Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10857 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 08/06/2020), n.10857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4836/2014 proposto da:

L.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. BELLONI 88,

presso lo studio dell’avvocato DANIELA DAL BO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DIFESA, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende

ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1225/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/03/2013, R.G.N. 5898/2010.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 18 marzo 2013 la Corte d’appello di Roma respinge l’appello proposto da L.M. avverso la sentenza del Tribunale di Velletri n. 97/2009, di rigetto del ricorso del L.;

che la Corte territoriale arriva alla predetta conclusione sul principale argomento secondo cui il dipendente si è limitato ad affermare che l’ordine di servizio del 18 aprile 1985 non era da riferire ad un solo anno di attività ma aveva carattere permanente ma non ha dimostrato che le mansioni svolte a seguito del suddetto ordine di servizio erano realmente superiori e ascrivibili al livello B2 ed è quindi stato provato il diritto al rivendicato punteggio aggiuntivo e il ricorso di primo grado doveva essere respinto per l’indicata ragione non perchè l’ordine di servizio era valido solo per l’anno 1985;

che avverso tale sentenza L.M. propone ricorso affidato a due motivi, al quale oppone difese, con controricorso, il Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è articolato in due motivi;

che con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla ritenuta assenza di prova sull’esercizio di mansioni superiori affermata da parte della Corte d’appello senza prendere in considerazione la documentazione allegata al ricorso introduttivo del giudizio, comprendente anche il parere del Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale civile n. 102386 del dicembre 2001 nel quale è stato precisato che l’eventuale attribuzione dell’incarico di Vice Capo Reparto a lavoratori con qualifica inferiore al IV livello (cioè Area B) doveva essere intesa come attribuzione di mansioni superiori;

che si aggiunge che, in base alla predetta impostazione, la Corte territoriale non avrebbe neppure valutato il carattere permanente dello svolgimento delle mansioni superiori da parte del L. negato dal primo giudice;

che con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè degli artt. 2730 e 2735 c.c., per non avere la Corte d’appello attribuito valore di confessione stragiudiziale al parere del Ministero della Difesa su richiamato e comunque per non averne preso in esame la valenza probatoria;

che l’esame congiunto dei due motivi – reso opportuno dalla loro intima connessione – porta alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, per le ragioni di seguito esposte;

che tutte le censure si riferiscono all’asseritamente omessa valutazione dell’indicato parere del Ministero della Difesa – Direzione generale per il personale civile n. 102386 del dicembre 2001, dal quale emergerebbe la configurazione come svolgimento di mansioni superiori delle mansioni svolte dal L. in base all’ordine di servizio del 18 aprile 1985;

che – a parte che le censure relative alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non possono porsi nel ricorso per cassazione per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice del merito (vedi, per tutte: Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229) comunque non risulta neppure essere stato osservato – con riguardo agli atti e ai documenti richiamati nei ricorsi e, in particolare, in riferimento al suddetto ordine di servizio e al menzionato parere ministeriale – il principio di specificità dei motivi di ricorso per cassazione, in base al quale il ricorrente, qualora proponga delle censure attinenti all’esame o alla valutazione di documenti o atti processuali, è tenuto a trascriverne nel ricorso il contenuto essenziale e nel contempo a fornire alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali (di recente: Cass. SU 23 settembre 2019, n, 23552 e n. 23553);

che in sintesi, il ricorso è inammissibile;

che le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza;

che si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5500,00 (cinquemilacinquecento/00) per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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