Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10858 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 08/06/2020), n.10858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4854/2014 proposto da:

A.A., C.G., CA.DA.,

CE.CA., CI.LI., D.G.F., D.G.,

F.D., G.P., N.G., P.C.,

PI.MA., S.F.S., tutti elettivamente domiciliati

in ROMA, VIALE TRASTEVERE 244, presso lo studio dell’avvocato

CLAUDIO FASSARI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, C.F. (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7308/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/10/2013, R.G.N. 7044/2009.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 10 ottobre 2013 la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico (d’ora in poi: MISE) avverso la sentenza n. 17819/2008 del locale Tribunale, ha riformato tale sentenza e, per l’effetto, respinto le domande proposte in primo grado da A.A. e dagli altri litisconsorti indicati in atti – tutti nella qualità dipendenti del MISE inquadrati nella nona qualifica funzionale poi confluita nell’Area C, posizione economica C3 – volte ad ottenere dal Ministero della Comunicazione (oggi Ministero dello Sviluppo economico) l’equiparazione del proprio trattamento retributivo a quello attribuito agli ispettori generali del c.d. ruolo ad esaurimento;

che per la cassazione di tale sentenza A.A. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe propongono ricorso affidato a sette motivi, al quale oppone difese, con controricorso, il Ministero per lo Sviluppo economico, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è articolato in sette motivi;

che con il primo motivo, il secondo e il terzo motivo si denuncia, rispettivamente in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4, 5 e 3 (quest’ultimo in riferimento al R.D. n. 1611 del 1933, art. 11), la mancata espressa pronuncia in merito all’eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività del relativo deposito, ritualmente sollevata dagli attuali ricorrenti;

che si rileva come, nella specie, la notifica della decisione di primo grado sia stata effettuata, ai fini dell’impugnazione in data 10 luglio 2009 all’Avvocatura dello Stato, mentre il 28 luglio 2009 è stata effettuata la notifica della sentenza in forma esecutiva inviata personalmente alla parte rappresentata nel giudizio di primo grado dai propri dipendenti;

che, pertanto, il termine per proporre l’appello era spirato il 9 agosto 2009, mentre in deposito del ricorso in appello è avvenuto il 27 agosto 2009, avendo l’Amministrazione dichiarato di aver ricevuto la notifica della sentenza di primo grado il 28 luglio 2009, producendo a sostegno di tale assunto non la notifica in copia autentica ma quella spedita in forma esecutiva inviata alla parte personalmente e non al procuratore;

che con il squarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo si denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, molteplici violazioni e false applicazioni di norme di diritto e di CCNL, incentrate sull’asserito mancato rispetto del principio di non discriminazione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45;

che ritiene il Collegio che tutte le censure – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione – non meritino accoglimento, dandosi continuità al condiviso e consolidato indirizzo, secondo cui (vedi, per tutte: Cass. 17 maggio 2010, n. 11982; Cass. 8 marzo 2011, n. 5504; Cass. 27 ottobre 2011, n. 22437; Cass. 13 febbraio 2013, n. 3530; Cass. 10 febbraio 2014, n. 2892; Cass. 31 luglio 2017, n. 19041; Cass. 2 agosto 2017, n. 19275; Cass. 23 febbraio 2018, n. 4434; Cass. 30 agosto 2018, n. 21442) il diverso trattamento riservato ai lavoratori appartenenti al suddetto ruolo ad esaurimento si giustifica per molteplici ragioni, quali:

a) il riconoscimento, in sede di contrattazione collettiva, di un trattamento di maggior favore riservato ai dipendenti già inquadrati nella nona qualifica funzionale, nel ruolo soppresso e ad esaurimento – ruolo nel quale sono stati inseriti i dipendenti delle ex carriere direttive non inquadrati nelle nuove carriere dirigenziali – rispetto agli altri dipendenti appartenenti alla qualifica C3 non introduce una illegittima discriminazione in danno di lavoratori svolgenti le medesime mansioni, trovando il trattamento differenziato la propria legittimazione nella previsione di cui al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, che ha mantenuto una separata considerazione delle ex qualifiche ad esaurimento (rinviando alla successiva contrattazione collettiva per la determinazione del regime economico) ed essendo giustificato – oltre che dal carattere meramente temporaneo della differenziazione dal diverso percorso professionale dei due indicati gruppi di dipendenti;

