Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1085 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. III, 18/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 18/01/2011), n.1085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.R. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in

Roma, Via Giuseppe Avezzana n. 31, presso lo studio degli avv.ti DE

DOMINICIS Romolo e Tommaso, che la rappresentano e difendono giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

ASSICURATORI DEI LLOYD’S OF LONDON (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Giovanni Paisiello n. 40, presso lo studio dell’avv. MORGANTI David,

che lo rappresenta e difende in virtù1 di procura speciale in atti;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

B.G., domiciliato in Roma, Via Portuense n. 600;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1834/06 in data

25 gennaio 2006, pubblicata in data 13 aprile 2006.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Romolo De Dominicis;

udito l’avv. David Morganti;

udito il P.M., in persona del Cons. Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che

ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento o

il rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La signora C.R. aveva aperto nel (OMISSIS), un negozio per la vendita di gioielli al dettaglio. Il successivo (OMISSIS), previa istallazione ed adozione di tutte le misure di sicurezza prescritte, si era assicurata per il rischio di furti e rapine con i Lloyd’s of London attraverso la loro rappresentanza generale in (OMISSIS). In data (OMISSIS) la C. subì, ad opera di ignoti, una rapina a mano armata con sottrazione quasi totale della merce. Mentre erano in corso gli accertamenti della Polizia, denunciò l’accaduto alla compagnia assicuratrice, ma l’assicuratore dopo aver compiuto un sopralluogo nel negozio per verificare la situazione e il danno (che stimò in misura prudenziale) non diede corso alla liquidazione dell’indennizzo, poi eccependo (lettera del 4 febbraio 1991) la invalidità della polizza per non avere l’assicurata dichiarato una precedente rapina del dicembre 1987. Con lettera del 15 aprile 1991 la C. promosse la perizia contrattuale prevista dall’art. 18 delle condizioni di polizza nominando il suo perito ed invitando gli assicuratori a nominare il proprio, ma la procedura non ebbe ulteriore seguito. Il Tribunale di Roma dichiarò il fallimento della C. con sentenza 29 novembre 1991, sicchè la domanda contro l’assicuratore fu coltivata dal Curatore in sede di perizia contrattuale e poi in sede giudiziaria (citazione in data 18 dicembre 1992).

L’assicuratore propose l’eccezione riconvenzionale di annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1892 cod. civ., per la stessa ragione dedotta nella lettera in data 4 febbraio 1991.

La C., rientrata in bonis, si costituì nel giudizio in data 22 gennaio 1996 e alla udienza del 10 luglio 1998 chiese: 1) accertare l’operatività della garanzia assicurativa; 2) accertare, in via subordinata, l’operatività di detta garanzia nei limiti di cui all’art. 1893 c.c., comma 2; 3) condannare gli assicuratori dei Lloyd’s of London a pagare l’indennizzo dovuto in ragione dei beni persi in conseguenza della rapina pari a L. 276.741.000 o a quell’altra di giustizia; 4) condannare altresì gli assicuratori convenuti al pagamento degli interessi ed al maggior danno in misura corrispondente alla intervenuta svalutazione monetaria nonchè i danni ulteriori da liquidare equitativamente tenuto conto delle comprovate vicende subite dalla attrice in conseguenza del mancato tempestivo pagamento dell’indennizzo dovuto; 5) il tutto a partire dalla data del 1 ottobre 1990 o di quell’altra data che fosse ritenuta di giustizia.

Gli assicuratori conclusero per il rigetto della domanda attrice perchè infondata in fatto ed in diritto; in via riconvenzionale accertare e dichiarare l’annullamento del contratto de quo ai sensi dell’art. 1892 c.c, ed il conseguente diritto degli assicuratori dei Lloyd’s of London di trattenere i premi relativi al periodo di assicurazione in corso.

Il Tribunale di Roma con sentenza del 13 giugno 2002 rigettò la domanda della sig. C. e dichiarò la inammissibilità dell’intervento del coniuge della stessa, B.G..

La Corte d’Appello, con sentenza pubblicata il 13 aprile 2006, in accoglimento dell’appello di C.R., condannò la Lloyd’s of London al pagamento in favore della stessa dell’importo di Euro 141.495,55 oltre interessi dalla costituzione in mora e spese dei due gradi.

Propone ricorso per cassazione C.R. con tre motivi. Resiste con controricorso la Assicuratori dei Lloyd’s of London che ha anche proposto ricorso incidentale.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto rigurdanti la stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione degli artt. 1908, 1218 e 1277 c.c., con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sui criteri di liquidazione del danno previsto nella polizza.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 1218 e 1224 c.c. con riferimento all’art. 2729 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata quantificazione dei danni conseguenti al mancato tempestivo riconoscimento dell’indennizzo da parte della compagnia assicuratrice, cui seguì il fallimento della ricorrente proprio in assenza di un tempestivo e congruo pagamento dell’indennizzo spettante.

I primi due motivi debbono essere trattati congiuntamente in quanto connessi.

