Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10849 del 08/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10849 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

ORPINANZA
sul ricorso 10808-2011 proposto da:
CODAZZI NINO CDZNNI48D21F102E, CASTELLI CARLA
CSTCLR40M59I140U, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
SARDEGNA 38, presso lo studio dell’avvocato DI GIOVANNI
FRANCESCO, che li rappresenta e difende, giusta delega a margine
del ricorso;

– ricorrenti contro
TRENTAROSSI

GIUSEPPE

TRNGPP23A02D29M,

TRENTAROSSI PIETRO TRNPTR51M16H844C quali eredi
universali di-Uccellini Giuseppina, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA FEDERICO CESI 44, presso lo studio dell’avvocato MERLINO
GIUSEPPE ROBERTO, che li rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 08/05/2013

all’avvocato VOLA ANGELO, giusta procura speciale in calce al
controricorso;

– controricorre.nti avverso la sentenza n. 870/2010 della CORTE D’APPELLO di

udita la rela,.,ione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/01/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE.

Ric. 2011 n. 10808 sez. M2 – ud. 10-01-2013
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MILANO del 3.3.2010, depositata il 23/03/2010;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art.377 c.p.c. ha depositato
la seguente relazione ex artt.380-bis e 375 c.p.c.:

“1. – Giuseppina Uccellini agiva in confessoria servitutis, innanzi al

Nino Codazzi e Carla Castelli, chiedendo, tra l’altro e per quanto ancora
rileva in questa sede di legittimità, anche l’accertamento positivo del proprio
diritto di creare _un altro accesso da tale strada al proprio fondo, mediante
un’apertura praticata sul muro di confine.
Nel resistere in giudizio i convenuti deducevano che la servitù si era,
almeno in parte, estinta per non uso, e sostenevano che ad ogni modo
l’apertura del nuovo accesso ne costituiva aggravamento, ai sensi
dell ‘art.1067 c.c.
1.1. – Il Tribunale, accertata l’esistenza della servitù, dichiarava tuttavia
illegittima, per violazione di quest’ultima norma, la creazione del nuovo
ingresso tra il fondo dominante e quello servente.
1.2. – Tale decisione era riformata dalla Corte d’appello di Milano, con
sentenza n.870 /1″u del 23.3.2010, resa, per la parte appellante, nei confronti
di Giuseppe e Pietro Trentarossi, quali eredi di Giuseppir9 Uccellini,
deceduta nelle more.
Premesso il giudicato interno sull’esistenza della servitù, la Corte
territoriale riteneva che la maggiore intensità del transito su di una strada
privata gravata da servitù di passaggio non determinava di per sé un
aggravamento della condizione del fondo servente, aggravamento che doveva
essere valutato caso per caso per verificare se l’innovazione avesse alterato
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Tribunale di Lodi, a tutela del passo gravante su di una strada di proprietà di

la servitù così come prevista nel titoto costitutivo. Osservava, quindi, nella
specie, che la servitù, contrattualmente costituita per tutta l’estensione della
strada e per la costante larghezza di sei metri, fosse intrinsecamente destinata
non già ad un vano passeggio, ma all’accesso al fondo dominante, in difetto

caratteristiche e alle funzionalità essenziali del proprio tipo.
2. – Per la cassazione di tale sentenza Nino Codazzi e Carla Castelli
propongono ricorso, affidato a due motivi.
2.1. – Resistono con controricorso Giuseppe e Pietro Trentarossi.
3. – Col primo motivo d’impugnazione i ricorrenti deducono l’omessa e
contraddittoria motivazione circa la definizione delle modalità di esercizio
della servitù sul fondo servente, in relazione all’art.360, comma 1 n.5 c.p.c.,
sul presupposto di fatto che l’atto costitutivo della servitù nulla stabilisce sul
relativo esercizio, ma si limita a prevedere sulla striscia interposta tra i due
fondi un generico “diritto di accesso di transito”, senza ulteriori
specificazioni. Quindi, richiamata giurisprudenza di questa Corte sul
carattere sussidiario delle disposizioni di cui agli artt.1065 e 1067 c. c., si
sostiene che “la legge non vieta che l’autonomia negoziale delle parti
imponga pesi alla proprietà, ma, ove tali aggravi non siano stati oggetto di
accordo, sarà necessario verificare, al.fine di dichiararne la legittimità, la
conformità degli stessi alla disposizione dell ‘art.1067 c. c., valutando “caso
per caso, in relazione alle concrete circostanze” l’alterazione ael la servitù”.
Il motivo prosegue, quindi, con l’affermazione che “nel caso di specie la
Corte di Appello di Milano (..)finisce per ritenere legittima l ‘apposizione di
un nuovo passo carraio in virtù dell’atto costitutivo, non considerando
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di che la servitù stessa sarebbe risultata menomata rispetto alle

