Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10855 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 08/06/2020), n.10855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4447/2019 proposto da:

S.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO MASTRO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2380/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 13/12/2018 R.G.N. 2404/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LUIGI ONOFRI per delega Avvocato FRANCESCO MASTRO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. con sentenza in data 11 – 13 dicembre 2018 numero 2380 la Corte d’appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale di Trani e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da S.C., dipendente del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (in prosieguo: MIUR) – con mansioni di assistente tecnico presso l’Istituto tecnico statale (OMISSIS) – per la dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli in data 13 maggio 2015, in ragione di 12 giorni di assenza ingiustificata e per l’uso di certificati medici contraffatti.

2. La corte territoriale non condivideva la valutazione del Tribunale, che aveva accolto la domanda sul rilievo che il MIUR si era costituito tardivamente, incorrendo nella decadenza dalla produzione dei documenti posti a fondamento del licenziamento.

3. Osservava che il MIUR lamentava fondatamente la mancata applicazione dell’art. 421 c.p.c. e che nel giudizio di appello costituiva prova nuova indispensabile quella di per sè idonea ad eliminare ogni incertezza sulla ricostruzione fattuale accolta nella pronuncia gravata, smentendola o confermandola.

4. La documentazione prodotta doveva essere acquisita d’ufficio, in quanto smentiva il fondamento delle contestazioni sollevate dallo S. ed integrava la semipiena probatio derivante dal contegno processuale della parte.

5. Il lavoratore, infatti, in sede di ricorso introduttivo non aveva contestato la falsità della certificazione telematica trasmessa al datore di lavoro ma piuttosto aveva assunto di non avere mai inviato la documentazione medica, disconoscendone la provenienza.

6. A parte l’ovvia considerazione che non si comprendeva chi potesse avere inviato la documentazione medica in luogo dell’interessato, con la conseguente integrazione della ipotesi di licenziamento prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, lett. a), in ogni caso la lettera di contestazione era relativa anche ad assenze del servizio senza idonea giustificazione.

7. Restava, dunque, in ogni caso integrato l’addebito di assenza ingiustificata per 12 giorni, condotta reiterata nell’arco di due mesi e mezzo (dal 7 novembre 2014 al 20 gennaio 2015), per la quale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 quater, lett. b), prevedeva la sanzione del licenziamento senza preavviso.

8. La contestazione appariva tempestiva, essendo incontestato e comunque documentato che gli accertamenti istruttori – con l’audizione del medico curante dello S. – erano avvenuti a fine gennaio 2015 e così pure era tempestivo il licenziamento, preceduto regolarmente dalle giustificazioni del procuratore del lavoratore.

9. Le fattispecie espulsive considerate erano previste direttamente dalla legge, per cui non occorreva la affissione del codice disciplinare.

10. Non risultava documentato che lo S. durante i periodi di assenza fosse affetto da patologie implicanti la perdita della cognizione spazio-temporale.

11. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza S.C., articolato in otto motivi, cui il MIUR non ha opposto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. con il primo motivo il ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – la nullità della sentenza in relazione all’art. 429 c.p.c..

2. Ha esposto che la impugnazione in appello era avvenuta con atto di citazione e che il MIUR aveva omesso di richiedere alla prima udienza la conversione del rito da ordinario a speciale sicchè non poteva essere resa sentenza ai sensi dell’art. 429 c.p.c..

3. Il motivo è inammissibile. La censura difetta di specificità in ordine alla allegazione degli atti processuali che ne costituiscono il fondamento, non essendo trascritto l’atto d’appello, con la relativa notifica, onde consentire a questa Corte di verificare se l’impugnazione fosse stata introdotta con atto di citazione invece che con ricorso, contrariamente a quanto esposto nella sentenza impugnata (pagina 2, primo capoverso: “con ricorso depositato il 10.11.2017 il Ministero proponeva appello”).

4. Inoltre, con rilievo per sè assorbente, la parte non ha dedotto uno specifico pregiudizio al proprio diritto di difesa derivato dall’assunto vizio del rito; invero, secondo orientamento pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, la trattazione della controversia da parte del giudice adito con un rito diverso da quello previsto dalla legge non determina alcuna nullità del procedimento – e della sentenza successivamente emessa – se la parte non deduca e dimostri che dall’erronea adozione del rito le sia derivata una lesione del diritto di difesa (per tutte: Cassazione civile sez. VI, 10/10/2017, n. 23682 e giurisprudenza ivi citata).