b) la circostanza che nona qualifica funzionale è stata istituita dal D.L. n. 9 del 1986, art. 2, convertito dalla L. n. 78 del 1986, che ha stabilito il relativo trattamento economico iniziale in misura non superiore al 90% (92% a norma del D.L. n. 413 del 1989, art. 1, comma 4) di quello del direttore di divisione del ruolo ad esaurimento, mentre le relative mansioni vennero successivamente determinate, con la procedura contrattuale prevista dalla L. n. 93 del 1983, dal D.P.R. n. 266 del 1987;

c) il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, nel sopprimere i ruoli ad esaurimento, conservando peraltro le qualifiche al personale che le rivestiva, ha descritto le funzioni attribuite a quest’ultimo in termini analoghi a quelle relative al personale della nona qualifica, stabilendo che “il trattamento economico è definito nel primo contratto collettivo di comparto di cui all’art. 45”;

d) è stato così mantenuta, nonostante la sostanziale equiparazione di fatto delle mansioni, una considerazione separata delle ex qualifiche ad esaurimento, sia con riguardo alla descrizione delle mansioni, che con riguardo alla qualificazione delle stesse e al trattamento economico attribuito (ancorchè nel frattempo con differenziale ridotto), rispetto alla nona qualifica (vedi: Cass. 17 maggio 2010, n. 11982 cit. e, in senso analogo, Cass. 29 settembre 2000 n. 12914);

e) successivamente – e in coerenza con questa direttiva di fondo – la contrattazione collettiva ha inquadrato i dipendenti dei due gruppi nella medesima qualifica C3, ma confermando la spettanza – ancora nell’ultima tornata contrattuale del quadriennio normativo 1998/2001, biennio economico 1998/1999 – di un trattamento economico differenziato, attraverso l’attribuzione alle qualifiche dell’ex ruolo ad esaurimento di un incremento retributivo leggermente superiore a quello degli altri appartenenti alla qualifica C3;

che, pertanto, il suddetto trattamento differenziato trova la propria legittimazione nel citato D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4 e comunque risulta giustificato oltre che dalla necessaria temporaneità della differenziazione, anche dal diverso percorso professionale dei due gruppi di dipendenti;

che, d’altra parte, – come ribadito anche da Cass. 27 ottobre 2011, n. 22437 – va ricordato che questa Corte, in applicazione dei suindicati principi, ha già avuto più volte modo di stabilire che:

1) il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, non vieta ogni trattamento differenziato nei confronti delle singole categorie di lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni normative, restando escluse dal sindacato del giudice le scelte compiute in sede di contrattazione collettiva (Cass. 18 giugno 2008 n. 16504; Cass. 19 giugno 2008 n. 16676; Cass. 10 marzo 2009 n. 5726; Cass. 12 marzo 2009 n. 6027; Cass. 27 maggio 2009 n. 12336);

2) in particolare, il principio espresso dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, secondo il quale le Amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella sede, restando quindi vietato, non ogni trattamento differenziato per singole categorie di lavoratori, ma solo quello contrastante con specifiche previsioni normative (vedi, per tutte: Cass. 28 marzo 2012, n. 4917);

3) il principio di parità di trattamento, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, non esclude la possibilità che la contrattazione collettiva dia rilievo anche alle pregresse vicende dei rapporti di lavoro (Cass. 28 marzo 2012, n. 4962);

che la sentenza impugnata risulta del tutto conforme ai richiamati orientamenti giurisprudenziali, avendo la Corte territoriale escluso che la differenza di trattamento retributivo del personale del ruolo ad esaurimento rispetto al personale dell’Area C3 comporti violazione del principio di parità di trattamento tra pubblici dipendenti, proprio in relazione alle argomentazioni in precedenza evidenziate circa la natura “speciale” della disciplina relativa allo stesso personale del ruolo ad esaurimento nonchè all’ambito di applicazione del principio di parità trattamento, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45;

che, in sintesi, il ricorso deve essere respinto;

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

che si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro ottomila,00 (Euro 8000/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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