l’inammissibilità della coesistenza dei suddetti principi, per loro natura
alternativi, nella determinazione delle modalità di esercizio della servitù di
passaggio”.
3.1. – Il motiv-o è inammissibile perché non individua in maniera chiara il

formulare la censura parte ricorrente opera un ‘insistita commistione a) tra le
modalità di esercizio della servitù conforme al titolo, che attengono
dell’accertamento dell’estensione del diritto (art.1065 c. c.), e l’aggravamento
della condizione del fondo servente (art.1067 c. c.); e b) tra il peso, che nel
linguaggio del codice civile indica il contenuto di ogni servitù (art.1027 c. c.),
e il relativo aggravio, che per sua stessa definizione non è negoziato, ma
deriva dell’iniziativa unilaterale del proprietario del fondo dominante.
Tale imprecisione si ripercuote non. a caso sull’oscura conclusione della
critica, il cui senso sfugge ad un comprensibile inquadramento logicogiuridico.
4. – Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1065, 1067 e 1362 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.
Quand ‘anche si ritenesse pacifica l’applicazione congiunta dei criteri di cui
agli artt.1065, primo inciso e 1067 c.c., la Corte d’appello avrebbe operato
un’applicazione distorta di tali norme, avendo ignorato in toto la comune
intenzione delle parti, limitandosi, al contrario, a valutare il solo senso
letterale delle parole utilizzate, in netto contrasto con il noto criterio
ermeneutico dettato dall’art. 1362 c. c. In particolare, sostiene parte
ricorrente, sia dagli atti di causa, sia dalla c.t.u. svolta in primo grado,
risulta che sin dall’atto d’acquisto l’attrice, sig.ra Uccellini, aveva
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fatto controverso e decisivo oggetto del vizio motivazionale “dotto. Nel

provveduto a edificare il muro di recinzione sul lato sud-est apponendo un
solo ingresso, attraverso il quale è stata da sempre esercitata la servitù. Tale
condotta avrebbe, pertanto, dovuto indurre i giudici d’appello a colmare il
contenuto dell’ambigua indicazione contenuta nell’atto costitutivo della

senza operare un’arbitraria interpretazione estensiva delle parole adoperate
nell’atto stesso. Sostiene, inoltre, parte ricorrente, che sia 1’art.1065 c. c., sia
l’art.1067 c. c. indicano quale criterio di determinazione delle modalità di
esercizio della servitù quello del minor aggravio per il fondo dominante,
aggravio che, nella specie, sarebbe considerevole perché mediante la
creazione di un nuovo accesso il traffico si incrementerebbe in maniera
“esponenziale”.
4.1. – Il motivo (in disparte i profili di puro fatto cui impropriamente si
affida) è infondato per molteplici ragioni.
4.1.1. – In base alla giurisprudenza di questa Corte, in tema di
interpretazione del contratto, il di merito, nel rispetto degli artt. 1362
e 1363 c. c., per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti,
deve preliminarmente procedere all’interpretazione letterale dell’atto
negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonché delle une per
mezzo delle altre, dando contezza in motivazione del risultato di tale
indagine. Solo qualora dimostri, con argomentazioni convincenti,
l’impossibilità (e non la mera difficoltà) di conoscere la comune intenzione
delle parti attraverso l’interpretazione letterale, potrà utilizzare i criteri
sussidiari di interpretazione, in particolare il comportamento delle parti
successivo alla conclusione del contratto ed il principio di conservazione
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servitù in conformità “all’esecuzione per anni posta in essere dalle parti”,

(Cass. n. 9786/10; circa il carattere prioritario e fondamentale dell’analisi
letterale, cfr. nn. 21797/08, 2759/08, 15949/04, 14495/04, 10972/04, 4129/03,
11609/02, 10250/00, 10106/00, 13104/99, 11574/97, 5715/97, 2372/96,
1487/94 e 5406/91).

