08/06/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 08/06/2020), n.10886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8920/2016 proposto da:

(OMISSIS) in liquidazione S.r.l., in persona del liquidatore pro

tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Massimo Boscolo giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione; BANCA MONTE DEI PASCHI

DI SIENA S.p.a.

– intimati –

avverso la sentenza n. 274/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 15/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/01/2020 dal cons. Dott. Paola Vella.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Venezia ha rigettato il reclamo proposto dalla società (OMISSIS) S.r.l. in liquidazione avverso la sentenza con cui il Tribunale di Padova ne aveva dichiarato il fallimento, su ricorso della Banca Monte dei Paschi S.p.a., previa declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, in ragione: A) “della errata allocazione delle poste attive ed altrettanto errata qualificazione dei crediti nel piano”, non essendo noto se fossero stati trascritti – ai fini dell’opponibilità L. Fall., ex artt. 169 e 45 la domanda di arbitrato o il lodo (passato in giudicato prima della domanda di concordato) in forza del quale il sig. M.M. aveva visto accogliere la propria domanda ex art. 2932 c.c. relativamente a un immobile che figurava nell’attivo concordatario per un valore pari al saldo del prezzo ancora dovuto dall’acquirente, mentre nel passivo concordatario figurava la medesima somma a titolo di credito privilegiato ipotecario, con ulteriore appostamento al chirografo della somma di Euro 8.805,00 (pari alla differenza tra il credito complessivo della Banca Unicredit e il saldo prezzo dovuto dal M.); B) delle “gravi lacune informative al ceto creditorio riscontrate nella proposta e nella integrazione della stessa”, anche per non avere la proponente considerato il debito da indennità di occupazione maturato dopo la risoluzione del contratto di leasing in favore di Italease S.p.a., nè esplicitato i criteri di calcolo del credito residuo della stessa concedente.

2. Avverso detta decisione la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

3. Le parti intimate non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo si censura la violazione della L. Fall., artt. 160,161, 162 e 163, per avere la Corte d’appello (così come il Tribunale) esorbitato dalle proprie funzioni, indagando il merito dei singoli punti della proposta concordataria e sostituendosi all’indagine riservata, nella fase successiva all’ammissione, al Commissario giudiziale.

4.1. In particolare, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto dei seguenti aspetti: i) non vi era alcuna incertezza sull’esistenza di un titolo giudiziale definitivo anteriore alla domanda di concordato, che trasferiva l’immobile al M. con effetto costitutivo e quindi opponibile alla procedura, a prescindere dalla precedente trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c.; ii) il trasferimento era peraltro subordinato al pagamento del saldo del prezzo indicato in sentenza, che a sua volta era subordinato alla cancellazione dell’ipoteca gravante sull’immobile venduto; iii) i creditori erano stati di ciò puntualmente informati nella proposta di concordato e nella successiva integrazione, ove era stato chiarito che l’immobile, “anche se “sostanzialmente” già trasferito (…) era ancora formalmente intestato alla società proponente” e inserito nell’attivo concordatario per il solo valore del prezzo residuo dovuto dall’acquirente, sicchè, non essendo stata ancora conclusa l’operazione di trasferimento, tra le passività era stato anche inserito lo speculare credito ipotecario della banca; iv) i creditori erano stati informati anche sui conteggi del credito ex art. 1526 c.c. (prudenzialmente inserito per il 50% del valore di stima della perizia giurata) e sulla pendenza del giudizio con la società di leasing, la quale in quella sede non aveva ancora avanzato alcuna pretesa a titolo di indennità di occupazione.

4.2. Con il secondo mezzo si lamenta la “violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 per vizio della motivazione” nonchè “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, poichè, con riguardo al fatto controverso della completezza e veridicità delle informazioni rese sulla proprietà dell’immobile in questione e sul credito ipotecario di Unicredit Banca, la motivazione sarebbe meramente apparente, sostanzialmente incomprensibile e comunque fondata su considerazioni contrastanti e inconciliabili, poichè “delle due l’una: se l’immobile doveva considerarsi ancora nel patrimonio della società, il credito della Banca doveva qualificarsi come privilegiato; se il credito della Banca doveva considerarsi chirografario era perchè il bene immobile doveva considerarsi già trasferito e la società creditrice del saldo prezzo”.

