Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10860 del 18/05/2011

Cassazione civile sez. III, 18/05/2011, (ud. 13/04/2011, dep. 18/05/2011), n.10860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.V. (OMISSIS) in proprio e quale erede di

M.T., M.G. (OMISSIS), M.

D. (OMISSIS), M.G. (OMISSIS) quali

eredi di M.T., presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’Avvocato GUAGENTI ANTONIO (Studio Legale

Aprile), con studio in 92024 CANICATTI’ (AG), Viale della Vittoria,

34 giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.B.G. (OMISSIS), D.B.A.

(OMISSIS), L.C. (OMISSIS), presso

CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato

DI MICELI SALVATORE con studio in 92024 CANICATTI’, Via Cavallotti,

12, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1265/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 07/10/2005, depositata il

20/10/2005; R.G.N. 320/2002.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. V. e M.T. (con atto di citazione del 1999) agivano, quali proprietari e coltivatori confinanti, per il riscatto del fondo acquistato da A. e D.B.G. e da L. C.. Il Tribunale di Agrigento – sezione distaccata di Canicattì, nel contraddittorio con i convenuti, anch’essi proprietari e coltivatori confinanti, oltre che coltivatori del fondo oggetto di retratto, accoglieva la domanda.

La domanda veniva rigettata dalla Corte di appello di Palermo, in accoglimento dell’impugnazione proposta dai D.B. e dal L. (sentenza del 20 ottobre 2005).

2. Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con due motivi, illustrati da memoria, M. V., in proprio e quale erede di M.T., e D., G. e M.G. (sempre quali eredi di T.).

Hanno resistito con controricorso A. e D.B.G. e L.C..

3. La Corte di merito aveva rigettato la domanda di riscatto in accoglimento del motivo di appello, con il quale si censurava la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto non contestati i requisiti dell’azione di riscatto in capo ai retraenti, per essere stata proposta l’eccezione solo con la comparsa conclusionale di primo grado.

Queste le argomentazioni della sentenza oggetto del ricorso per cassazione:

è vero che i convenuti hanno incentrato la difesa di primo grado soprattutto sulla circostanza di essere anch’essi proprietari e coltivatori confinanti, oltre che coltivatori del fondo oggetto di riscatto;

tuttavia, la generica contestazione dei presupposti per l’azione di riscatto, effettuata dai convenuti con comparsa di risposta, “trova giustificazione” nella circostanza che i medesimi presupposti “non venivano in alcun modo specificati” nell’atto di citazione, se non per dichiararsi i retraenti proprietari e coltivatori confinanti;

stante la contestazione (generica) da parte dei convenuti, costituiva onere degli attori provare i presupposti cui è subordinata l’insorgenza del diritto;

tale onere non risulta adempiuto in primo grado;

è inammissibile, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., la richiesta di prova testimoniale e di produzione documentale (tenuto conto dell’estensione ai documenti, effettuata dalle Sez. Un. 20 aprile 2005, n. 8203), finalizzata alla prova dei suddetti requisiti;

nè, stante la stretta connessione tra prova testimoniale e documentale, i documenti potrebbero essere ritenuti indispensabili dal collegio; pertanto, la domanda attorea è rigettata per difetto di prova sui presupposti dell’azione di riscatto.

4. Con il primo motivo, i ricorrenti (retraenti) sostengono che, in violazione degli artt. 167 e 2697 cod. civ., la Corte di merito non ha ritenuto pacifici i requisiti dell’azione di riscatto per essersi i convenuti difesi con argomenti logicamente incompatibili – quali aver riconosciuto nella comparsa che la controversia concerneva una pluralità di proprietari di terreni confinanti aventi diritto alla prelazione, aggiungendo di essere affittuari del fondo oggetto di retratto – dopo aver genericamente contesto, con una clausola di stile, le pretese attoree.

Con il secondo motivo, si deduce l’omessa e insufficiente motivazione non avendo il giudice considerato, ai fini del fatto decisivo costituito dall’implicito riconoscimento dei requisiti in capo agli attori, l’affermazione dei convenuti, in comparsa, che la controversia concerneva una pluralità di proprietari di terreni confinanti aventi diritto alla prelazione.

5. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente data la loro intima connessione,essendo il secondo la riproposizione sotto altro profilo del primo, meritano accoglimento.