5. con il secondo motivo si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – nullità della sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 5.

6. Si addebita alla Corte territoriale di avere posto a fondamento della decisione la mancata contestazione della documentazione depositata tardivamente dal MIUR e si espone che tali documenti erano stati contestati, sia nel merito sia quanto alla paternità.

7. Il motivo è inammissibile. Per un verso esso contesta il giudizio di merito espresso dal giudice dell’appello in ordine alla prova della assenza ingiustificata dal servizio senza allegare un fatto, decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, non esaminato nella sentenza impugnata. Nel resto il ricorrente assume genericamente di avere contestato i documenti prodotti del MIUR senza specificare a quali documenti la contestazione si riferiva nè riportare gli atti processuali nei quali essa sarebbe stata espressa. La censura, da ultimo, appare inconferente alla ratio decidendi della sentenza impugnata, che è fondata, piuttosto che sulla mancata contestazione dei documenti, sul rilievo che la assenza di dodici giorni era rimasta ingiustificata, in quanto nel ricorso introduttivo del giudizio lo S. non aveva contestato la falsità della documentazione medica ma piuttosto affermato di non averla mai inviata (pagina 3 della sentenza, penultimo capoverso).

8. Con il terzo motivo il ricorrente ha impugnato la sentenza -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – per violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 153 c.p.c., comma 2.

9. Ha dedotto che nella sentenza n. 10790/2017, citata dalla Corte territoriale, le Sezioni Unite avevano chiarito che non costituivano prove nuove quelle già dichiarate inammissibili nel giudizio di primo grado, come nella specie accaduto.

10. Il motivo è inammissibile. La Corte territoriale ha infatti ritenuto l’errore del giudice del primo grado per non avere acquisito documenti di rilievo decisivo ai sensi dell’art. 421 c.p.c.. Sotto altro profilo si osserva che la statuizione impugnata è fondata su due rationes decidendi alternative, ciascuna autonomamente idonea a sorreggerla: la falsità delle certificazioni mediche trasmesse ed, in ogni caso, il rilievo di dodici giorni di assenza ingiustificata. La censura non coglie la statuizione di legittimità del licenziamento sotto il profilo della mancata giustificazione delle assenze.

11. con il quarto motivo viene dedotta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione o errata applicazione dell’art. 416 c.p.c., comma 3 e art. 214 c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., comma 2, assumendosi che il MIUR non aveva contestato analiticamente le doglianze espresse nel ricorso di primo grado e che la Corte territoriale aveva confuso i due piani delle allegazioni e della prova, ritenendo provati gli addebiti sulla base dei documenti (che comunque erano stati prodotti tardivamente e non dimostravano la sua responsabilità nè per la contraffazione dei certificati medici nè per il loro invio).

12. Si addebita alla sentenza impugnata di non avere valutato le proprie difese riguardo al mancato invio delle certificazioni mediche.

13. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto non riporta le allegazioni del ricorso introduttivo nè la memoria difensiva del MIUR onde sostanziare la denunzia di mancata valutazione tanto delle proprie ragioni che della condotta di non contestazione del datore di lavoro. La sentenza ha peraltro dato conto del disconoscimento da parte dello S. dell’invio delle certificazioni mediche, argomentando sia sulla non-credibilità della allegazione sia sul fatto che le assenze restavano in ogni caso ingiustificate.

14. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 69, commi 2 e segg., L. n. 300 del 1970, art. 7.

15. Si deduce, in via gradata rispetto a terzo motivo, l’omessa valutazione del fatto: che l’addebito era stato contestato dopo oltre un mese dalla sua scoperta e che il licenziamento seguiva a distanza di circa quattro mesi dalla contestazione; che il MIUR non aveva fornito la prova della sua rituale convocazione e non aveva contestato tale specifica doglianza del ricorso introduttivo; che era necessaria la affissione del codice disciplinare, non essendo stata dimostrata la commissione di un fatto costituente reato; che la documentazione era tardiva e che nel primo grado il MIUR non aveva partecipato alle udienze neppure quando il Tribunale aveva disposto la comparizione delle parti.