4.3. Gli stessi vizi vengono lamentati con il terzo motivo, avuto riguardo al fatto controverso della completezza delle informazioni sul credito della società di leasing a titolo di indennità da occupazione successiva alla risoluzione del contratto, non avendo la corte d’appello considerato che tale credito, oltre ad essere ipotetico (posto che la società di leasing non si era attivata per ricevere la consegna delle chiavi), non superava in ammontare il contro-credito ex art. 1526 c.c., già prudenzialmente abbattuto al 50%.

5. I motivi proposti, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, presentano profili di inammissibilità e di infondatezza.

6. Sicuramente non ricorre il vizio di nullità della sentenza denunziato con il secondo mezzo, poichè la puntuale motivazione della sentenza impugnata supera ampiamente la soglia del “minimo costituzionale” attualmente sindacabile, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce (…) nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 8053/2014), con esclusione di ogni rilevanza della sua insufficienza o contraddittorietà (Cass. Sez. U, 33017/2018).

7. Inoltre, quasi tutte le censure implicano una rivisitazione degli accertamenti svolti dal giudice a quo sulla base degli atti disponibili in sede di merito, che come tali sfuggono al sindacato di legittimità.

7.1. Al riguardo questa Corte ha chiarito che il vizio di violazione di legge dedotto con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; invece, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 24155/2017), salvo il profilo motivazionale (Cass. 22707/2017, Cass. 195/2016).

7.2. Pertanto le doglianze in disamina, nella parte in cui evocano un’erronea ricognizione della fattispecie concreta attraverso le risultanze di causa, si pongono al di fuori dei limiti propri del mezzo di impugnazione utilizzato, sollecitando una rivisitazione delle circostanze di fatto inammissibile in questa sede (Cass. 27072/2019, 29404/2017, 9547/2017, 16056/2016; conf. da ultimo Cass. 6939/2020, 7192/2020).

7.3. Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente sottolineato come sia “inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (Cass. Sez. U, 34476/2019).

7.4. Con specifico rifermento al tema in esame è stato altresì rilevato come “l’accertamento dell’effettivo contenuto della proposta concordataria è questione implicante una tipica valutazione in fatto, che va compiuta dal giudice del merito sulla scorta delle norme che presiedono all’interpretazione dei contratti” (Cass. 11395/2016).

8. Le censure motivazionali veicolate dal secondo e terzo motivo non rispettano nemmeno il paradigma del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 e applicabile ratione temporis), che rende l’apparato argomentativo sindacabile in sede di legittimità solo entro precisi limiti (ex plurimis Cass. 17247/2006, 18587/2014), poichè sarebbe stato onere del ricorrente indicare, in ossequio all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il “fatto storico” – ossia accadimenti o circostanze in senso storico-naturalistico, non già mere questioni o argomentazioni (Cass. 22397/2019) nè “fatti processuali” (Cass. 18328/2019, 7024/2020) – il cui esame sia stato omesso, nonchè il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e, soprattutto, la sua “decisività” (Cass. Sez. U, nn. 8053/2014, 8054/2014, 1241/2015; conf. Cass. nn. 19987/2017, 7472/2017, 27415/2018, 7024/2020, 6735/2020, 6485/2020, 6383/2020).

9. La decisione impugnata risulta comunque indenne dalla contestazione mossa con il primo motivo, per cui i giudici di primo e secondo grado avrebbero “indagato, esorbitando dalle proprie funzioni, sul merito dei singoli punti della proposta concordataria”.

9.1. In estrema sintesi, la corte d’appello ha respinto i due motivi di reclamo osservando: i) che l’immobile oggetto di azione ex art. 2932 c.c. risultava contraddittoriamente “già passato in proprietà al M.” e al tempo stesso “incluso tra i valori attivi della società debitrice, essendo ancora intestato alla incorporata Nisa s.r.l.” – sia pure per un valore “pari al credito che la società vanta nei confronti del M.” – senza che risultasse se quest’ultimo avesse o meno provveduto alla trascrizione del titolo definitivo per la sua opponibilità alla procedura, ai sensi del combinato disposto della L. Fall., artt. 5 e 169; ii) che la qualificazione del credito di Banca Unicredit come chirografario o privilegiato non era affatto irrilevante, una erronea rappresentazione costituendo violazione della L. Fall., art. 161, comma 2, lett. b) e c); iii) che – diversamente da quanto sostenuto dalla reclamante, e tenuto conto anche “dell’integrazione depositata il 22.7.2015” – la restituzione dell’immobile detenuto in leasing “non solo non era stata effettuata mediante una seria offerta, ancorchè non formale, ma a detta restituzione (OMISSIS) si era addirittura opposta”, sicchè l’omessa indicazione del credito di Italease violava le medesime disposizioni sopra indicate.

