Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10875 del 08/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10875 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 18959-2011 proposto da:
CASILLO CIRO, CSLCRI62M22F839F) elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
UGO DE CARO IS 101, presso lo studio dell’avvocato LAVIANO GILDA,
rappresentato e difeso dall’avvocato NAPPI SEVERINO, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO TRIOLO,

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Data pubblicazione: 08/05/2013

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R.G. n. 18959/11
Ud. 21.2.13

ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE, giusta procura speciale in calce
controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 428/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del 21.1.2011,
depositata il 05/02/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
udito per il controricorrente l’Avvocato Emanuele De Rose che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che si
riporta alla relazione scritta.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione

ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
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1.

– Con sentenza depositata il 5.2.11 la Corte d’appello di Napoli, in riforma della

pronuncia di prime cure emessa dal Tribunale della stessa sede, rigettava per intervenuta
prescrizione annuale la domanda di Ciro Casillo intesa ad ottenere ex art. 2 d.lgs. n. 80/92
dall’INPS il pagamento delle ultime tre mensilità insolute in relazione alla liquidazione coatta
amministrativa della Metropoli S.c. a r.l., alle cui dipendenze aveva lavorato fino al 9.11.2000.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Casillo affidandosi ad un unico motivo.
2.1. – Resiste con controricorso l ‘INPS.
3. — Il ricorso è infondato, dovendosi dare continuità a quanto già statuito da questa S.C., in un
caso del tutto analogo, con ordinanza n. 12852/2012.
Il ricorrente, dipendente fino al 9.11.2000 della Metropoli S.c. a r.l., posta in liquidazione coatta
amministrativa con D.M 24 ottobre 2000, aveva chiesto la condanna dell’INPS quale gestore del
Fondo di Garanzia, alla liquidazione dei crediti di lavoro insoluti D.Lgs. n. 80 del 1992, ex art. 2, a
suo dire non correttamente pagati dall’INPS quanto al capitale e agli accessori di legge.
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Nel riformare la pronuncia di primo grado la Corte territoriale ha accolto l’eccezione di
prescrizione sollevata dall’INPS in riferimento al termine annuale sancito dall’art. 2 co. 50 d.lgs. n.
previdenziale. I giudici del merito hanno ritenuto non operante rispetto all’INPS, in ragione della
eterogeneità dell’obbligazione retributiva del datore di lavoro e di quella sostitutiva di garanzia a
carico del Fondo, il meccanismo delle obbligazioni solidali di cui all’art. 1310 c.c., con la
conseguenza che non può ritenersi operante l’effetto interruttivo permanente connesso alla
proposizione della domanda di ammissione al passivo fallimentare. Nel ritenere intervenuta la
prescrizione, la Corte territoriale ha ribadito la natura previdenziale dell’obbligazione assunta dal
Fondo e l’inapplicabilità degli istituti propri delle obbligazioni in solido e delle regole proprie delle
procedure concorsuale.
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di legge in ordine alla
natura solidale dell’obbligazione a carico del Fondo di garanzia. Il ricorrente contesta quanto
ritenuto dalla Corte d’appello è cioè che l’obbligazione del Fondo non avrebbe carattere
retributivo, ma previdenziale, restando autonoma rispetto a quella del datore di lavoro, con la
conseguenza che, non trattandosi di un’unica obbligazione con pluralità di debitori, ma di distinte
obbligazioni di diversa natura, non sarebbero applicabili gli istituti propri della disciplina delle
obbligazioni in solido, e in particolare, per quanto attiene la prescrizione, l’art. 1310 c. c.
Per l’effetto, secondo i giudici del gravame, il termine di prescrizione annuale previsto dal
D.Lgs. n. 80 del 1992, non è interrotto nei confronti del menzionato Fondo durante la procedura
concorsuale a carico del datore di lavoro. Il ricorrente, a sostegno della propria difesa, richiama,
invece, le argomentazioni di Cass. n. 13988 del 2002 e Cass. n. 14220 del 2002, mettendo in
evidenza l’applicabilità dell’art. 1273 c.c., nonché Cass. S. U. n. 14220 del 2002; afferma, tra
l’altro, che il secondo orientamento qualifica come retributiva la natura delle prestazioni del
Fondo, rilevando che la sostituzione del Fondo nel pagamento del trattamento di fine rapporto,
prevista dalla L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 1, sta ad indicare non già una garanzia o una
fideiussione, ma un accollo ex lege a carico del Fondo in ordine, dunque, allo stesso debito
(retributivo) del datore di lavoro, comprensivo della somma capitale e degli accessori in cumulo
tra loro (Cass. 18 dicembre 2001 n. 15995; 18 aprile 2001 n. 5658; 30 dicembre 1999 n. 14761; 24
maggio 1994 n. 5043; 23 novembre 1989 n. 5036). Rileva poi che la posizione creditoria dell’unico
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80/92, ritenendo quale dies a quo quello in cui il ricorrente ha proposto domanda all’istituto