5.1. E’ applicabile ratione temporis l’art. 167 cod. civ., come sostituito dalla legge 26 novembre 1990, n. 353 (a decorrere dal 30 aprile 1995). Ai fini di nostro interesse, questo prevede che “nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda”. I fatti costitutivi del diritto di (prelazione e) riscatto del fondo rustico sono previsti dalla legge (L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, richiamato per i proprietari confinanti dalla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7): sono individuati i soggetti qualificati (coltivatore insediato a vario titolo sul fondo oggetto di retratto;

proprietario coltivatore, confinante con il fondo oggetto di retratto); sono individuate le condizioni positive (la durata temporale della coltivazione del fondo, il rapporto tra capacità lavorativa della famiglia e terreni in proprietà, comprensivi di quello per il quale il riscatto si esercita) e negative (la mancata vendita di altri fondi rustici da parte dell’avente diritto alla prelazione). Inoltre, per il proprietario confinante, il diritto è subordinato all’ulteriore condizione negativa, costituita dall’assenza di insediamenti qualificati sul fondo oggetto di retratto (art. 7 I. n. 817 del 1971).

5.2. E’ pacifico tra le parti (e risulta dagli atti di causa) quanto di seguito riportato rispetto al giudizio di primo grado. Gli attori si sono limitati a dichiarare di voler esercitare l’azione di retratto “quali coltivatori diretti proprietari di fondo confinante”.

I convenuti, nella comparsa di risposta, hanno eccepito: – che “la pretesa attorea non può trovare accoglimento e va pertanto rigettata in quanto mancante di presupposti fattuali e giuridici”; di essere essi stessi proprietari e coltivatori di un fondo confinante con quello acquistato, e, inoltre, di essere coltivatori di quest’ultimo come affittuari; hanno espressamente dichiarato “la … fattispecie … si inquadra nell’ambito della normativa relativa all’esistenza di una pluralità di proprietari di terreni confinanti con il fondo posto in vendita, aventi diritto alla prelazione. Tale incontestabile premessa risulta determinante ai fini della controversia”. Nelle conclusioni hanno chiesto al Tribunale di “ritenere infondata la pretesa attorea, e nel merito rigettarla, in quanto non sussistono i presupposti giustificativi per l’esercizio del diritto di retratto”.

Nella comparsa conclusionale, hanno eccepito che gli attori non avevano provato in giudizio l’esistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per l’esercizio del diritto.

5.3. Il giudizio di primo grado si è snodato intorno alla specifica contestazione dei convenuti di essere essi stessi insediati sul fondo oggetto di retratto come affittuari. Ritenuta non provata tale eccezione e, quindi, esistente, l’assenza di insediamenti qualificati sul fondo oggetto di retratto, il Tribunale ha accolto la domanda, reputando non contestati i requisiti dell’azione di riscatto in capo ai retraenti.

5.4. Il giudice di appello, con la sentenza impugnata, ha legato inscindibilmente la genericità (riconosciuta) della contestazione dei convenuti alla mancata specificazione dei fatti costitutivi del diritto da parte degli attori. E, ritenuta sufficiente la prima a fronte della mancata specificazione attorea, le ha attribuito il valore di contestazione specifica rispetto ai fatti costitutivi del diritto previsti dalla legge; con conseguente onere per gli attori di provarli, pena il rigetto della domanda. In definitiva, secondo questa ricostruzione, qualora il retraente, come nella specie, dichiari, costituendosi, di agire come soggetto qualificato (proprietario coltivatore confinante con il fondo oggetto di retratto), affinchè sia costretto a provare tutti i requisiti (positivi e negativi) previsti dalla legge, è sufficiente che il convenuto contesti genericamente con una formula di stile l’esistenza degli stessi.

La conseguenza è che, quando vengano azionati diritti i cui fatti costitutivi siano previsti dalla legge, il potere/dovere di contestazione, quale riflesso processuale del potere/dovere di allegazione – posto dall’art. 167 cod. proc. civ. -, può essere talmente generico da esaurirsi in una clausola di stile se i fatti costitutivi non siano stati dedotti in tutta la loro estensione, con conseguente restituzione di questi al thema probandum ex art. 2697 cod. civ..