9.2. Ebbene, una siffatta valutazione complessiva della proposta concordataria – ritenuta inammissibile dai giudici di merito anche per le gravi lacune informative nei confronti del ceto creditorio – risulta in linea con la più recente (ma già sedimentata) giurisprudenza di questa Corte in tema di controllo giudiziale sulla proposta di concordato preventivo, la quale ha chiarito che, ai fini dell’ammissione della relativa domanda, il tribunale è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano, che sotto il profilo giuridico non incontra particolari limiti, mentre sotto il profilo economico può essere svolta – nella prospettiva funzionale propria della causa concreta – solo nei limiti del riscontro di una (eventuale) manifesta inettitudine (prima facie) del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, da valutare caso per caso, in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi (Cass. 30537/2018, 5825/2018, 4790/2018, 9061/2017, 4915/2017, 26329/2016; cfr. Cass. Sez. U, 1521/2013; Cass. 8575/2013, 8799/2016, 23882/2016).

9.3. Ovviamente, una volta superato tale vaglio di ammissibilità, la valutazione del merito della proposta e, soprattutto, della sua convenienza, restano appannaggio dei creditori interessati. In tal senso si è affermato che “la proposta di concordato preventivo deve necessariamente avere ad oggetto la regolazione della crisi, la quale a sua volta può assumere concretezza soltanto attraverso le indicazioni delle modalità di soddisfacimento dei crediti (in esse comprese quindi le relative percentuali ed i tempi di adempimento), rispetto alla quale la relativa valutazione (sotto i diversi aspetti della verosimiglianza dell’esito e della sua convenienza) è rimessa al giudizio dei creditori, in quanto diretti interessati”, il quale però, per essere effettivo, “presuppone che i creditori ricevano una puntuale informazione circa i dati, le verifiche interne e le connesse valutazioni, incombenti che assumono un ruolo centrale nello svolgimento della procedura in questione ed al cui soddisfacimento sono per l’appunto deputati a provvedere dapprima il professionista attestatore, in funzione dell’ammissibilità al concordato (alla L. Fall., art. 161), e quindi il commissario giudiziale prima dell’adunanza per il voto (L. Fall., art. 172)” (Cass. 18091/2016).

9.4. Anche con riguardo alla successiva fase dell’omologa, si è evidenziato che “rientra nell’alveo del giudizio di fattibilità giuridica demandato al tribunale, la valutazione dell’effettiva realizzabilità della causa concreta della proposta concordataria attraverso la previsione di una soddisfazione in tempi di realizzazione ragionevolmente contenuti; viceversa, sono rimessi all’apprezzamento dei creditori la verosimiglianza dei termini di adempimento prospettati e i rischi temporali connessi alla liquidazione dell’attivo, trattandosi di aspetti concernenti la mera convenienza economica” (Cass. 21175/2018).

9.5. Sul punto è stato da ultimo precisato che “non rientra nell’ambito della verifica della fattibilità, riservata al giudice, il sindacato riguardante l’aspetto pratico-economico della proposta di concordato preventivo e la convenienza della stessa, neppure in ordine al profilo della misura minimale del soddisfacimento dei crediti rappresentati, in quanto si tratta di valutazioni che sono riservate ai creditori, e non è possibile individuare una percentuale fissa minima al di sotto della quale la proposta concordataria debba ritenersi inadatta a perseguire la causa concreta cui la procedura è volta, consistente nel consentire il superamento della condizione di crisi dell’imprenditore e nel riconoscere agli aventi diritto la realizzazione del credito vantato in tempi ragionevolmente contenuti, sia pure per una minima consistenza” (Cass. 3863/2019).

10. Va comunque sottolineato che, nel caso di specie, i giudici di merito hanno anche evidenziato come le numerose ambiguità della proposta e del piano avessero irrimediabilmente compromesso il cd. “consenso informato” dei creditori, costantemente interpretato da questa Corte (anche ai fini della revoca per atti di frode L. Fall., ex art. 173) come il diritto dei creditori ad una corretta, adeguata e consapevole formazione del loro consenso ai fini del voto, cui è evidentemente strumentale – sin dalla fase di ammissione – la verifica sulla veridicità, adeguatezza ed attendibilità dei dati destinati a consentire la formulazione del giudizio di fattibilità economica e convenienza del piano (ex plurimis, Cass. 25458/2019, 5653/2019, 15013/2018, 5825/2018, 2234/2017, 18091/2016, 17191/2014, 12549/2014).

11. Al rigetto del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

12. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (Cass. Sez. U, 23535/2019).

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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