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ed originario creditore non muterebbe, ove si qualificasse l’obbligazione dell’ente previdenziale in
termini di sussidiante, in considerazione dell’onere del preventivo esperimento delle azioni
garanzia rende evidente l’attuazione di una forma di assicurazione sociale, in cui l’interesse del
lavoratore è conseguito non attraverso l’erogazione di un’autonoma indennità, ma mediante
l’assunzione, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, della responsabilità solidale per
l’erogazione del trattamento di fine rapporto – quale retribuzione diffèrita -, da parte dell’istituto
previdenziale. Prosegue il ricorso con il segnalare che la L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 1,
stabilisce che il Fondo “si sostituisce” al datore di lavoro nel pagamento della somma dovuta (e
non che “garantisce” tale pagamento) e contiene dunque un precetto che induce a ritenere
costituito dallo stesso legislatore (in termini più descrittivi che tecnicamente corretti, a fronte, della
mancanza di un contratto tra debitore e terzo) un accollo cumulativo ex lege e non una
fideiussione. Il Fondo subentra dunque nella stessa posizione del datore di lavoro ed è tenuto a
pagare il medesimo debito (retributivo) di quest’ultimo, comprensivo della somma capitale e, a
norma del secondo comma, “dei relativi crediti accessori”. Poiché il credito inerente al trattamento
di fine rapporto e agli accessori ha natura retributiva e non sussistono ragioni normative o logicogiuridiche perché tale natura debba venir meno per effetto dell’avvenuto accollo, qualifìcabile, alla
stregua della lettera del citato art. 2, come cumulativo e non privativo o liberatorio o novativo, si
deve pertanto ritenere che, a norma dell’art. 429 c.p.c., comma 3, il Fondo sia tenuto a
corrispondere gli interessi nella misura legale ed il risarcimento del maggior danno (senza
necessità che il lavoratore assolva l’onere di allegazione e di prova in base all’art. 1224 c. c.,
comma 2) con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto e fino al giorno dell’effettivo
pagamento (Cass. n. 10968 del 1995 cit.).
Il motivo è da disattendersi, in ragione degli sviluppi giurisprudenziali verificatisi in materia.
Va preliminarmente ricordato che ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 1, comma 1, e art. 2,
comma 1, nel caso in cui il datore di lavoro sia assoggettato alle procedure di fallimento,
concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa ovvero alla procedura
dell’amministrazione straordinaria, il lavoratore da esso dipendente o i suoi aventi diritto possono
ottenere a domanda il pagamento, a carico del Fondo di garanzia istituito e funzionante ai sensi
della legge n. 297 del 1982, dei crediti di lavoro non corrisposti diversi da quelli spettanti a titolo
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esecutive nei confronti del debitore originario. Ed osserva, inoltre, che l’istituzione del Fondo di

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di trattamento di fine rapporto. Detta legge, all’art. 2, comma 1, prevede è istituito presso l’Istituto
nazionale della previdenza sociale il Fondo di garanzia
insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all’art. 2120 c.c.,
spettante ai lavoratori o loro aventi diritto. Nella fattispecie in esame si controverte dei crediti di
cui al D.Lgs. n. 80 del 1992, art. 2, comma 1.
Tanto premesso, va ricordato come questa Corte, con riferimento al TFR, ma affermando
principi di diritto relativi al Fondo in questione e alle obbligazioni a carico dello stesso, che,
dunque, possono trovare applicazione anche con riguardo agli altri crediti di lavoro non
corrisposti, ha ribadito (Cass. n. 16617 del 2011, n. 8265 del 2010) che, com’è stato ritenuto dalla
giurisprudenza (tra le tante Cass. n. 27917 del 19/12/2005), mutando il precedente indirizzo, il
diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la
corresponsione del T.F.R. a carico dello speciale fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha
natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo
rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la
fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di
lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro,
verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di
procedura esecutiva). Ed infatti, il Fondo di garanzia costituisce attuazione di una forma di
assicurazione sociale obbligatoria (con relativa obbligazione contributiva posta ad esclusivo
carico del datore di lavoro), con la sola particolarità che l’interesse del lavoratore alla tutela è
conseguito mediante l’assunzione da parte dell’ente previdenziale, in caso d’insolvenza del datore
di lavoro, di un’obbligazione pecuniaria il cui quantum è determinato con riferimento al credito di
lavoro nel suo ammontare complessivo.
Il diritto alla prestazione del Fondo nasce, quindi, non in forza del rapporto di lavoro, ma del
distinto rapporto assicurativo – previdenziale, in presenza dei presupposti previsti dalla legge:
insolvenza del datore di lavoro e accertamento del credito nell’ambito della procedura
concorsuale, secondo le regole specifiche di queste; formazione di un titolo giudiziale ed
esperimento non satisfattivo dell’esecuzione forzata. Sviluppo coerente è rappresentato dalla
risoluzione data al problema del regime giuridico del debito dell’INPS, quale gestore del Fondo, ai
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per il trattamento di fine rapporto con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di