16. Le censure sono inammissibili.

17. Per un verso il motivo investe gli accertamenti di merito compiuti nella sentenza impugnata tanto in ordine alla tempestività della contestazione disciplinare e del successivo licenziamento che circa la regolarità del procedimento (pagina 5 della sentenza, ultimo capoverso) senza allegare un fatto decisivo non esaminato nè dedurre una violazione dei criteri enunciati da questa Corte come parametro normativo di tali accertamenti. La parte ricorrente reitera inoltre le critiche svolte nel terzo motivo quanto alla irritualità dell’acquisizione dei documenti prodotti dal MIUR senza indicare ulteriori apprezzabili ragioni di censura.

18. Nella parte in cui si assume la necessità della affissione del codice disciplinare la inammissibilità del motivo va dichiarata ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1. La decisione della Corte territoriale è infatti conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto che anche nel pubblico impiego contrattualizzato non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare (prevista dal D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 55) in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perchè contrario al cd. minimo etico o a norme di rilevanza penale (Cassazione civile sez. lav., 07/11/2019, n. 28741); nella fattispecie di causa la condotta del lavoratore, a prescindere dalla sua astratta rilevanza penale, configura un condotta contraria ai doveri fondamentali del lavorare, costituenti il cd. minimo etico.

19. Con il sesto motivo si censura la sentenza impugnata- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – per violazione o errata applicazione dell’art. 214 c.p.c. e art. 2702 c.c..

20. Si denunzia la carenza di prova dei fatti contestati, anche quanto alla assenza ingiustificata: egli aveva affermato di non ricordare i motivi delle presunte assenze per la grave patologia documentata. Si deduce l’omessa valutazione delle certificazioni mediche dalle quali emergeva la propria patologia, per l’accertamento della quale era stata richiesta la escussione del medico curante ed una consulenza d’ufficio.

21. Il motivo è inammissibile.

22. Pur deducendo formalmente la violazione di norme di diritto, il ricorrente contesta il giudizio di merito espresso nella sentenza impugnata in ordine alla prova dei fatti contestati ed, inoltre, alla mancanza di prova del fatto che il lavoratore durante i periodi di assenza fosse affetto da patologie implicanti la perdita della cognizione spazio-temporale (sul punto si veda pagina 6 della sentenza). Non si allega specificamente alcun fatto decisivo non esaminato, facendosi piuttosto generico rinvio alle certificazioni mediche in atti, delle quali non si riporta il contenuto nè si espongono le ragioni di decisività.

23. Con il settimo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5 – violazione e falsa applicazione degli artt. 116 e 214 c.p.c. e dell’art. 2702 c.c., per avere la Corte territoriale omesso di verificare, in relazione alla documentazione prodotta tardivamente dal MIUR, la mancanza di data certa (mancavano le ricevute di recapito delle missive) ai fini della verifica delle eventuali decadenze maturate nel corso del procedimento disciplinare.

24. Il motivo è inammissibile. Si introducono questioni non esaminate nella sentenza impugnata e richiedenti accertamenti di fatto (carenza di data certa delle comunicazioni) senza indicare gli atti con i quali tali questioni erano state introdotte nei gradi di merito; la inammissibilità discende, dunque, dal rilievo della novità della censura.

25. Con l’ottavo motivo si denuncia- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa, consistente nella patologia psichiatrica sofferta, documentata dalla cartella clinica rilasciata dalla ASL (OMISSIS); nelle difese egli aveva riferito di non essere a conoscenza dell’invio di certificati contraffatti a giustificazione delle assenze nè di ricordare i motivi di tali presunte assenze in virtù della patologia sofferta.

26. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto non vengono trascritti i contenuti della cartella clinica nè si indicano le ragioni della decisività di detti contenuti rispetto al contrario accertamento compiuto nella sentenza impugnata.

27. Il ricorso deve essere conclusivamente dichiarato inammissibile.

28. Non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancata costituzione del MIUR.

29. Il ricorrente, ammesso al patrocinio a spese dello Stato con Delib. Consiglio dell’Ordine degli Avvocati 12 febbraio 2019, non è tenuto al versamento dell’ulteriore importo del contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, stante la prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del medesimo decreto (ex plurimis: Cassazione civile, sez. VI, 12/04/2017, n. 9538).

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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