Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10848 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. II, 05/05/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 05/05/2010), n.10848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26240/2004 proposto da:

G.D.C.L.S.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. CADLOLO

118, presso lo studio dell’avvocato RIPARI Nicolò, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati SPAGNA MARCELLO, LA

ROSA SALVATORE;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE UBERTO BONINO & MARIA SOFIA PULEJO in persona del

legale

rappresentante pro tempore;

– intimata –

sul ricorso 1473/2005 proposto da:

FONDAZIONE UBERTO BONINO & MARIA SOFIA PULEJO (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA., VIA PERTOLONI 2 6/B, presso lo studio

dell’avvocato DORIA GIOVANNI, rappresentato e difeso dagli avvocati

FALZEA ANGELO, ARENA SALVATORE RUGGERO;

– controricorrente ric. incidentale –

e contro

G.D.C.L.S.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 504/2003 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 04/12/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato LIPARI Nicolò difensore del ricorrente che si

riporta agli atti;

uditi gli Avvocati FALZEA Angelo, ARENA Salvatore Ruggero, difensori

del resistente che si riportano agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per rigetto del ricorso principale,

rigetto ricorso incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con atto di citazione notificato il 19 febbraio 1993, G. d.C.L.S.F. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Messina la Fondazione Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo, chiedendo: a) dichiararsi la Fondazione convenuta decaduta, per non aver eseguito l’inventario nei termini di legge, dal diritto di succedere, quale erede testamentaria, a P.M. S., deceduta il (OMISSIS), e, quindi, dichiarare aperta la successione legittima della de cuius e dichiarare la devoluzione dell’eredità in favore dell’attore, unico erede legittimo, il quale aveva manifestato la volontà di accettare l’eredità; b) dichiarare che il patrimonio relitto dalla de cuius era costituito da una serie di appartamenti e botteghe; c) condannare la Fondazione a rilasciare detti beni in favore dell’attore; d) condannare la Fondazione a rendere il conto del godimento di tali beni ed a corrispondere i frutti percetti e percipiendi di tali beni dalla data di apertura della successione, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria. Il G.O.A. del Tribunale di Messina, con sentenza in data 13 marzo 2001, dichiarò inammissibile la domanda volta all’accertamento della inefficacia dell’accettazione ereditaria operata dalla Fondazione;

rigettò le ulteriori domande dell’attore, dichiarò la validità dell’acquisto da parte della Fondazione, per la disposizione contenuta nel codicillo in data 13 agosto 1972, e “in subordine a titolo di usucapione abbreviata o almeno ordinaria”, dei beni immobili della de cuius; rigettò le domande risarcitorie avanzate in via riconvenzionale dalla Fondazione.

2. – Avverso tale sentenza l’attore propose gravame, che fu respinto dalla Corte d’appello di Messina con sentenza depositata il 4 dicembre 2003.

Per ciò che ancora rileva nella presente sede, la Corte territoriale riconobbe in capo all’appellante la legittimazione attiva all’azione di petizione della eredità di P.M.S., ritenendo, per un verso, accettazione espressa della eredità medesima la assunzione del titolo di erede operata dal G. nelle procure generali alle liti rilasciate in data 10 ottobre 1980 e 15 ottobre 1980; per l’altro, affermando la legittimazione dell’appellante a far valere la eventuale decadenza della Fondazione dal beneficio di inventario e dunque dal diritto di accettazione dell’eredità, sulla base della negazione della tesi secondo la quale i soli legatari ed i creditori del defunto, e non anche i coeredi, sarebbero legittimati a far valere detta decadenza.

Sul punto della natura della attribuzione testamentaria in favore della Fondazione, la Corte ritenne la questione non preclusa dal giudicato richiamato dall’appellante, di cui al giudizio definito con sentenza della Cassazione 11 luglio 1980, promosso da P.M. E. e proseguito dal figlio ed erede G. nei confronti dell’Istituto Opere di Religione al fine di conseguire l’eredità di L.R., zia della P., in cui era stata chiesta la declaratoria di inefficacia della disposizione testamentaria con la quale la de cuius aveva nominato erede l’istituenda fondazione ” G. e L.R., in memoria del fratello V. marchese di Cassibile” ed esecutore testamentario l’I.O.R., e la devoluzione dell’eredità alla P. quale erede legittima. In tale giudizio, era intervenuta la fondazione Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo, assumendo di essere, per successione di M.S. P., anch’essa nipote della de cuius, erede legittima in pari grado di P.M.E. nella successione di R. L., chiedendo la devoluzione dei beni ereditari anche in suo favore.