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fini del cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, secondo il principio di diritto
enunciato dal Cass. S. U. 3 ottobre 2002 n. 14220, sopra richiamato, per cui “il credito del
rapporto non muta la propria natura retributiva quando, in forza della L. 29 maggio 1982, n. 297,
e del D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 80, sia fatto valere nei confronti del Fondo di garanzia gestito
dall’Inps per l’insolvenza o l’inadempimento del datore di lavoro. Peraltro la L. n. 297 del 1982,
art. 2, comma 2, prescrive espressamente il che lavoratore può domandare al fondo di garanzia il
TFR ed i relativi crediti accessori”.
In precedenza, Cass. n. 27917 del 2005, anche sopra richiamata, affermava che il diritto
positivo non consentiva di dubitare della natura previdenziale dell’obbligazione posta a carico del
Fondo di garanzia, in ragione delle seguenti considerazioni.
La qualificazione si pone in perfetta coerenza con la disciplina specifica dell’istituto, dettata
dalla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 2.
Il Fondo di garanzia è istituito presso l’Inps con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in
caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all’art. 2120
c.c., spettante ai lavoratori o loro aventi diritto. Il finanziamento avviene mediante contribuzione
obbligatoria a carico dei datori di lavoro. Per ottenere la prestazione è necessaria una domanda
amministrativa, domanda che può essere presentata solo dopo la verifica dell’esistenza e della
misura del credito, in sede di ammissione al passivo fallimentare o della liquidazione coatta
amministrativa, ovvero, in caso di datore di lavoro non assoggettato a procedure concorsuali, dopo
la formazione di un titolo esecutivo e l’esperimento infruttuoso, in tutto o in parte, dell’esecuzione
forzata. Il diritto alla prestazione del Fondo nasce, quindi, non in forza del rapporto di lavoro, ma
del distinto rapporto assicurativo – previdenziale, in presenza dei presupposti previsti dalla legge:
insolvenza del datore di lavoro e accertamento del credito nell’ambito della procedura
concorsuale, secondo le regole specifiche di queste; formazione di un titolo giudiziale ed
esperimento non satisfattivo dell’esecuzione forzata. Appare quindi evidente come la prescrizione
del diritto alla prestazione non possa decorrere, ai sensi dell’art. 2935 c. c., prima del perfezionarsi
della fattispecie attributiva, che condiziona la proponibilità della domanda all’INPS (in tal senso la
giurisprudenza della Corte si è già espressa con la sentenza 26 febbraio 2004, n. 3939).

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lavoratore per il trattamento di fine rapporto e per gli emolumenti relativi agli ultimi tre mesi del

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La natura previdenziale dell’obbligazione assunta dal Fondo è stata affermata dalla Corte con
riguardo all’applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. (Cass. 23 dicembre 2004, n. 23930); alla
della prescrizione durante il suo svolgersi (Cass. 15 novembre 2004, n. 21595); soprattutto, per
evidenziarne la totale autonomia rispetto a quella del datore di lavoro, con la conseguente
inapplicabilità della disciplina delle obbligazioni in solido e, in particolare, dell’art. 1310 c. c., non
trattandosi di un’unica obbligazione con pluralità di debitori, ma di distinte obbligazioni di diversa
natura (Cass. 18 aprile 2001, n. 5663). Come si è accennato, questa Corte, nella citata sentenza n.
27917 del 2005, deduceva come il complesso delle considerazioni svolte e il richiamo dei più
recenti arresti della giurisprudenza della Corte, giustificano l’abbandono degli orientamenti in
precedenza espressi sulla questione, secondo i quali, l’accollo ex lege comporterebbe l’aggiunta del
Fondo al datore di lavoro per l’adempimento della medesima obbligazione, con applicazione di
tutte le regole delle obbligazioni solidali, e affermava il seguente principio di diritto: “il diritto del
lavoratore di ottenere dall’Inps, in caso d’insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del
TFR a carico dello speciale Fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di
credito ad una prestazione previdenziale, ed è, perciò, distinto ed autonomo rispetto al credito
vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione
solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi
dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e
misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva), con la
conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può
essere rivolta all’Inps, e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore nei
confronti del Fondo di garanzia”.
Correttamente, quindi, e con motivazione congrua, la Corte d’Appello ha affermato che
l’obbligazione assunta dal Fondo ha natura previdenziale e che non è applicabile al caso di specie
la disciplina delle obbligazioni in solido, che la prescrizione del diritto alla prestazione non può
decorrere, ai sensi dell’art. 2935 c. c., prima del perfezionarsi della fattispecie attributiva, che
condiziona la proponibilità della domanda all’INPS, che il termine di prescrizione di un anno non
resta interrotto nei confronti del Fondo durante la procedura fallimentare a carico del datore di
lavoro, che, avendo il ricorrente presentato domanda all’INPS in data 11 giugno 2001, all’epoca
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necessità del previo esperimento del procedimento amministrativo e alla conseguente sospensione

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dell’instaurazione del giudizio (la domanda in primo grado veniva proposta con ricorso del
22.3.05), il termine annuale di prescrizione dei crediti azionati era da ritenere ormai spirato.
PROPONE

il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 n. 5 c.p.c.”.
Il – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili,

siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza
il presupposto dell’art. 375 n. 5 c.p.c. per la definizione camerale del processo.
III – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
IV – Le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.

La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro
50,00 per esborsi e in euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21.2.13.

4. – Per tutto quanto sopra considerato, si

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