Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10867 del 07/05/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 10867 Anno 2018
Presidente: GIUSTI ALBERTO
Relatore: SCALISI ANTONINO

ORDINANZA

sul ricorso 8873-2014 proposto da:
VISCOLI MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
EMANUELE GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato
FILIPPO SCIUTO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro

PREFETTURA di GENOVA, in persona del Prefetto pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3487/2013 del TRIBUNALE di
GENOVA, depositata il 19/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 07/05/2018

consiglio del 19/01/2018 dal Consigliere

ANTONINO

SCALISI.

RG. 8873 del 2104 Maria Viscoli – – Prefettura di Genova

Fatti di causa
L’avv. Maria Viscoli ha proposto appello avverso la sentenza n.
638 del 2012 con la quale il Giudice di Pace di Genova- aveva
respinto il ricorso dalla stessa proposto contro l’ordinanza

Prefetto di Genova, a seguito del rigetto del ricorso
amministrativo dalla stessa presentato avverso il verbale della
Polizia Municipale di Genova n. 787789450 del 23.5.2010 (di
accertamento e contestazione della violazione dell’art. 7/14 CdS
per divieto di circolazione in zona a traffico limitato, in via
Ravasco 11).
L’appello è stato svolto in relazione a 16 distinti motivi di
impugnazione, tutti contestati dalla Prefettura la quale
costituitasi, ha chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della
sentenza resa in primo grado.
Il Tribunale di Genova con sentenza n. 3487 del 2013 rigettava
l’appello e confermava la sentenza del GdP di Genova,
condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio. A
sostegno di questa decisione il Tribunale osservava
sostanzialmente la piena regolarità sostanziale e formale
dell’ordinanza ingiunzione oggetto del giudizio.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dall’avv. Maria
Viscoli con ricorso affidato a cinque motivi, illustrati con
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ingiunzione n. 14181/2010 Area III bis del 28.2.2011 del

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memoria. La Prefettura di Genova ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1.= Con il primo motivo di ricorso l’avv. Maria Viscolo lamenta
erroneità della sentenza impugnata. Infondatezza della censura

Aggiunto Gabriella Bruzzone a rappresentare il Prefetto di
Genova nel giudizio di primo grado innanzi al Giudice di Pace di
Genova. Violazione dell’art. 23, comma 4, della legge 24
novembre 1981 n. 689, in relazione all’art. 360 primo comma
nn. 3 e 5 (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione tra le parti) cod. proc. civ. La
ricorrente insiste sull’eccezione di difetto di legittimazione
processuale del Vice Prefetto Aggiunto Gabriella Bruzzone
respinta dal Tribunale perché, a suo dire, dai documenti
risulterebbe che il vice Prefetto non fosse munita di delega da
parte del Prefetto, posto che risulterebbe dalla documentazione
depositata in primo grado che il Prefetto avesse delegato
esclusivamente il Vice Prefetto Aggiunto Dott.ssa Maria Pia
Giacobone. Il Tribunale, secondo la ricorrente non avrebbe
valutato la documentazione in atti documentazione che,
espressamente ed incontrovertibilmente dimostrava l’inesistenza
di qualsivoglia delega in capo al Vice Prefetto Aggiunto Dott.ssa
Bruzzone.
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relativa al difetto di legittimazione processuale del Vice Prefetto

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1.1.= Il motivo è infondato. Va qui confermato quanto è stato
già affermato dal Tribunale di Genova in applicazione del
principio espresso da questa Corte con la sentenza n. 19027 del
2011, che si intende ribadire e confermare e, cioè: che, in

