Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10857 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. II, 05/05/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 05/05/2010), n.10857

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4400/2005 proposto da:

G.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. FERRARI 11, presso lo studio dell’avvocato PINTO Aldo,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE FAZI MARCO;

– ricorrente –

contro

MELFI COSTR SRL (OMISSIS), in persona del legale rapp. p.t.,

elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 163,

presso lo studio dell’avvocato DI VINCENZO ANTONIO, rappresentato e

difeso dagli avvocati MOSCARDINO MARCIANO, TEODORO RAFFAELE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/2004 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 04/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO COPRENTI;

udito l’Avvocato PINTO ALDO che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’arch. G.C. propose appello alla sentenza del Tribunale di Isernia che, revocando il d.i. per L. 160.386.216, oltre accessori, emesso nei confronti della Melfi costruzioni srl, aveva condannato quest’ultima a corrispondergli solo L. 12.000.000 oltre IVA, contributi ed interessi legali dalla domanda giudiziale al soddisfo.

L’appellata resistette, svolgendo appello incidentale.

La Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 58/04, respinse l’appello principale, accolse parzialmente l’incidentale condannando la Melfi agli interessi dalla domanda ai 22.1.98, oltre gli interesse ulteriori tra il giorno in cui era stata pubblicata la sentenza di primo grado e quello in cui era avvenuto il soddisfo, compensando per 1/3 le spese.

La Corte territoriale osservò che nonostante Cass. n. 8787/2000 abbia affermato la nullità dei patti in deroga ai minimi tariffari stabiliti per gli ingegneri e gli architetti (a differenza di quelli stabiliti per gli avvocati), Cass. n. 863/2000 ne ha ritenuto la validità, si pure con riferimento al rapporto tra un ingegnere e la P.A. in veste privatistica, dettando un principio di carattere generale; la Corte dichiarò di aderire al secondo orientamento posto che i minimi sono dettati nell’interesse al decoro e dignità delle singole categorie, tutelabile in sede disciplinare, ma non in quello generale della collettività, sicchè il relativo precetto non costituisce norma di carattere imperativo e le contrarie pattuizioni non sono colpite da nullità ma conservano validità ed efficacia, richiamando giurisprudenza prevalente anche successiva (Cass. 624/2003).

Ricorre G. con tre motivi, illustrati da memoria, resiste controparte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denunzia nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3, od in alternativa n. 4 o quanto meno vizi di motivazione perchè la sentenza si è fatta carico del contrasto giurisprudenziale sull’articolo unico della L. n. 340 del 1976, dando luogo ad una motivazione apparente con richiami non pertinenti.

Col secondo motivo si lamenta violazione della L. n. 340 del 1976, degli artt. 1418, 1419 e 2233 c.c., dell’art. 12 preleggi, dell’art. 112 c.p.c. e vizi di motivazione, trovando la tesi dell’imperatività dell’articolo unico della citata legge conforto nell’intervento legislativo di interpretazione autentica contenuto nella L. n. 404 del 1977.

Col terzo motivo si denunzia illegittimità costituzionale dell’articolo unico della L. n. 340 del 1976, per contrasto con gli artt. 3 e 4 Cost., in relazione alle normative sugli avvocati, i dottori commercialisti ed i ragionieri.

Le censure non meritano accoglimento.

La sentenza impugnata, premesso che il G. aveva dedotto la nullità della convenzione 16.7.1991 con la quale era stato pattuito il compenso, ha indicato il prevalente indirizzo giurisprudenziale seguito e non aveva l’obbligo, come deduce il ricorrente a pagina sette, di esaminare criticamente l’altro indirizzo, che pur risulta analizzato.

In particolare ha osservato che i minimi tariffari sono dettati nell’interesse delle singole categorie ma non in quello generale della collettività sicchè il relativo precetto non costituisce norma di carattere imperativo e le contrarie pattuizioni non sono colpite da nullità ma conservano validità ed efficacia, richiamando la maggioritaria giurisprudenza sul punto, che risulta anche recentemente confermata da questa Suprema Corte (Cass. 5.10.2009 n. 21235, Cass. 11.8.2009 n. 18223).

Il richiamo ad una interpretazione autentica contenuto nella L. n. 404 del 1977, è fuor di luogo, riconoscendo lo stesso ricorrente il riferimento agli incarichi conferiti dagli enti pubblici.

La questione di legittimità costituzionale, che mal si concilia con la dedotta interpretazione autentica dalla quale ne deriverebbe la irrilevanza, oltre che essere prospettata per la prima volta in questa sede, è manifestamente infondata, attesa la diversa natura degli incarichi professionali indicati come parametro, essendo notoriamente quella dell’avvocato, del commercialista o del ragioniere, obbligazione di mezzi e non di risultato.

Peraltro il richiamo non è decisivo, essendo stata introdotta per gli avvocati la possibilità di deroga ai minimi tariffari mediante la abrogazione del divieto di patto-lite (D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248, art. 2).

In definitiva il ricorso va rigettato, con la condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 1700,00 di cui Euro 1500,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

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