Ciò comporta una divergenza rispetto alla ordinaria operatività della regola, ai sensi dell’art. 167 cit., secondo la quale la mancata presa di posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso, comporta di per sè una linea di difesa incompatibile con la negazione della pretesa, rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto de giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsiasi controllo probatorio. Potere di contestazione che, concorrendo con quello di allegazione nell’individuazione del thema decidendum e probandum, soggiace agli stessi limiti preclusivi di quest’ultimo, costituiti dall’udienza di trattazione, di cui agli artt. 183 e 420, per il processo del lavoro.

(Secondo un principio che, affermato nitidamente la prima volta nel 2002 rispetto al processo del lavoro Sez. Un. 23 gennaio 2002, n. 761, si è consolidato sino ai nostri giorni nel processo ordinario riformato nel 1990 (da ultimo, Cass. 19 agosto 2009, n. 18399; Cass. 5 marzo 2009, n. 5356; Cass. 27 febbraio 2008, n, 6191. Indirizzo, solo apparentemente smentito da principi che sembrano contrastanti ma, in realtà, sono stati pronunciati rispetto a fattispecie relative alla pregressa disciplina es, Cass. 14 marzo 2006, n. 5488, si v. motivazione.

5.5. La divergenza, riscontrata nella suddetta ricostruzione operata dal giudice di merito, interferisce con il valore costituzionale del contraddittorio tra le parti, sotto il profilo dello svolgimento dello stesso nel pieno dispiegamento del diritto di difesa, coordinato con la lealtà necessaria per l’esplicazione della difesa della controparte e con il valore del giusto processo come ragionevole durata (entrambi presidiati dall’art. Ili Cost.).

Infatti, se fosse sufficiente una contestazione generica e di stile affinchè il retraente sia tenuto a provare tutti i requisiti positivi e negativi previsti dalla legge, dovremmo concludere che, in questo caso, non opererebbe l’onere di contestazione tempestiva.

Onere che, al di là dell’art. 167 cod. proc. civ. (e art. 416 per il processo del lavoro), e che oggi ha trovato definitiva consacrazione nell’art. 115 cod. proc. civ. (per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69), si fonda su tutto il sistema processuale. A tal fine rilevano: il carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena; il sistema di preclusioni, che comporta per entrambe le parti l’onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa; i principi di lealtà e probità posti a carico delle parti; il generale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo al novellato art. 111 Cost. (Cass. 13 giugno 2005, n. 12636). Inoltre, l’attore che non volesse correre il concreto rischio del rigetto della domanda allegherebbe la sussistenza di tutti i requisiti e articolerebbe sugli stessi le relative prove, con conseguente incidenza sulla rapida definizione del giudizio, indipendentemente da una effettiva contestazione della controparte.

Pertanto, deve concludersi che: è costituzionalmente orientata, alla luce dell’art. Ili Cost, l’interpretazione dell’art. 167 cod. proc. civ. secondo cui, qualora – come nella specie di diritto di riscatto agrario – i fatti costitutivi del diritto siano individuati dalla legge, il convenuto avrà l’onere di contestarli specificamente, e non genericamente con una clausola di stile, per evitare che gli stessi siano ritenuti incontestati; solo in presenza di tale condizione l’attore dovrà provarli, atteso che la circolarità tra oneri di allegazione e oneri di contestazione assolve in pieno e senza discrasie la propria funzione di assicurare il contraddittorio, ai fini della conoscibilità dei fatti costitutivi del diritto azionato rispetto al convenuto, solo quando questi non siano già previsti dalla legge; mentre, comporterebbe distorsioni in presenza di fatti costitutivi conoscibili, perchè legislativamente previsti.

5.5.1. Tale soluzione non contrasta con le decisioni richiamate in controricorso. Infatti, in un caso, il collegamento tra contestazione e specifica allegazione conforme “al modello postulato dalla regola legale”, è stato affermato in una fattispecie in cui erano stati in concreto contestati i fatti previsti nella regola legale (v. Cass. 8 aprile 2004, n. 6936, in motivazione). Nell’altro, il riferimento è a “dati fattuali” della domanda attorea, quali i fatti di servizio da cui dipende il riconoscimento della causa di servizio, ai fini dell’equo indennizzo da corrispondere ai dipendenti delle ferrovie (Cass. 17 giugno 2004, n. 11353).

