Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10856 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 23/04/2021), n.10856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16079/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

S.R.L. T.T.S., in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 159/5/2013, depositata il 15 maggio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 ottobre

2020 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Alla società contribuente venivano indirizzati due avvisi di accertamento, attraverso i quali, con riferimento agli anni 2003 e 2004, si procedeva al recupero di Irpeg, Irap e IVA, sulla base di ascritti ricavi “in nero”, evincibili da importi bancari ingiustificati. La CTP rigettava il ricorso della contribuente.

La CTR della Campania, di contro, ne accoglieva l’appello, con riferimento all’avviso relativo al 2003, censurando la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. L’Agenzia ha spiegato ricorso per cassazione incentrandolo su due motivi.

La contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo di ricorso viene censurata dall’erario la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, essendosi la CTR concentrata unicamente sull’avviso relativo all’anno di imposta 2003, stigmatizzando la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, senza valutare l’annualità successiva.

Il primo motivo è fondato.

La CTR si è concentrata unicamente sull’avviso relativo all’anno di imposta 2003, valutandone come dirimente l’emanazione anticipata rispetto al decorso del termine dilatorio ex art. 12, comma 7, Statuto del contribuente, annullando, tuttavia, anche l’avviso connesso all’anno di imposta 2004, senza esporre alcuna utile argomentazione.

Orbene, la motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione deve ritenersi apparente quando pur se graficamente esistente non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (Cass. n. 13248 del 2020).

Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017).

Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR trascurato che con riferimento ad entrambi gli avvisi constavano “insopprimibili ragioni di necessità ed urgenza”.

Il secondo motivo è infondato e va disatteso.

E’ circostanza incontroversa l’avvenuta emissione ante tempus dell’avviso di accertamento.

L’Amministrazione assume di averlo fatto per ragioni di urgenza intrinseche all’emanato atto impositivo.

Va certamente condiviso l’orientamento di questa Corte secondo cui “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio” (Cass. sez. un. 18184 del 2013; Cass. n. 1264 del 2014; Cass. n. 22786 del 2015; Cass. n. 21815 del 2018; Cass. n. 15843 del 2020).

La CTR ha motivatamente stigmatizzato l’illegittimità dell’atto impositivo per la mancanza nel corpo di esso di motivazioni di urgenza. L’Agenzia, dal canto suo, ancorchè deduca l’urgenza non chiarisce, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, nè il momento, nè la sede processuale entro cui avrebbe esplicitato in costanza di giudizio, nei gradi di merito, dall’Amministrazione dette specifiche ragioni. Quali fossero queste ultime rimaneva, in altri termini, un profilo testualmente criptico e imperscrutabile sulla base degli avvisi di accertamento e degli atti di causa specificamente richiamati. Il ricorso impinge sotto tale profilo in un deficit di autosufficienza, finendo per prospettare l’urgenza dell’adozione dell’atto impositivo e le ragioni che la suffragavano nella specie alla stregua di questione del tutto nuova.

In ultima analisi, il ricorso va accolto con riferimento al primo motivo, disatteso il secondo. La causa va rimessa alla CTR della Campania per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla CTR della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

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