Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10866 del 18/05/2011

Cassazione civile sez. un., 18/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 18/05/2011), n.10866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Pres.te f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI BASSANO DEL GRAPPA, in persona del Sindaco pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA 384 FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CACCIAVILLANI IVONE, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BRENTA SERVIZI S.P.A., ETRA S.P.A. (società subentrata per il

comparto gestionale a Brenta Servizi s.p.a.), in persona dei

rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio

dell’avvocato LORENZONI FABIO, che le rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MICHELON CLAUDIO, per delega in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 82/2010 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 20/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE;

uditi gli avvocati Ivone CACCIAVILLANI, Claudio MICHELON;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14 novembre 2007 il Tribunale regionale delle acque pubbliche di Venezia – adito dal Comune di Bassano de Grappa nei confronti della s.p.a. Brenta Servizi – respinse le domande dell’attore, dirette ad ottenere la dichiarazione del proprio diritto a ricevere gratuitamente dalla convenuta 281 l/s o comunque non meno di 154,98 l/s di acqua delle sorgenti Fontanazzi, o altrimenti la condanna della stessa convenuta al pagamento di un indennizzo per l’utilizzazione di quella risorsa idrica; decise in tal senso ritenendo che la convenzione del 21 ottobre 1969, intercorsa tra il consorzio dante causa della s.p.a. Brenta Servizi e il Comune di Bassano del Grappa, non attribuisse a quest’ultimo i diritti in questione.

L’appello proposto dal soccombente è stato dichiarato inammissibile con sentenza del 20 maggio 2010 dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, il quale ha rilevato che le domande originariamente proposte dall’attore non erano state ribadite in secondo grado, ma sostituite con altre diverse; “per ragioni di completezza” ha comunque esaminato i motivi di gravame e li ha ritenuti infondati.

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Bassano del Grappa, in base a tre motivi. La s.p.a. Brenta Servizi e la s.p.a. Etra (che quale avente causa a titolo particolare dall’altra società aveva partecipato al giudizio di appello) si sono costituite con controricorso. Sono state presentate memorie dall’una parte e dall’altra.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La s.p.a. Brenta Servizi e la s.p.a. Etra hanno contestato pregiudizialmente l’ammissibilità del ricorso, osservando che non è stato proposto nelle forme stabilite dall’art. 360 bis e art. 366 c.p.c., poichè non vi sono contenute le indicazioni nè degli elementi nè degli atti, rispettivamente prescritte da tali disposizioni.

L’eccezione deve essere disattesa.

I requisiti richiesti dalla prima delle norme richiamate dalle resistenti attengono non all’ammissibilità, ma all’accoglibilità del ricorso per cassazione (v. Cass. s.u. 6 settembre 2010 n. 19051), sicchè la mancata menzione di elementi che possano indurre a discostarsi dall’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che sia stato seguito dal giudice a quo, non costituisce ragione preclusiva dell’esame dei motivi addotti a sostegno dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità e della pronuncia circa la loro fondatezza o infondatezza.

Quanto poi all’altra deduzione delle resistenti, va riconosciuto che gli atti cui si riferiscono le censure formulate dal Comune di Bassano del Grappa sono stati puntualmente indicati nel ricorso.

Con il primo motivo di impugnazione viene lamentata la “nullità della sentenza per violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento in tema di terzietà de giudice: art. 111 Cost.;

art. 6 della Convenzione Europea; violazione dell’art. 112 c.p.c.”, per avere il Tribunale superiore delle acque pubbliche basato la decisione su argomentazioni pedissequamente ricavate dagli scritti difensivi della s.p.a. Brenta Servizi, senza citarne la fonte e facendole apparire come proprie.

La doglianza è infondata.

In realtà, ciò che nella sentenza impugnata è stato testualmente trascritto, con insignificanti varianti, sono le conclusioni che erano state formulate dal Comune di Bassano del Grappa in primo grado e in secondo, e che a sua volta la s.p.a. Brenta Servizi aveva riportato nel proprio atto di costituzione nel giudizio di appello, per dedurne la diversità e proporre quindi l’eccezione di inammissibilità del gravame, che il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha poi accolto, ritenendo che effettivamente fosse stato violato il divieto sancito dall’art. 345 c.p.c.. Non è quindi in alcun modo ravvisabile quella acritica adesione alle tesi di una parte, che il ricorrente – in termini inopportunamente polemici – lamenta, e che peraltro potrebbe costituire ragione di una pronuncia di cassazione della sentenza impugnata, soltanto ove di quelle tesi risultasse l’erroneità.

Appunto tale erroneità viene prospettata con il secondo motivo di impugnazione, con il quale viene dedotta la “violazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3”, per avere il Tribunale superiore delle acque pubbliche ingiustificatamente ritenuto che il Comune di Bassano del Grappa avesse proposto in appello domande nuove.

La censura va accolta.

Il giudice a quo ha preso in considerazione esclusivamente il testo delle conclusioni, come esposte negli atti introduttivi dei giudizi di primo e di secondo grado, desumendo dalla loro comparazione una netta diversità tra le une e le altre. L’individuazione della domanda deve invece essere compiuta alla luce del contesto complessivo in cui essa viene proposta (v., tra le più recenti, Cass. 28 agosto 2009 n. 18783), dovendosi far prevalere sul dato formale quello sostanziale dell’effettiva finalità perseguita dalla parte, che risulti comunque dall’atto, purchè con la necessaria chiarezza. Ebbene, dal ricorso in appello del Comune di Bassano del Grappa – che questa Corte può direttamente prendere in esame, stante la natura del vizio denunciato – emerge che in effetti l’ente aveva mantenuto ferme le richieste rivolte al Tribunale regionale delle acque pubbliche: si sosteneva che il primo giudice aveva erroneamente e immotivatamente escluso che la convenzione del 21 ottobre 1969 mm attribuisse all’attore i diritti da esso fatti valere e se ne faceva discendere che “sarebbe stato d’obbligo concludere che tale convenzione – chiara nel suo tenore negoziale – fondava appieno l’assunto del Comune, che in essa assunse veste di concedente de Consorzio” e che ciò “avrebbe dovuto portare (come non potrà che portare in sede di corretta statuizione della domanda) all’accoglimento del suo petitum, di essere affrancato dall’obbligazione di pagare al Consorzio/Società, suo concessionario, il canone d’utenza dei suoi cittadini o di esserne dallo stesso indennizzato¯. A fronte di tali esplicite istanze, conformi nella sostanza a quelle avanzate in primo grado, è ininfluente che nelle successive conclusioni il Comune di Bassano del Grappa, senza ripeterle, si fosse limitato a richieste che di quelle costituivano il presupposto, ossia l’accertamento della sua “competenza e titolarità” della fonte, della perdurante validità ed efficacia della concessione del 1969, del proprio diritto a fruire uti dominus dell’acqua proveniente dalle sorgenti Fontanazzi.

Con il terzo motivo il ricorrente, dolendosi di “carenza assoluta di motivazione, non riferibilità della sentenza alla fattispecie dedotta in giudizio; motivazione apparente; qui pro quo decisorio;

violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, critica le considerazioni svolte dal Tribunale superiore delle acque pubbliche in ordine al merito delle deduzioni dell’appellante.

La censura è inammissibile, poichè attiene a questioni in realtà non decise, perchè dichiaratamente affrontate dal giudice a quo nella sentenza impugnata soltanto ad abundantiam (v. Cass. s.u. 2 aprile 2007 n. 8087).

Rigettato pertanto il primo motivo di ricorso, accolto il secondo e dichiarato inammissibile il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo;

dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa al Tribunale superiore delle acque pubbliche, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011

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