funzionario delegato non sono applicabili la disciplina della
procura al difensore e i relativi principi, dovendosi ritenere
sufficiente, ai fini della regolarità della costituzione in giudizio del
delegato, la sottoscrizione — avvenuta, nel caso di specie — del
ricorso e la sua espressa dichiarazione di stare in giudizio in tale
sua qualità; ciò in conformità del principio secondo il quale, la
investitura dei pubblici funzionari nei poteri che dichiarano di
esercitare nel compimento di atti inerenti al loro ufficio, si
presume, costituendo un aspetto della presunzione di legittimità
degli atti amministrativi. Del resto l’art. 23 della legge n. 689 del
1981, in parte qua, costituisce una particolare applicazione e
specificazione della normativa generale dell’art. 3 della legge n.
1611 del 1933, sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello
Stato, con il quale fu disposto che “dinanzi alle Preture ed agli
uffici di conciliazione le Amministrazioni dello Stato possono,
intesa l’Avvocatura dello Stato, essere rappresentate dai propri
funzionari, che siano per tali riconosciuti”: norma costantemente
interpretata da questa Corte nel senso che la qualità di
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materia di difesa delle pubbliche amministrazioni in giudizio, al

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rappresentante in giudizio assunta dal funzionario non deve
essere documentata da atti di delega o di mandato (Cass. 26
giugno 1999, n. 6647; Cass. 5 marzo 1998, n. 2445), essendo
sufficiente che il funzionario dichiari la sua qualità (…) nessuna

sottoscritto il ricorso in opposizione rispetto al funzionario che
aveva assunto la difesa in giudizio, avuto riguardo altresì alla
circostanza che le qualifiche dei funzionari suddetti risultavano
compiutamente indicate.
Nel caso di specie è pacifico che sia la dott.ssa Bruzzano che la
dott.ssa Giacobone erano presenti in giudizio entrambi nella loro
qualità di Vice Prefetto Aggiunto è ciò era sufficiente per essere
legittimati a rappresentare l’UTG, nel presente giudizio.
1.2.= Senza dire che l’articolo 204 bis, comma 4 bis, nel testo,
applicabile ratione temporis, inserito dall’articolo 39 della legge
120/10 recita esattamente: “Il prefetto può essere rappresentato
in giudizio da funzionari della prefettura-ufficio territoriale del
Governo”, senza alcun riferimento alla necessità di apposite
deleghe; donde l’irrilevanza di qualunque accertamento in fatto
in ordine all’eventuale rilascio di una (inutile) delega a
funzionario diverso da quello che concretamente rappresentò la
prefettura davanti al Giudice di pace
2.= Con il secondo motivo la ricorrente lamenta erroneità della
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rilevanza può assumere la diversità del soggetto che aveva

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senza impugnata. Fondatezza del secondo motivo di appello.
Violazione degli artt. 6 e 7 del decreto legislativo n. 285 del 1992
in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 e 5 (omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di

Dlgs n. 267 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma nn.
3 e 5 (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione tra le parti) cod. proc. civ. Violazione
dell’art. 4 del Dlgs. n. 165 del 2001 in relazione all’art. 360,
primo comma nn. 3 e 5 (omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti) cod.
proc. civ. Violazione dell’art. 1 del DPR n. 250 del 1999 in
relazione all’art. 360, primo comma nn. 3 e 5 (omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti) cod. proc. civ. Violazione dell’art. 59,
primo comma, lett. b) del Regolamento per il decentramento e la
partecipazione municipale del Comune di Genova in relazione
all’art. 360, primo comma nn. 3 e 5 (omesso esame circa un
fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti) cod. proc. civ. Incompetenza dell’organo che ha istituito
la zona a traffico illimitato.
La ricorrente si duole: A) che il Tribunale non abbia accolto
l’eccezione di incompetenza dell’organo, nel caso il Sindaco, che
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discussione tra le parti) cod. proc. civ. Violazione dell’art. 107 del

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aveva istituito la zona a traffico limitato non tenendo conto che
l’istituzione delle zone a traffico limitato ai sensi dell’art. 7 del
Dlgs n. 285 del 1992 sarebbe di competenza non del Sindaco ma
del Dirigente dell’Ente locale, responsabile del servizio traffico e

