Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10848 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. I, 23/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 23/04/2021), n.10848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11040/2017 proposto da:

Island Refinancing S.r.l., e per essa Cerved Credit Management S.p.a.

(già denominata Jupiter Asset Management S.r.l.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Germanico n. 101, presso lo studio dell’avvocato Piazza

Luciano, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Besa S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

B.A., nella qualità di socio unico e legale rappresentante

della suddetta società nonchè in proprio e quale erede di

B.E., elettivamente domiciliati in Roma, Corso Vittorio Emanuele

II n. 229, presso lo studio dell’avvocato Di Pietro Ugo,

rappresentati e difesi dall’avvocato Accetta Sebastiano, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

B.N., Unicredit S.p.a.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 169/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 21/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2021 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la controversia ha per oggetto un’opposizione a decreto ingiuntivo notificato nel 1990 alla Besa s.r.l. e ai fideiussori B.A. ed E. da parte della (allora) Cassa di risparmio V.E. per le province siciliane, a titolo di saldo debitore di due conti correnti di corrispondenza alla data del (OMISSIS), aumentato degli interessi e degli accessori risultanti dai contratti di apertura di credito;

l’opposizione, dopo vicissitudini processuali che non interessano in questa sede, venne accolta dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto (dinanzi al quale si era costituita Sicilcassa s.p.a. nel frattempo subentrata all’ingiungente) per mancanza di prova dell’entità del credito azionato;

propose gravame il Banco di Sicilia, in veste di successore di Sicilcassa;

per quanto ancora rileva la corte d’appello di Messina (dinanzi alla quale si erano costituiti gli appellati anche con appello incidentale), rinnovata la c.t.u. rigettava i gravami;

ricorre per cassazione Island Refinancing s.r.l., quale successore a titolo particolare del Banco di Sicilia, deducendo due motivi; hanno replicato con controricorso la Besa s.r.l. e B.A.; è invece rimasto intimato B.N., erede di B.E. medio tempore deceduto; le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., L. n. 141 del 1938, art. 102, art. 111 Cost., art. 2907 c.c., artt. 99 e 112 c.p.c., giacchè la corte d’appello non avrebbe fatto buon governo delle disposizioni relative all’onere della prova; le addebita, in particolare, di non aver attribuito alla documentazione prodotta in giudizio efficacia probatoria del credito azionato e di aver rilevato d’ufficio la nullità di alcune clausole dei contratti di conto corrente, in violazione del principio dispositivo e del contraddittorio;

II. – il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato; occorre premettere che nel complesso la censura si incentra sull’affermazione secondo la quale gli ingiunti avevano ammesso “di riconoscere e di non fare oggetto di alcuna contestazione i saldi formatisi fino alla data del (OMISSIS)”;

la ricorrente assume che su tali saldi, da aversi per riconosciuti, gli ingiunti avevano chiesto di applicare le condizioni convenute e accettate mediante i contratti a stampa allegati in monitorio, nella piena consapevolezza che, per effetto della chiusura dei conti, nessun’altra operazione avrebbe potuto essere eseguita sui medesimi, salva la contabilizzazione delle competenze debitorie successivamente maturate;

a suo dire, in dipendenza di tali ammissioni, la prova del credito avrebbe dovuto ritenersi certa alla data di chiusura dei conti correnti medesimi ((OMISSIS)) “in forza della produzione degli estratti di saldaconto” e “della lettera di ricognizione di debito in data (OMISSIS)”, dovendo l’onere della prova in capo all’istituto essere definito dai limiti dell’avversa contestazione; sicchè, in relazione a tali risultanze, la scrittura ricognitiva impediva – tale è la tesi – di rilevare d’ufficio le nullità del rapporto fondamentale;

III. – sennonchè la prima parte dell’affermazione si risolve in una critica di merito, mentre l’altra si palesa in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte;

dalla sentenza si evince che gli opponenti, introducendo il giudizio, avevano dedotto l’inammissibilità del ricorso in monitorio per incertezza e illiquidità del credito azionato, e che il tribunale aveva accolto l’opposizione perchè la banca non aveva adeguatamente provato tale credito;

in appello la banca aveva tra l’altro lamentato che la c.t.u. non poteva giustificarsi, poichè gli opponenti avevano dedotto tardivamente la nullità parziale dei contratti di conto corrente;

se ne desume che la questione della nullità era stata consegnata finanche al giudizio di primo grado, sebbene in base a una deduzione asseritamente tardiva;

IV. – ora la corte d’appello ha affermato la nullità di singole pattuizioni afferenti al rapporto di conto corrente: (i) quella relativa “alla determinazione del saggio ultralegale per il periodo anteriore al 7-3-1996” e (ii) quella relativa “alla capitalizzazione trimestrale degli interessi”;

