Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10849 del 08/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2020, (ud. 09/01/2020, dep. 08/06/2020), n.10849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLI Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35045-2018 proposto da:

B.P., rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIO

ACCARINO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO RESIDENZA ALLA FONTANA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2300/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

B.P. ha presentato ricorso articolato in unico motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.) avverso la sentenza n. 2300/2018 della Corte di appello di Milano depositata in data 9 maggio 2018.

Il Condominio Residenza alla Fontana, di via Cavour 17, Gallarate, non ha svolto attività difensive.

L’unica censura lamenta che la Corte di Milano, pur avendo in parte annullato la deliberazione assembleare del 16 settembre 2015 del Condominio Residenza alla Fontana, impugnata dallo stesso B.P., abbia poi condannato quest’ultimo alla rifusione di due terzi delle spese processuali sostenute dalla controparte.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380-bis. c.p.c., comma 2.

Il ricorso è manifestamente infondato.

La Corte d’appello di Milano ha solo in parte riformato la sentenza di primo grado, pervenendo alla dichiarazione di annullamento della deliberazione assembleare del 16 settembre 2015 del Condominio Residenza alla Fontana unicamente quanto alla ripartizione delle spese di consumo dell’acqua di cui al consuntivo 2014, ed invece confermando il rigetto della sussistenza delle ulteriori domande di invalidità avanzate dal condomino B.P..

Come questa Corte ha già precisato, ogni domanda di declaratoria di invalidità di una determinata delibera dell’assemblea dei condomini si connota per la specifica esposizione dei fatti e delle collegate ragioni di diritti, ovvero per una propria “causa petendi”, che rende diversa, agli effetti degli artt. 183 e 345 c.p.c., la richiesta di annullamento di una delibera dell’assemblea per un determinato motivo di contrarietà alla legge o alle regole statutarie da quella piuttosto fondata su altra causa invalidante (così Cass. Sez. 6 – 2, 25/06/2018, n. 16675; Cass. Sez. 2, 28/02/2018, n. 4686; arg. anche da Cass. Sez. 2, 18/02/1999, n. 1378; Cass. Sez. 2, 20/08/1986, n. 5101). Da ciò consegue che, ove, come nel caso in esame, il giudice accolga la domanda di declaratoria dell’invalidità di una delibera dell’assemblea dei condomini per un determinato motivo ed invece respinga le domande di annullamento inerenti ad altre ragioni, si verifica una reciproca parziale soccombenza, che determina la possibile compensazione totale o parziale delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2) (arg. da Cass. Sez. 3, 22/02/2016, n. 3438; Cass. Sez. 6 – 2, 23/09/2013, n. 21684).

Secondo consolidato principio giurisprudenziale, il giudice di appello, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale. La decisione della Corte d’appello di Milano di condannare B.P., attore ed appellante, alla rifusione di due terzi delle spese processuali sostenute dal Condominio Residenza alla Fontana (pari alla frazione residua della disposta compensazione parziale), avendo individuato il primo quale parte parzialmente e preponderantemente soccombente e, per converso, il Condominio quale parte parzialmente e inferiormente vincitrice, è stata perciò assunta in conformità al disposto dell’art. 91 c.p.c. (cfr. tra le tante Cass. Sez. 3, 11/06/2008, n. 15483).

Il ricorrente, ancora in memoria, sostiene che il parziale accoglimento della domanda proposta poteva giustificare soltanto una compensazione parimenti parziale delle spese processuali, fermo l’obbligo per il giudice di accollare il residuo comunque al convenuto e giammai all’attore, essendo quest’ultimo “parte vittoriosa”. Tale ragionamento, tuttavia, fraintende la nozione stessa di soccombenza reciproca, la quale suppone o, come avvenuto nel caso in esame, una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero, ancora, una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo. Ove tale presupposto di reciprocità della soccombenza si sia verificato, non può dirsi, come assume il ricorrente, che l’attore, avendo visto comunque accolte alcune sue domande, o alcuni capi o una certa misura della sua domanda, sia comunque ex se la “parte vittoriosa”, la quale deve perciò beneficiare, alla stregua dell’art. 91 c.p.c., del rimborso delle spese della frazione non (eventualmente) compensata, spettando al giudice, piuttosto, nel “chiudere il processo”, l’individuazione di quale sia la parte, comunque, “più” soccombente e quella, per converso, “più”. L’art. 91 c.p.c., infatti, allorchè collega l’onere delle spese alla soccombenza, ne impedisce solamente l’addebito alla parte totalmente vittoriosa.

La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano, poi, nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149; Cass. Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).

Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, non avendo svolto attività difensive l’intimato Condominio.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 9 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2020

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