Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10881 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. I, 08/06/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 08/06/2020), n.10881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18388/2016 proposto da:

(OMISSIS) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Andrea Vesalio n. 22, presso

lo studio dell’avvocato Alfredo Irti, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) Sr.l., Procura della Repubblica presso il

Tribunale di Roma; Procura Generale della Repubblica presso la Corte

d’Appello di Roma; Procura Generale della Cassazione;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4555/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 dal Cons. Dott. Paola Vella.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza qui impugnata, la Corte di Appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto in data 30/09/2015 dalla società (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza del 27/07/2007 con cui il Tribunale di Roma ne aveva dichiarato il fallimento. Dopo aver premesso che l’asserito vizio notificatorio di inesistenza o nullità della notifica della sentenza di fallimento – in quanto effettuata ai sensi dell’art. 143 c.p.c. all’indirizzo del legale rappresentante R.A. in “(OMISSIS)”, piuttosto che al suo esatto indirizzo di “(OMISSIS)” – integrerebbe semmai un’ipotesi di nullità (piuttosto che di inesistenza), la corte territoriale ha ritenuto assorbente il mancato assolvimento dell’onere del reclamante di allegare e provare il fatto “di non aver avuto conoscenza del processo in tempo utile alla tempestiva proposizione dell’impugnazione, sulla base di elementi idonei a far presumere la dipendenza dell’inerzia dalla dedotta nullità, precisando i tempi e i modi della tardiva conoscenza del processo e della sentenza”. Ha poi aggiunto che, “sotto altro autonomo profilo (…) la sentenza impugnata è stata emessa nel lontano 2007 ed è inverosimile, stante il regime pubblicitario in materia, che di tale sentenza la società ne abbia avuto cognizione soltanto nel 2015”.

2. Avverso detta decisione la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, corredato da memoria ex art. 380-bis1 c.p.c.

3. Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1. Con il primo motivo – rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 138, 139 e 143 c.p.c. nonchè dei principi in materia di nullità della notificazione degli atti” – si censura l’affermazione della Corte d’appello per cui il vizio notificatorio lamentato “integrerebbe una ipotesi di nullità della notificazione e non di inesistenza”, potendo ciò valere “soltanto ove la notifica sia stata effettuata in luogo o persona che abbia un collegamento con il destinatario”, mentre nel caso di specie “i precedenti tentativi di notificazione ai sensi degli artt. 138 c.p.c. e ss. sono stati compiuti in luogo privo di collegamento con la effettiva residenza del sig. R.”; in ogni caso, anche a ritenere nulla (e non inesistente) la notifica, “non gravava comunque sul reclamante l’onere di provare l’ignoranza, ma sul resistente quello di dimostrare la tempestiva conoscenza”.

3.2. Il secondo mezzo, proposto in subordine rispetto al primo, denunzia la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonchè dei principi giurisprudenziali in materia di nullità della notificazione e ignoranza del processo”, per avere la reclamante “allegato e dimostrato di non aver avuto conoscenza del processo e della sentenza per vizi di nullità” ed anche “precisato tempi e modi della conoscenza tardiva”, dai documenti depositati risultando “la prova, o per lo meno elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, che la reclamante non avesse conosciuto il procedimento in alcun modo”.

3.3. Con il terzo motivo si lamenta l'”omesso esame circa un fatto decisivo discusso, relativo all’erroneità dell’indirizzo di residenza del legale rappresentante, riportato nelle relate”.

3.4. Il quarto mezzo prospetta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 143 c.p.c., nella parte in cui l’istante il fallimento non ha svolto ricerche e indagini per la individuazione della residenza del sig. R. e, su tale fatto, la Corte ha messo il relativo accertamento”.

3.5. Analoga censura è veicolata dal quinto, sulla “assenza di indagini e ricerche sulla residenza del legale rappresentante”, per avere la corte territoriale omesso di esaminare “la conoscenza della Procura della Repubblica della effettiva residenza (conforme a quella risultante dall’estratto anagrafico del sig. R.) e del domicilio camerale (indicato nella visura)” (…) “o comunque la conoscibilità, anche alla luce delle indicazioni fornite dall’ufficiale giudiziario nel tentativo di notificazione effettuato il 5 aprile 2007”.

3.6. Il sesto motivo denunzia la “nullità della sentenza e del procedimento, per aver la Corte fondato la decisione su questione rilevata d’ufficio senza sollevare il preliminare contraddittorio”, segnatamente il regime pubblicitario della sentenza dichiarativa di fallimento, che avrebbe reso inverosimile la conoscenza della sentenza di fallimento solo otto anni dopo la sua pubblicazione.

3.7. Il settimo mezzo contiene la “riproposizione degli ulteriori, subordinati, motivi di reclamo” avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, trascritti “per mero scrupolo difensivo”.