Ebbene, la Corte di merito escluse che il giudicato di cui alla sentenza di questa Corte che aveva posto fine al giudizio ricordato precludesse la cognizione e la decisione della questione relativa alla natura istituzione di erede o legato – dell’attribuzione testamentaria disposta in favore della Fondazione Bonino-Pulejo. Ciò in quanto, per un verso, posto che la cosa giudicata riguarda l’oggetto del processo, individuato attraverso i soggetti, il petitum e la causa petendi, nella specie il precedente giudizio, rispetto a quello in cui era stato invocato il giudicato, presentava differente petitum, causa petendi e in parte differenti soggetti; per l’altro, il punto della decisione della Corte d’appello di Roma relativo alla natura dell’attribuzione testamentaria di P.M.S. in favore della Fondazione risolto nel senso che questa fosse stata chiamata all’eredità anche di L.R. quale erede di P.M.S., era stato impugnato per cassazione dal G. ed, essendo stato il relativo motivo di ricorso dichiarato da questa Corte assorbito ed in concreto non esaminato, la questione era rimasta impregiudicata.

La Corte d’appello messinese, esclusa, dunque, la invocabilità del giudicato da parte del G., ritenne, invece, legataria, e non erede, la Fondazione Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo, per aver avuto l’attribuzione di cui si tratta ad oggetto singoli beni immobili, mentre nel testamento era stato istituito erede universale il marito della P.: nomina confermata nel codicillo del 13 agosto 1972, che conteneva lasciti a favore di vari legatari, il cui soddisfacimento era posto a carico del B. in quanto erede universale.

Al riconoscimento del titolo particolare dell’attribuzione testamentaria a favore della Fondazione, con relativo acquisto di diritto, senza necessità di accettazione, da parte della stessa dei beni immobili alla stessa attribuiti, conseguiva la infondatezza della domanda dell’appellante volta alla dichiarazione della decadenza della Fondazione, per tardiva redazione dell’inventario, dalla qualità di erede di P.M.S. ed al conseguimento da parte del G. quale erede legittimo dei beni in questione.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il G. sulla base di un unico motivo, illustrato anche da successiva memoria. Ha resistito con controricorso la Fondazione Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo, che ha proposto altresì ricorso incidentale e depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Deve, preliminarmente, procedersi, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., alla riunione dei ricorsi, in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza.

2. – Con l’unico, articolato motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

L’affermazione della Corte di merito secondo la quale la questione relativa alla qualificazione come istituzione di erede o legato della attribuzione testamentaria disposta dalla de cuius in favore della Fondazione Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo non sarebbe stata preclusa dal giudicato richiamato dall’appellante sarebbe censurabile per difetto di motivazione, per non aver tenuto conto che la eccezione di giudicato aveva riguardato non una, ma due distinte sentenze di questa Corte fra loro connesse; per violazione di legge, per non aver considerato che la modalità di svolgimento dei due precedenti giudizi non consentiva di negare la preclusione del giudicato in funzione della asserita diversa struttura soggettiva ed oggettiva dei medesimi. Rileva anzitutto il ricorrente che dalla sentenza di questa Corte n. 4442 del 1980 – quella presa in considerazione dal giudice di secondo grado per negare che in essa si fosse formato il giudicato in ordine alla qualificazione di erede da attribuire alla predetta Fondazione con riferimento alla successione testamentaria di P.M.S. – emerge la lacunosità della decisione impugnata, avuto riguardo alla circostanza che l’attribuzione alla stessa Fondazione della qualifica di erede aveva già formato oggetto di due distinte pronunce di giudici di merito, nei quali si era altresì escluso che essa avesse potuto validamente accettare l’eredità, attesa la intempestiva redazione dell’inventario, e che entrambe tali questioni avevano formato oggetto di un ricorso incidentale della Fondazione, rigettato da questa Corte. Inoltre, come già accennato, la Corte di merito aveva pretermesso l’esame di un secondo giudizio in relazione al quale era stata sollevata la eccezione di giudicato, quello, cioè, definito con la sentenza di questa Corte n. 9057 del 1987. Tale decisione era stata originata dalla azione promossa da P.M.E., alla quale era succeduto il figlio G.S.F. nei confronti dell’I.O.R. in veste di esecutore testamentario, perchè venisse accertato il proprio diritto in qualità di parente più prossima della de cuius, a succedere a L.G.: nel relativo giudizio era intervenuta la Fondazione, dichiarandosi erede di P.M.S., ed aveva chiesto, sul presupposto che quest’ultima fosse, a sua volta, erede legittima di L. G. di pari grado con l’attrice, che le venisse riconosciuta la metà dell’asse ereditario della de cuius. In tale giudizio, questa Corte aveva, da un lato, confermato la interpretazione accolta da entrambi i giudici di merito in ordine alla qualifica di erede di P.M.S. da attribuire alla Fondazione; dall’altro, aveva riconosciuto l’intervenuta prescrizione del diritto di quest’ultima di accettare l’eredità. Alla luce di tali precisazioni – osserva il ricorrente – , sarebbe erronea la conclusione cui era pervenuta la Corte di merito, atteso che non era esatto nè che i soggetti dei due giudizi fossero diversi, in entrambi contrapponendosi le stesse parti ( G. e la Fondazione), nè che essi avessero un diverso petitum, che era sempre la petizione di eredità, nè che presentassero una diversa causa petendi, in entrambi le pretese azionate basandosi sullo stesso titolo, e cioè l’attribuzione alla Fondazione della qualità di erede di P. M.S..