5.5.2. Essa, piuttosto, si pone in linea di continuità con la sentenza delle S.U. del 2002, di cui si è detto, e con i suoi sviluppi. Questi sono approdati a riconoscere: l’onere di specifica contestazione anche a carico dell’attore, quando sul convenuto grava l’onere di allegazione (e prova) (Cass. n. 12636 del 2005, cit); una maggiore rilevanza dell’obbligo di tempestiva contestazione a carico di un ente previdenziale, ancorchè l’assicurato non abbia esposto dettagliatamente gli elementi costitutivi della pretesa, essendo la loro esistenza implicitamente allegata con la indicazione dell’evento che li presuppone e che da diritto alla prestazione previdenziale (nella specie: requisito di contribuzione per ottenere il trattamento di invalidità, Cass. 21 ottobre 2003, n. 15746). Nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto si connoti per la concomitante ricorrenza di più circostanze, si è ritenuto necessario che la contestazione del convenuto esplicitamente si appunti su una o più caratteristiche del fatto costitutivo complesso, essendo altrimenti priva della specificità necessaria a radicare, per un verso, l’onere dell’altra parte di offrire la prova, e, per altro verso, il dovere del giudice di procedere ad uno specifico esame (Specie relativa alla qualità di affittuario coltivatore diretto, di cui alla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 6).

5.5.3. Peraltro, l’esigenza è emersa marginalmente anche rispetto al processo antecedente alla riforma dei 1990, in un contesto in cui mancava una norma che vincolasse alla contestazione specifica. Si è affermato, infatti, che “I fatti allegati … possono essere considerati “pacifici”, esonerando la parte dalla necessità di fornirne la prova, solamente quando l’altra parte abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento dei fatti medesimi, ovvero quando si sia limitata a contestarne esplicitamente e specificamente taluni soltanto, evidenziando in tal modo il proprio non interesse ad un accertamento degli altri (Cass. 8 agosto 2000, n. 10434; Cass. 20 ottobre 2000, n. 13904)” (Così in motivazione, Cass. 14 marzo 2006, n. 5488).

5.5.4. Nè, infine, in contrario, si può obiettare che una tale interpretazione contrasterebbe con l’esigenza di leggere restrittivamente la legislazione di favore verso la formazione della proprietà contadina diretto-coltivatrice, attuata, attraverso la limitazione dei poteri di autonomia contrattuale dei proprietari di fondi agricoli, in un bilanciamento di valori costituzionalmente rilevanti (quali il favore per la piccola proprietà e la libertà di iniziativa economica privata). Infatti, l’interpretazione accolta valorizza il principio dispositivo, che informa il processo, attraverso cui gli interessi privati trovano tutela, alla luce del principio cardine dello stesso, costituto dall’art. 111 Cost..

5.5.5. In relazione alla specie, concernente una controversia in cui, sulla base delle allegazioni attoree (solo, proprietari, coltivatori, confinanti) e delle contestazioni dei convenuti (proprietari, coltivatori, confinanti e, in più, coltivatori del terreno oggetto di retratto) il thema decidendum e probandum, come cristallizzato all’udienza di trattazione, concerne la preferenza tra proprietari coltivatori confinanti, rispetto a un fondo oggetto di retratto, oltre al dato della coltivazione dello stesso, che opera, contemporaneamente, come condizione negativa necessaria per i retraenti e come requisito ulteriore a vantaggio dei retrattati, non può assumere rilievo la contestazione, con clausola di stile, dei requisiti in capo ai retraenti, contenuta nella comparsa di risposta;

nè può avere rilievo l’affermazione dei convenuti, in sede di comparsa conclusionale, che gli attori non avevano provato l’esistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge, oltre che per la tardività, perchè si risolve nel generico richiamo della regola di cui all’art. 2697 cod. civ..

La decisione, pertanto, deve essere cassata con rinvio al giudice del merito, che deciderà la controversia applicando il principio di diritto enunciato (p. 5.3.2.) e risolverà il conflitto tra più proprietari coltivatori confinanti (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1106), essendo oramai passato in giudicato l’accertamento del giudice di primo grado in ordine alla non sussistenza del contratto di affitto in capo agli attuali controricorrenti. Il giudice liquiderà, inoltre, le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2011

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