4. I sei motivi di ricorso sono affetti da profili di inammissibilità o infondatezza e possono essere esaminati congiuntamente – anche perchè pressochè tutti incentrati sul presupposto dell’erroneità della notifica ai sensi dell’art. 143 c.p.c. – mentre il settimo non integra un motivo, bensì la mera riproposizione dei motivi di reclamo non esaminati dal giudice a quo, per assorbimento.

5. Preliminarmente va richiamato l’insegnamento di questa Corte per cui l’inesistenza della notificazione “è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa” (Cass. Sez. U, 14916/2016).

5.1. L’affermazione della corte territoriale censurata con il primo motivo risulta in linea con il suddetto insegnamento, fermo restando che la decisione risulta fondata sui successivi capi della sentenza che integrano due ulteriori e autonome rationes decidendi.

6. Occorre poi ricordare che, mentre la notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. “postula che i luoghi di residenza, dimora o domicilio del destinatario siano stati esattamente individuati e che l’atto non sia stato consegnato per impossibilità materiale, irreperibilità o incapacità o rifiuto delle persone indicate dall’art. 139 c.p.c. come abilitate a ricevere tale atto”, invece “la notificazione a persona di residenza, dimora o domicilio sconosciuti rientra nella previsione dell’art. 143 c.p.c., per la cui applicabilità deve ricorrere tuttavia l’impossibilità di individuare i detti luoghi, nonostante l’espletamento – a cura del soggetto che promuove la notificazione – delle indagini necessarie secondo l’ordinaria diligenza” (Cass. 13218/2013).

6.1. Nel caso di specie è lo stesso ricorrente a dare atto, a pag. 3 del ricorso, che il tentativo di notificazione compiuto il 6 aprile (OMISSIS) presso la sede sociale non è andato a buon fine (avendo l’ufficiale giudiziario relazionato: “anzi non ho potuto notificare in quanto recatomi non ho rinvenuto la sede della società. Informazioni, sconosciuta”) e che la notificazione conseguentemente rivolta al legale rappresentante, sig. R.A., è stata effettuata all’indirizzo di “(OMISSIS)” ed ha riportato il seguente esito nella corrispondente relata: “anzi non ho potuto notificare in quanto il notificando è sconosciuto presso l’agenzia della banca Unicredit sita all’indirizzo indicato. Negative le ricerche e le informazioni assunte presso il numero civico (OMISSIS), che progressivamente indicato con lettera dell’alfabeto giunge al (OMISSIS)”.

6.2. Da tali elementi il ricorrente desume che la notifica sarebbe stata effettuata ad un indirizzo errato – risultando dalla verifica anagrafica risalente al 15/06/2007, trascritta a pag. 3 s. del ricorso, che il R. era residente in “(OMISSIS)” – e che non sarebbero state effettuate idonee ricerche da parte dell’ufficiale giudiziario; tuttavia, nella relativa relata di notifica egli risulta aver attestato, come visto, di aver inutilmente effettuato ricerche presso tutti i numeri civici progressivamente caratterizzati dalla lettera dell’alfabeto, dal n. (OMISSIS) al n. (OMISSIS), incluso quindi il “n. (OMISSIS)”.

6.3. Al riguardo si osserva che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “i presupposti, legittimanti la notificazione a norma dell’art. 143 c.p.c., non sono solo il dato soggettivo dell’ignoranza, da parte del richiedente o dell’ufficiale giudiziario, circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto, nè il mero possesso del certificato anagrafico, dal quale risulti il destinatario stesso trasferito per ignota destinazione, essendo anche richiesto che la condizione di ignoranza non sia superabile attraverso le indagini possibili nel caso concreto, da compiersi ad opera del mittente con l’ordinaria diligenza. A tal fine, la relata di notificazione fa fede, fino a querela di falso, circa le attestazioni che riguardano l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente e limitatamente ai soli elementi positivi di essa, mentre non sono assistite da pubblica fede le attestazioni negative, come l’ignoranza circa la nuova residenza del destinatario della notificazione” (Cass. 19012/2017, 20971/2012).

6.4. Ebbene, poichè nel caso di specie le attestazioni positive dell’ufficiale giudiziario, sopra trascritte, non sono state contestate a mezzo querela di falso, ogni ulteriore rilievo perde di decisività.

7. Solo per completezza può aggiungersi come sia sempre il ricorrente a dare atto a pag. 12 del ricorso (con riguardo al profilo della prova della mancata conoscenza del processo “in tempo utile alla tempestiva proposizione dell’impugnazione”) che nel registro delle imprese la società risultava “inattiva” e non vi erano iscritti “atti successivi alla data del 21/05/2004”, salvo però aggiungere che risultava comunque “una compravendita di azioni, avvenuta l’8 aprile 2015, a seguito della quale è stato revocato il precedente amministratore e nominato il nuovo”, rispetto alla quale il reclamo, proposto solo in data 30/09/2015, appariva comunque tardivo.

8. Segue il rigetto del ricorso, senza statuizione sule spese, in mancanza di difese delle parti intimate.

9. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (Cass. Sez. U, 23535/2019).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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