Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10856 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. II, 05/05/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 05/05/2010), n.10856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – rel. Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in Roma, Via Orti della Farnesina n. 126, presso lo studio dell’Avv.

Stella Richter Giorgio che unitamente e disgiuntamente all’Avv.

Claudi Castagnetti lo rappresenta e difende come da procura a margine

del ricorso.

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Bologna n.

752/04 del 02.03.2004/13.05.2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10.03.2010 dal Pres. Dott. Antonino Elefante.

Sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. RUSSO Rosario,

che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Bologna rigettava l’appello proposto da R.M. avverso la sentenza del Tribunale di Piacenza che aveva disatteso la sua domanda contro S.A. volta ad ottenere la reintegrazione nel possesso di un fondo.

Dopo aver rilevato che il R. aveva abbandonato la tesi di un possesso diretto e immediato del fondo per affidarsi a due documenti, la Corte d’appello osservava che sia il primo documento (sentenza 2 luglio 1992 del pretore di Fiorenzuola) sia il secondo (scrittura privata del 14 ottobre 1995) erano del tutto irrilevanti.

Avverso tale sentenza il R. ha proposto ricorso per cassazione in base a quattro motivi.

Il S. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112-116 c.p.c. e degli artt. 1140-2909 c.c., nonchè difetto di attività e difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente R. assume che la Corte d’appello avrebbe del tutto ignorato l’esistenza del giudicato della sezione agraria del Tribunale di Piacenza n. 4/02 e della sua esecuzione (procedura n. 139/03) che aveva affermato il suo esclusivo diritto di proprietà del fondo, sicchè avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere e provvedere solo in ordine al regolamento delle spese.

Col secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 111-112-116 c.p.c. e art. 2909 c.c. nonchè difetto di attività e difetto di motivazione circa la sussistenza e le conseguenze dei provvedimenti in giudicato, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente ribadisce che i due provvedimenti passati in giudicato (sentenza pretore Fiorenzuola n. 28/92 e sentenza tribunale di Piacenza n. 4/02) avevano statuito la proprietà del fondo in capo ad esso R. con conseguenze, quindi, in ordine alla posizione del S..

Col terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 112-345 c.p.c., nonchè difetto di ultrapetizione ed inammissibilità del rilievo d’ufficio della condotta quale affittuario del resistente, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il resistente si duole che l’impugnata sentenza abbia affermato che il S. aveva agito quale affittuario del fondo, sebbene tale circostanza non fosse stata eccepita dall’interessato e non fosse rilevabile d’ufficio in grado di appello.

Col quarto motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1140-1168-1170 c.c., nonchè difetto di attività e difetto di motivazione circa la ritenuta legittimità della condotta quale affittuario del resistente, il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente si duole che la Corte d’ appello, anche ammesso che il S. era affittuario del fondo, abbia omesso di rilevare come questi aveva inteso intervertire, contro il proprietario, la detenzione derivantegli dal contratto.

I motivi, da trattare congiuntamente perchè strettamente connessi, sono infondati, poichè con essi il ricorrente, sotto l’apparente titolazione di violazione di legge, prospetta una sequela di censure volte esclusivamente ed acriticamente a contrapporre, senza sviluppare alcuna argomentazione in diritto, soluzioni diverse da quelle desumibili dalla sentenza impugnata.

Invero la Corte d’appello ha correttamente rilevato come la sentenza 2 luglio 1992 del pretore di Fiorenzuola (che dichiarava l’acquisto in capo al R. per usucapione della restante quota di un terzo della proprietà del terreno in danno di D.C.A.) – così come la successiva sentenza del Tribunale di Piacenza (n. 4/02) – era del tutto irrilevante perchè, trattandosi di un giudizio possessorio, l’esistenza di un titolo di proprietà a favore dell’autore dello spoglio era ininfluente posto che l’azione di spoglio (o manutenzione) è esperibile anche contro il proprietario della cosa (cit. Cass. 4 luglio 2000, n. 8932; 11 settembre 2000 n. 11916) e che nel giudizio possessorio vige il divieto di cui all’art. 705 c.p.c..

I giudici di merito hanno poi osservato che il R., attraverso il richiamo alla scrittura privata del 14 ottobre 1995 (con la quale S.R., madre del S., si dichiarava affittuaria, insieme ai figli, del fondo in questione), mirava alla prospettazione di un possesso indiretto del fondo a mezzo dell’affittuario denunciato di spoglio e introduceva un diverso thema decidendum di un’interversione nel possesso, peraltro assai arduo da configurare, posto che gli atti di spoglio o molestia denunciati consistevano in lavori di pulizia e sistemazione del fondo che l’affittuario aveva non solo il diritto, ma anche il dovere, di effettuare.

Alla luce di tale ratio decidendi, giuridicamente corretta, i denunciati vizi di violazione di legge e di ultrapetizione risultano insussistenti, con conseguente rigetto del ricorso.

Nulla in ordine alle spese di giudizio perchè l’intimato S. non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

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