V. – questa Corte si è da tempo attestata sul principio per cui la nullità negoziale è rilevabile anche d’ufficio sotto qualsiasi profilo, anche ove sia configurabile una nullità speciale o “di protezione”, e perfino nelle ipotesi di impugnativa negoziale (v. Cass. Sez. U. n. 26242-14);

tanto più lo è la nullità ove si sia in presenza di domande basate sulla validità del contratto;

come sottolineato dalle Sezioni unite, il potere di rilievo officioso della nullità pur sempre spetta, in tale prospettiva, al giudice investito del gravame relativo a controversia sul riconoscimento di una pretesa che supponga la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione, la quale controversia sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, ovvero senza che le parti abbiano finanche discusso, di tali validità ed efficacia – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda e integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c. (v. Cass. Sez. U. n. 7294-17, Cass. n. 19251-18 e altre);

ne segue che non può dirsi che la corte d’appello abbia errato nella rilevazione della nullità;

essa ha mantenuto le proprie considerazioni nel perimetro di una valutazione probatoria rispondente ai criteri legali di ripartizione – valutazione della quale la ricorrente pretende una inammissibile revisione in questa sede;

e difatti la corte territoriale ha ritenuto: (a) in sè non probante il certificato di saldaconto al di fuori del procedimento monitorio, con ciò allineandosi all’insegnamento per cui della L. 7 marzo 1938, n. 141, art. 102, limita il valore probatorio dell’estratto di saldaconto (costituente documento diverso dagli estratti conto veri e propri) al procedimento monitorio, mentre nel successivo procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo siffatto documento può assumere rilievo solo come elemento indiziario, la cui portata è liberamente apprezzata dal giudice nel contesto di altri elementi ugualmente significativi (v. Cass. n. 6705-09, Cass. n. 14357-19); (b) che anche ad ammettere che la lettera menzionata dalla banca costituisse riconoscimento di debito, tale riconoscimento doveva estendersi alla sola questione della esistenza del rapporto sottostante, salva le conseguenze dell’invalidità di alcune clausole a esso relative;

la prova dell’invalidità in particolare, riguardando l’avvenuta illegittima capitalizzazione trimestrale di interessi passivi e la pattuizione legittimante l’ammontare del tasso, la corte d’appello ha ravvisato in ciò: che la messa in atto della capitalizzazione illegittima non era stata dalla banca neppure contestata e che la pattuizione relativa a un tasso superiore a quello legale, da praticarsi al rapporto nei singoli periodi, non era stata fornita dalla banca medesima, che ne era onerata; e, come detto, è vero che l’onere conseguiva alla contestazione del credito in sè operata con l’opposizione a decreto ingiuntivo, dalla quale era derivato il dovere del giudice di rilevare la nullità parziale del contratto anche d’ufficio;

VI. – in tali affermazioni non si annidano errori di diritto, non potendo minimamente sostenersi che il potere-dovere accertativo del giudice del merito in ordine alla nullità delle singole clausole incidenti sulla ricostruzione dei saldi sia inibito dal fatto che l’andamento del rapporto, nascente dal contratto di conto corrente, risulti incontroverso secondo i termini preliminari discendenti dalle contabilizzazioni attestate dalla banca;

per poter giungere alla rettifica di un saldo è sempre necessario muovere da un dato iniziale, e tale è normalmente il cd. saldo-banca; è però del tutto ovvio che la mancata contestazione in sè di un tale saldo non vuol dire che non si possa contestare la validità delle pattuizioni contrattuali su di esso incidenti; nè può inibire la conseguente rettifica una volta accertate quelle invalidità;

VII. – col secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1422 e 2946 c.c., per avere l’impugnata sentenza negato ogni valenza all’eccezione di prescrizione sull’infondato rilievo che le deduzioni formulate dagli opponenti, di invalidità delle singole anzidette clausole e di conseguente rideterminazione del saldo del conto, non ne fossero soggette;

il motivo è infondato;

la corte d’appello ha motivato la decisione osservando che avrebbe potuto discorrersi di prescrizione solo relativamente alla domanda di ripetizione dell’indebito, domanda che non era stata proposta dagli opponenti, i quali si erano limitati a far valere la nullità delle clausole contrattuali col fine di ottenere il rigetto dell’avversa pretesa creditoria;

la ricorrente contesta l’affermazione perchè a suo dire la corte territoriale avrebbe dovuto tener conto che il ricalcolo delle competenze contabilizzate e la conseguente rettifica del saldo produce per il debitore “gli stessi effetti di quelli che conseguono ad una domanda di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte a titolo di interessi e commissioni di cui venga ritenuta la nullità”; in particolare sostiene che l’interpretazione del giudice del merito sarebbe irragionevole, in quanto postulerebbe di concludere che il correntista può trarre un beneficio maggiore dalla proposizione di un’azione di semplice ricalcolo rispetto a quello che otterrebbe avanzando anche quella di ripetizione;

VIII. – codesta tesi non possiede minimo costrutto, essendo invece assolutamente evidente la differenza che corre tra l’azione posta in essere a tutela del credito derivante dall’indebito pagamento di somme (credito soggetto a prescrizione decennale intermedia, dalla data dei singoli versamenti, ove vi siano stati pagamenti in senso proprio, con funzione solutoria: Cass. Sez. U. n. 24418-10) e l’azione viceversa posta a scopo di mero accertamento del saldo finale di un conto come conseguenza della nullità di clausole a esso relative;

tale azione, che sia promossa, come accaduto nella specie, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, al limitato fine di ottenere il rigetto dell’avversa pretesa facente base sul saldo finale di un conto alla data di chiusura, presidia un diritto soggettivo suscettibile di prescrizione ordinaria decennale (art. 2946 c.c.) con decorrenza dalla medesima data di chiusura del conto (art. 2935 c.c.), tale essendo quella a partire della quale il diritto alla rettifica di un saldo finale può essere esercitato;

nel concreto risulta dal ricorso (pag. 15) che il conto venne chiuso in data (OMISSIS), e che l’opposizione al decreto ingiuntivo, contenente la domanda di accertamento del saldo rettificato, venne introdotta nel 1990;

IX. – le spese processuali seguono la soccombenza e ne va disposta la distrazione (art. 93 c.p.c.) in favore dell’avvocato della parte controricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00, per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Dispone la distrazione delle spese in favore dell’avv. Sebastiano Accetta.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

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