Genova, aveva installato le telecamere di rilevanza in assenza
dell’autorizzazione prevista dall’art. 1 del DPR n. 250 del 1998.
Secondo la ricorrente D tribunale avrebbe confuso l’omologazione
ministeriale rilasciata in relazione alle telecamere delle società
Elsag utilizzate per il controllo degli accessi alla Z.T.L., prodotta
in giudizio dall’Amministrazione, con l’ autorizzazione ministeriale
alla istallazione delle telecamere nella zona oggetto di causa, non
mai prodotta dall’Amministrazione e la cui assenza costituiva
motivo di illegittimità della sanzione amministrativa denunciato
in sede di opposizione alle ordinanze ingiunzione prefettizie. C)
che il Tribunale non abbia disapplicato l’ordinanza sindacale
istitutiva della Z.T.L. per essere stata la stessa emanata in
difetto del parere del Municipio, previsto obbligatoriamente dal
Regolamento comunale.
2.1.= Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
A) Il primo profilo del motivo in esame va giudicato
inammissibile. Osserva il Collegio che l’ assunto della ricorrente
non è supportato, come imposto dall’onere di autosufficienza del
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mobilità. B) che il Tribunale non abbia tenuto che il Comune di

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ricorso per cassazione, dalla riproduzione, almeno in forma
sintetica, del contenuto delle suddette ordinanze della Giunta e
del Sindaco e nemmeno dalla indicazione della sede di merito in
cui le stesse sarebbero state prodotte; nel ricorso, anzi, non si fa

di merito, ma si riferisce soltanto che delle stesse si farebbe
menzione nelle controdeduzioni dell’Organo accertatore al
Prefetto del 7.12.10, allegate dall’Amministrazione come doc. 3
del fascicolo di primo grado; cosicché la doglianza relativa
all’errore in cui il Tribunale sarebbe incorso nel non rilevare
l’incompetenza del Sindaco all’adozione delle ordinanze n. 195
del 4/3/09 e n. 314 del 2/4/09 risulta formulata senza mettere la
Corte di cassazione in condizione di apprezzare il contenuto di
tali ordinanze e, quindi, di verificare se le stesse, come sostenuto
dalla ricorrente, fossero dirette a regolamentare aspetti
particolari della circolazione su singole strade del centro abitato,
limitandosi ad attuare la delibera di Giunta del 2008, o se,
viceversa, esse avessero un contenuto deliberativo implicante il
coinvolgimento dell’organo politico, come ritenuto nella sentenza
gravata (cosi anche Cass. 23997 del 2017).
2.b).= E’ infondato il secondo profilo del motivo in esame perché
la valutazione delle risultanze processuali operata dal giudice di
merito – che, nella specie, ha condotto il Tribunale genovese a
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alcun riferimento alla produzione di dette ordinanze nel giudizio

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ritenere sussistente l’autorizzazione ministeriale di cui all’articolo
1 d.P.R. n. 250/1998 all’installazione delle telecamere per le
riprese a distanza, non è censurabile in sede di legittimità.
Questa Corte ha infatti già chiarito, con la sentenza n. 11892/16,

non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun
vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo
inquadrabile né nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c. (che, nel testo novellato dal decreto legge n. 83/2012,
attribuisce rilievo alli omesso esame di un fatto storico, principale
o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra
le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né nel
paradigma del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite
dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante.
2.c) Inammissibile è il terzo profilo del motivo in esame perché
non attinge la ratio decidendi sviluppata a pagina 5 della
sentenza gravata – autonomamente idonea a sorreggere la
statuizione impugnata – secondo cui “trattandosi di (non
contestata) conferma di precedente divieto già istituito nel 1987,

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che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove

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quando il parere in questione non era obbligatorio, non vi era
ragione di ulteriore consultazione”.
3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta erroneità della
sentenza impugnata Fondatezza del terzo motivo di appello.

relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. Violazione dell’art. 77
del DPR 16 dicembre 1992 n. 495 in relazione all’art. 360 primo
comma, n. 3 cod. proc. civ. Violazione del principio di tipicità.
Eccesso di potere per carenza di presupposti. Violazione dell’art.
115 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4
cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente: a) il Tribunale nel rigettare l’eccezione
relativa alla mancanza degli estremi dell’ordinanza istitutiva nella
segnaletica stradale, non avrebbe tenuto conto che l’art. 77 del
dpr n. 495 del 1992, stabilisce l’obbligo in capo
all’amministrazione di apporre sul retro del segnale stradale la
relativa ordinanza di apposizione. B) E di più le ordinanze
istitutive della Z.T.L. “se effettivamente esistenti” non sarebbero
mai state prodotte e argomenta che, ai fini della legittimità di
una sanzione, sarebbe “indispensabile la prova, incombente a
carico dell’amministrazione proprietaria della strada, dell’effettiva
esistenza di un’ordinanza motivata che legittimi la prescrizione
ravvisata nella segnaletica”.
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Violazione dell’art. 5 comma 3, del Dlgs n. 285 del 1992 in

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3.1.= Anche questo motivo è in parte infondato ed in parte
inammissibile.
a) E’ infondato il primo profilo del motivo in esame, perché ,
come questa Corte ha già chiarito con la sentenza n. 16884/07,

imposto il divieto di sosta in una determinata zona, non incide
l’eventuale mancanza delle indicazioni che ai sensi dell’articolo
77, settimo comma, d.P.R. 16 dicembre 1992 n.495 vanno
riportate sulla parte posteriore del relativo segnale stradale.
L’obbligatorietà della prescrizione contenuta nel detto segnale,
infatti, dipende esclusivamente dalla legittimità della apposizione
del segnale stesso, la quale – come per tutti gli atti
amministrativi – è correlata alla provenienza dell’ordine
dall’autorità competente, al rispetto delle disposizioni primarie e
secondarie che disciplinano il potere specifico e al rispetto delle
forme prescritte.
b) E’ inammissibile il secondo profilo perché perché pone in sede
di legittimità una questione nuova, non dedotta in sede di
merito. Dalla sentenza di secondo grado (come pure dalla
narrativa del processo svolta nel ricorso per cassazione) non
emerge, infatti, che la sig.ra Viscoli abbia mai contestato,
davanti al Giudice di pace né davanti al tribunale, il contenuto
dell’atto di controdeduzioni dell’Organo accertatore al Prefetto
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sulla legittimità del provvedimento amministrativo che ha

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del 7.12.10; atto che, come riferisce la stessa ricorrente, era
stato allegato dall’Amministrazione come doc. 3 del fascicolo di
primo grado e conteneva l’affermazione che la Z.T.L. era stata
istituita con ordinanze del Sindaco n. 195 del 4/3/09 e n. 314 del

4.= Con il quanto motivo la ricorrente denuncia erroneità della
sentenza impugnata. Fondatezza del decimo motivo di appello.
Violazione dell’articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1992
n. 285, in relazione all’art 360,1° comma nn. 3 e 4 (nullità del
procedimento) cod. proc. civ Violazione dell’art. 385 del d.P.R.
16 dicembre 1992, n. 495, in relazione all’art. 360,1° comma nn.
3 e 4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ. Violazione dell’art.
17, commi 132 e 133, legge 15 maggio 1997, n. 127, in
relazione all’art. 360, comma, nn. 3 e 4 (nullità del
procedimento) cod. proc. civ. Violazione dell’art, 68 legge 23
dicembre 1999, n. 488, in relazione all’art. 360, comma, nn. 3
e4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ. Violazione dell’art.
115, commi 1 e 2 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360,1°
comma, nn. 3 e 4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ.
Violazione dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, 1° comma,
nn. 3 e 4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ. Incompetenza
del soggetto che ha accertato l’infrazione. Eccesso di potere per
difetto dei presupposti, per difetto di attribuzione e per carenza
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2/4/09.

