Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10852 del 17/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 17/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 17/05/2011), n.10852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui

Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

B.A.M. res.te a (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 123/63/08 della Commissione Tributaria

Regionale di Milano – Sezione Staccata di Brescia n. 63, in data

03/06/2008, depositata il 12 giugno 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05 aprile 2011 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il P.M., Dott. IANNELLI Domenico.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Nel ricorso iscritto al R.G. n. 12717/2009, è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 123/63/2008, pronunziata dalla C.T.R. di Milano, Sezione Staccata di Brescia n. 63, il 03.06.2008 e DEPOSITATA il 12 giugno 2008.

Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate e confermato la decisione di primo grado, dichiarando, nel caso, insussistenti i presupposti impositivi.

2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione del silenzio-rifiuto serbato dall’Amministrazione sulla domanda di rimborso Irap, relativa al periodo dal 1998 al 2004, censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 nonchè del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22.

3 – Alle formulate censure, deve rispondersi con il richiamo a quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato il principio secondo cui a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007).

4 – La decisione impugnata, nel caso, ha ritenuto insussistenti gli elementi indice dell’autonoma organizzazione, avendo verificato, alla stregua della documentazione in atti, che l’attività era stata svolta senza l’ausilio di terzi e con beni strumentali non eccedenti quel minimum che attiene all’esercizio dell’attività professionale.

Tali argomentazioni si collocano nel solco dei richiamati principi e non giustificano le prospettate censure, posto che la CTR, decidendo, e motivando nei termini, ha basato il decisum sul presupposto della insussistenza degli elementi indice dell’autonoma organizzazione, quindi con ragionamento, sul piano logico-giuridico corretto, ancor quando sintetico.

Le doglianze prospettando l’erroneità della decisione, per non essere stata considerata la circostanza che lo studio di cui si avvalga un medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, deve rispondere ai requisiti prescritti dal D.P.R. n. 270 del 2000, art. 22, comma 2, non solo introducono una nuova questione, che non sembra essere stata dedotta nei precedenti gradi di merito, ma pure sembrano formulate genericamente, secondo modalità non riferibili al caso concreto ma all’astratta previsione normativa.

Peraltro, non sembra condivisibile la censura, dal momento che, nel caso ipotizzato dalla ricorrente Agenzia, uno studio medico attrezzato con i beni strumentali strettamente necessari per l’esercizio della professione di medico di base convenzionato, si ritiene non ecceda, alla stregua del trascritto principio, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività.

5 – Si ritiene, dunque, ricorrere i presupposti per la relativa trattazione in Camera di consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., proponendosi il rigetto dell’impugnazione per manifesta infondatezza. Il Relatore Cons. Dott. Antonino Di Blasi”.

La Corte:

Vista la relazione, il ricorso e gli altri atti di causa;

Considerato che in esito alla trattazione del ricorso, il Collegio, condividendo la relazione, ritiene di dover rigettare il ricorso, per manifesta infondatezza;

Considerato che non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2011

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