letterale delle espressioni adoperate dalle parti del contratto costitutivo del
diritto, è pervenuta alla conclusione per cui la servitù, riguardando la strada
per l’intero suo percorso, può essere esercitata anche utilizzando l’intero
locus. Conclusione, questa, non aci’eguatamente attaccata, per le ragioni
esposte sopra al ,¢ 3.1., sotto il profilo della sufficienza e logicità della
motivazione che la sorregge.
4.1.2. – La creazione di altro accesso dal medesimo fondo dominante allo
stesso fondo servente deve ritenersi di regola ammessa.
Infatti, il divieto previsto dall’art. 1067 c. c. per il proprietario del fondo
dominante di fare innovazioni che rendano più gravose le condizioni di quello
servente non impedisce al primo di apportare modifiche al proprio fondo che
assicurino il miglior uso dello stesso, con i soli limiti eventualmente previsti
dal titolo costitutivo e dalla normalità dell’uso e con il divieto – in ipotesi di
servitù di passa,-,o – di consentire il passaggio stesso a terzi estranei (così,
Cass. n. 5685/88, la quale ha ritenuto che non aggravasse la servitù di
passaggio costituita su una strada a favore di un condominio il fatto che fosse
stato aperto nel fondo condominiale un altro varco di accesso alla strada
stessa; in senso conforme, v. n. 747/83).
4.1.3. – Infine, in tema di limiti posti all’esercizio del diritto di servitù
dall’art. 1067 c. c., la questione della violazione del divieto di innovazioni che
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La Corte territoriale si attenuta a tale principio. Esaminato il tenore

comportino aggravamenti della condizione del fondo servente è prospettabile
allorché tale conseguenza vietata si C9-?figuri rispetto alla regolamentazione
del diritto ricavabile con certezza dal titolo – o, in difetto, dai surrogatori
criteri legali -, ma non quando il preteso aggravamento concerna modalità di

oggetto di specifica controversia portata all’esame del giudice (Cass. n.
5548/94, relativa a fattispecie in cui si discuteva dell’ubicazione e
dell’andamento del tracciato stradale di una servitù di passaggio).
Nel caso di specie, a ben vedere e al di là del richiamo alla norma
dell ‘art.1067 c. c., la Corte lombarda si è limitata proprio a individuare le
modalità di esercizio del diritto non espressamente previste dal titolo,
ritenendo che nella servitù fosse inclusa a favore del fondo dominante la
possibilità di un ulteriore accesso alla strada, oltre a quello già in essere.
5. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con
ordinanza, nei sensi di cui sopra, a termini dell ‘art. 375, n.5 c.p.c.”.
Il – Le considerazioni svolte nella memoria depositata dalla parte ricorrente
non valgono a indurre una soluzione diversa da quella proposta nella
relazione, che la Corte condivide.
In particolare, non è fondata l’obiezione secondo cui la Corte d’appello
non avrebbe considerato, in violazione dell’art. 1362 c.c., il comportamento
complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto, vale a
dire la circostanza che l’allora proprietaria del fondo dominante aveva
provveduto a edificare il muro di recinzione sul lato sud-est apponendo un
solo ingresso, tramite il quale, poi, era stata da sempre esercitata la servitù.

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esercizio della servitù non determinate dal titolo e la cui individuazione sia

Infatti, a) il comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione
del contratto, che può aver rilievo a fini di ermeneutici ex art. 1362, cpv. c.c.,
è di regola solo quello comune alle parti, perché soltanto quella comune è
l’intenzione contrattuale che il giudice deve indagare, di guisa la condotta

se da un comportamento posteriore alla conclusione del contratto possa
enuclearsi un dato contenuto del regolamento negoziale è quaestio facti non
valutabile in sede di legittimità, se non attraverso un’eventuale censura volta a
far valere il vizio della motivazione sottesa all’accertamento compiuto dal
giudice di merito. Nella specie, però, il secondo motivo (che è quello
direttamente connesso alla questione interpretativa del contratto costitutivo
della servitù) non contiene alcuna censura ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., né
le considerazioni (peraltro di puro fatto, e come tali inammissibili) svolte a
pag. 4 della memoria possono modificare o ampliare i motivi
d’ impugnazione .III – In conclusione il ricorso va respinto.
IV – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della
parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che
liquida in £ 1.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 10.1.2013.

successiva di ut, gola delle parti non è normalmente significativa; b) stabilire

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