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di istruttoria. Lesione del principio di garanzia e difesa. Nullità
della contestazione per incompetenza del soggetto accertatore.
In particolare la ricorrente censura il mancato rilievo, da parte
del tribunale, dell’incompetenza del soggetto che aveva rilevato

tale soggetto fosse un agente di polizia municipale o un ausiliario
del traffico; secondo la ricorrente il tribunale avrebbe mal
governato i principi regolativi della distribuzione dell’onere della
prova nell’affermare che non era stato dimostrato che
l’Amministrazione civica non si attenesse alle disposizioni che
assegnano alla Polizia Municipale il potere di rilevamento delle
infrazioni in materia di accesso alla Z.T.L..
4.1.= Il motivo è inammissibile perché non attinge
specificamente la ratio decidendi della sentenza gravata, la quale
si articola nel giudizio di fatto che l’accertatore era identificabile
nell’ agente della Polizia Municipale sig. Siviero, di cui era
indicato nel verbale anche il numero di matricola (n. 110), e nel
rilievo che la ricorrente si era limitata a dedurre genericamente
l’asserita incompetenza, guardandosi bene dal contestare, in
maniera specifica, che il Siviero appartenesse alla Polizia
Municipale.
La doglianza del ricorrente non censura il giudizio di fatto con il
mezzo di cui all’articolo 360 n. 5 c.p.c. (unico mezzo attraverso il
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l’infrazione, non risultando dai relativi verbali di contestazione se

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quale è possibile sollecitare il sindacato della Corte di cassazione
sui giudizi di fatto del giudice di merito),
5.= Con il quinto motivo la ricorrente lamenta erroneità della
sentenza impugnata. Fondatezza dell’undicesimo motivo di

aprile 1992 n. 285, in relazione all’art. 360, comma, nn. 3 e 4
(nullità del procedimento) cod. proc. civ. Violazione dell’art. 385
del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, in relazione all’art. 360,1°
comma, nn. 3 e4(nullità del procedimento) cod. proc. civ,
Violazione dell’art, 17, commi 132 e 133, Legge 15 maggio 1997,
n. 127, in relazione all’art, 360, 1° comma, nn 3 e 4 (nullità del
procedimento) cod. proc. civ. Violazione dell’art 68 Legge 23
dicembre 1999, n, 488, in relazione all’art 360, i° comma, nm 3
e4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ. Violazione dell’art
115, commi 1 e 2 cod. proc. civ in relazione all’art, 360,1°
comma, nn. 3 e4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ
Violazione dell’art. 111 Cost, in relazione all’art 360, 1° comma,
nn, 3 e 4 (nullità del procedimento) cod. proc. civ Incompetenza
del soggetto che ha accertato l’infrazione. Eccesso di potere per
difetto dei presupposti, di attribuzione e carenza di istruttoria.
Lesione del principio di garanzia e difesa. Nullità della
contestazione per incompetenza del soggetto accertatore.

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appello. Violazione dell’articolo 12 del decreto legislativo 20

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La ricorrente, sostanzialmente, censura il mancato rilievo, da
parte del tribunale, dell’incompetenza del soggetto che aveva
rilevato l’infrazione, non essendo stato dimostrato che il
medesimo, ove fosse stato dipendente dall’azienda di trasporto

5.1.= Anche questo motivo difetta di specificità, perché la
sentenza gravata non afferma che l’accertatore fosse un
dipendente dall’azienda di trasporto comunale, ma – come si è
evidenziato nell’esame del quarto motivo di ricorso – pone a
fondamento del decisum l’accertamento di fatto che l’accertatore
era identificabile nell’ agente della Polizia Municipale sig. Siviero,
abilitato alla redazione dei verbali di infrazione; accertamento di
fatto in relazione al quale le doglianze spiegate nel quinto motivo
di ricorso vanno rigettate perché inidonee ad attingere il giudizio
di fatto del giudice di merito.
In definitiva, Il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi in
cui esso si articola. Le spese seguono la soccombenza, dovendo
d’Oaltra parte escludersi l’eccepita (in memoria) inammissibilità
del controricorso, posto che questo rispetta i requisiti formali
previsti dall’art. 370 cod. proc. civ. . Deve altresì darsi atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ex art. 13,
comma 1 quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs. 546/92.
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comunale, fosse munito della qualifica ispettiva.

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PQM
La Corte rigetta il ricorso principale. Condanna la ricorrente a
rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di
cassazione, che liquida in C 800, oltre spese prenotate a debito.

546/92 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a
norma dell’articolo 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 19 gennaio 2018
Il Presidente
ri()A.(At

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/02, D.Lgs.

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