Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10875 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. I, 05/05/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 05/05/2010), n.10875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.G., M.A. e R.P., elettivamente

domiciliate in Roma, viale Pinturicchio 21, presso l’avv. Abbate

Ferdinando Emilio, che le rappresenta e difende giusta procura in

atti,

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, cron. n. 5939, in

data 18 luglio 2006, nella causa iscritta al n. 52877/05 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 gennaio 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

udito per le ricorrenti l’avv. Roda Ranieri per delega; alla presenza

del Pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore

generale, Dott. alla presenza del Pubblico ministero, in persona del

sostituto procuratore generale, Dott. APICE Umberto, che ha concluso,

dichiarando di aderire alla relazione in atti.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’avvocato delle ricorrenti, con la quale – rilevato che ” R.G., M.A. e R. P. hanno proposto ricorso per cassazione il 16 ottobre 2007 sulla base di due motivi avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, depositato il 18 luglio 2006, con cui la Presidenza del Consiglio dei ministri veniva condannata ex Lege n. 89 del 2001 al pagamento, in favore delle medesime, di un indennizzo di Euro 8.000,00 per ciascuna, oltre interessi legali dal decreto della Corte d’appello al saldo e spese (per complessivi Euro 1.125,00), per l’eccessivo protrarsi di un processo svoltosi in primo grado innanzi al Tar Lazio ed avente ad oggetto l’accertamento del diritto all’adeguamento triennale dell’indennità giudiziaria.

La Presidenza del Consiglio non ha resistito con controricorso” – si è altresì osservato che: “Il decreto impugnato ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata avendo accertato (per un giudizio iniziato nell’aprile del 1993 e definito con sentenza dell’aprile 2004) una durata irragionevole del processo di primo grado di otto anni.

Il primo motivo – relativo alla decorrenza degli interessi legali – appare manifestamente fondato, giacchè, per costante giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1^, 17 febbraio 2003, n. 2382; Sez. 1^, 27 gennaio 2004, n. 1405), gli interessi sulla somma liquidata a titolo di equa riparazione per superamento della ragionevole durata del processo ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, vanno riconosciuti dal momento della domanda azionata dinanzi alla corte d’appello, non già a decorrere dal decreto della corte d’appello.

Il secondo motivo, concernente l’entità delle spese liquidate dalla Corte territoriale, resta assorbito, dovendosi procedere ad una nuova liquidazione per effetto dell’accoglimento del ricorso.

In conclusione, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, ricorrendo i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c.”;

B) osservato che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione;

B1) ritenuto che, in base alle considerazioni che precedono, deve essere accolto il primo motivo, assorbito il secondo, e che il decreto impugnato deve essere annullato con riferimento alla censura accolta;

B2) osservato altresì che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1; che, in particolare, gli interessi legali da applicare sull’indennizzo liquidato alle ricorrenti devono essere conteggiati a decorrere dalla data della domanda e non da quella del decreto di condanna, come ritenuto dalla Corte di merito;

B3) considerato altresì che le spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione delle spese di entrambi i giudizi in favore dei difensori delle ricorrenti, dichiaratisi antistatari.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, dispone che gli interessi legali da conteggiarsi sull’indennizzo liquidato in favore delle ricorrenti decorrano dalla domanda.

Condanna inoltre la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.284,00, di cui Euro 794,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di Cassazione, che si liquidano in Euro 965,00 di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge con distrazione, per le spese del giudizio di merito, in favore dei procuratori delle ricorrenti, avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisi antistatali, e per le spese del giudizio di cassazione in favore del difensore delle ricorrenti, avv. Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

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