La liquidazione del danno operata dalla Corte d’Appello, per quanto riguarda la stima dei valori sottratti dai rapinatori, fa riferimento ad un elenco dettagliato redatto nell’immediatezza del fatto anche in contraddittorio con il rappresentante degli assicuratori, per un importo di L. 273.973.590. Tale importo costituisce quindi, secondo la valutazione della Corte territoriale, l’importo dell’indennizzo dovuto dagli assicuratori, al quale, secondo la parte attrice, avrebbe dovuto essere riconosciuto l’ulteriore maggior danno da svalutazione monetaria nonchè quello conseguente alla dichiarazione di fallimento, da ritenere strettamente connessa alla rapina e al mancato tempestivo indennizzo da parte dell’assicurazione. La Corte territoriale ha negato la liquidazione di importi ulteriori rispetto agli interessi moratori dovuti ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 1, sul rilievo del mancato assolvimento, da parte della sig. C., dell’onere di allegare e dimostrare il maggior danno subito, in rapporto agli interessi legali riconosciuti e pari, per diversi anni, al tasso del 10% in ragione di anno. Analogamente, non sarebbe stato acquisito alcun elemento utile a dimostrare la esistenza di ulteriori danni in conseguenza della dichiarazione di fallimento.

La valutazione recepita dai giudici dell’appello, in relazione alla liquidazione del danno, si limita a proporre una lettura alternativa delle risultanze di causa senza individuare specifiche valutazioni erronee o incongrue applicazioni dei canoni della logica: la motivazione assunta nella sentenza impugnata supera quindi in modo limpido il vaglio di legittimità demandato a questa Corte: secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge). Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico- giuridico posto a base della decisione. (Cass. SS.UU. 27 dicembre 1997 n. 13045). Nella specie, i giudici del merito hanno invece valutato in modo coerente e completo le risultanze agli atti, pervenendo al convincimento, adeguatamente e compiutamente motivato, della mancanza di elementi che comportasse il riconoscimento di un danno ulteriore rispetto a quello liquidato.

I primi due motivi risultano quindi infondati.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 1226 c.c. e art. 114 c.p.c., con riferimento all’art. 2729 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata liquidazione del danno mediante criteri equitativi. La censura è assorbita la quanto sopra, posto che presupposto della valutazione equitativa del danno è la prova dell’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (Cass. 30 aprile 2010 n. 10607).

Quanto al ricorso incidentale, gli Assicuratori dei Lloyd’s of London denunciano con il primo motivo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1892 c.c., nonchè la insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione al mancato accoglimento della domanda di annullamento del contratto per le dichiarazioni false e reticenti della sig. C. al momento di conclusione del contratto. Sul punto, la sentenza impugnata ha escluso la esistenza di dolo o colpa grave da parte della sig. C. nell’aver denunciato di non aver subito in precedenza altre rapine, in primo luogo perchè il precedente episodio si era verificato circa tre anni prima, presso la propria abitazione, nel (OMISSIS), quando la stessa svolgeva analoga attività in un contesto del tutto diverso, non in un negozio aperto al pubblico; in secondo luogo perchè la dichiarazione era stata effettuata in un precedente e diverso contratto e il soggetto che sottoscrisse l’accordo, in rappresentanza dell’assicuratore, era lo stesso broker Co.

D. che aveva consigliato di non far menzione del precedente episodio in quanto avvenuto in un contesto del tutto diverso e quindi ininfluente ai fini della valutazione del rischio. La coerente e puntuale motivazione supera quindi ogni possibile censura nel presente giudizio di legittimità.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. n. 792 del 1984, art. 1, del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 109, degli artt. 1392 e 1888 c.c., in relazione alle disposizioni di legge che regolano la figura del broker assicurativo e dei poteri di rappresentanza conferiti allo stesso.

Anche su tale questione la Corte territoriale ha dato una attenta e appagante risposta, nel senso che il contratto iniziale non fu sottoscritto dal sig. Co., ma dal Dott. A.C., rappresentante generale per l’Italia dei Lloyd’s of London; detto contratto, non soggetto a proroga tacita fu seguito da nuovo e diverso contratto sottoscritto dal Co. nella qualità di “broker autorizzato” dalla predetta associazione. Ne deriva, quindi che in tale veste egli aveva il potere di rappresentare la compagnia assicuratrice: si deve precisare la natura del tutto particolare della associazione convenuta comporta una disciplina non compatibile con quella del broker come previsto dalla legislazione italiana con la conseguente inapplicabilità delle norme indicate nel motivo di ricorso.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1391 c.c., e quindi gli stati soggettivi del rappresentante non sarebbero riferibili al rappresentato in quanto si tratterebbe di elementi predeterminati dal rappresentato. Il motivo appare non puntuale, non essendo stati indicati quali fossero gli elementi predeterminati dal rappresentato e in quali termini sarebbero stati indicati dallo stesso.

Il motivo risulta quindi inammissibile.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1398 c.c. e dell’art. 1711 c.c. nonchè l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla riferibilità ai Lloyd’s della conoscenza della reale situazione di fatto. Tali aspetti risultano già trattati con il primo motivo, che è risultato del tutto infondato, attesa la coerente e adeguata motivazione della sentenza impugnata.

Con il quinto motivo si denunzia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1892 c.c., con riguardo alla valutazione di assenza di dolo o di colpa grave da parte della sig. C. nella compilazione del questionario allegato al contratto: Anche tale aspetto risulta già affrontato, nel senso che riguarda una diversa interpretazione di elementi di fatto non sindacabile nel presente giudizio di legittimità in presenza di congrua ed adeguata motivazione.

Con il sesto motivo si denuncia infine la violazione e la falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c. e dell’art. 1888 c.c., nonchè l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Anche in questo caso (valutazione delle prove assunte nel corso del giudizio di merito, in particolare delle dichiarazioni del teste B.G., già marito della ricorrente) si tratta di valutazioni riservate al giudice di merito la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass. 28 luglio 2010 n. 17630).

In conclusione, tanto il ricorso principale che quello incidentale debbono essere rigettati; sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile riunisce i ricorsi e li rigetta, dichiara compensate le spese.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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