Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10884 del 18/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 18/05/2011, (ud. 08/02/2011, dep. 18/05/2011), n.10884
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.M., rappresentato e difeso dall’avv. MASSIRONI
Tiberio e dall’avv. Conti Pio, presso il quale è elettivamente
domiciliato in Roma al viale Paridi n. 47;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 28/8/08, depositata il 21 aprile 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’8 febbraio 2011 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco.
La Corte:
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“Con sentenza del 21/4/2008 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva il gravame interposto dall’AGENZIA DELLE ENTRATE di Gallarate nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Varese di accoglimento dell’opposizione spiegata in relazione ad avviso di accertamento emesso a titolo di I.R.P.E.F. e SANZIONI per l’anno d’imposta 2000.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 MOTIVI. Con il 1^ MOTIVO denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67, 685, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 MOTIVO denunzia carenza di motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5,.
Con il 3 MOTIVO denunzia “violazione della normativa tributaria”.
Resiste con controricorso l’AGENZIA DELLE ENTRATE. Il ricorso dovrà essere ritenuto inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, artt. 366 bis e 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Orbene, nel caso i motivi con i quali si denunzia violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, risultano formulati senza recare invero il prescritto quesito di diritto.
E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione del motivo di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.
Quanto al vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).
Al riguardo, si è precisato che l’art. 366 bis c.p.c. rispetto alla inera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il 2 motivo non reca la prescritta “chiara indicazione” – nei termini più sopra indicati – delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
che le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in complessivi Euro 1.100, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011