3.1. – La censura è fondata.

3.2. – Costituisce consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che, allorquando due giudizi tra le stesse parti vertano sullo stesso rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento già compiuto in ordine a una situazione giuridica e la soluzione di una questione di fatto o di diritto che abbiano inciso su un punto fondamentale comune ad entrambe le cause e abbiano costituito la logica premessa contenuta nel dispositivo della sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del primo (v., ex multis, Cass., sentt. n. 11365 del 2006, n. 19317 del 2005, n. 4352 del 2004).

Nella specie, in cui i giudizi da prendere in esame ai fini della decisione sulla eccezione di giudicato sollevata dal G. sono ben tre, e cioè quello presente e quelli definiti con le due richiamate sentenze di questa Corte n. 4442 del 1980 e n. 9057 del 1987, le parti tra le quali essi sono stati instaurati sono le stesse (il G. e la Fondazione), come identico è il rapporto giuridico oggetto dei giudizi (la successione di P.M. S.), e l’accertamento concernente l’attribuzione alla Fondazione della qualità di erede di P.M.S., coperto da giudicato per effetto delle due menzionate sentenze di questa Corte, costituisce un punto fondamentale comune ai tre giudizi, rappresentando, come esattamente rilevato dal ricorrente, la logica premessa del suo concorso nella successione di P.M.S. nel presente giudizio, e nelle successioni di entrambe le defunte L.R. e L.G. nei giudizi già conclusi.

La Corte di merito non avrebbe dovuto, pertanto, proporre una nuova valutazione sul punto.

3.3. – Nè può ritenersi che essa non sìa stata messa in grado di rilevare la eccezione di giudicato con riferimento ad entrambi i giudizi indicati: il ricorrente ha, infatti, riportato testualmente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, i brani delle proposte difese in appello nei quali sì faceva ampio riferimento a tali giudizi.

4. – Passando all’esame del ricorso incidentale condizionato, con il primo motivo di esso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 475, 476, 480 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Avrebbe errato la Corte di merito nel riconoscere la legittimazione del G. a proporre l’azione di petizione dell’eredità di P.M.S. ravvisando nelle procure generali alle liti dallo stesso rilasciate in data 10 ottobre 1980 e in data 15 ottobre 1980 in favore di due legali – nelle quali egli si definiva erede legittimo della donna – una ipotesi di accettazione dell’eredità di P.M.S.. Nella specie, non ricorrerebbero, invece, nè l’ipotesi di cui all’art. 475 cod. civ., nè quella di cui all’art. 476 cod. civ.. Entrambe le disposizioni, che disciplinano l’accettazione dell’eredità – si rileva – richiedono che l’accettante sia un chiamato all’eredità, che sia, cioè, un soggetto rispetto al quale sussista una vocazione ereditaria. E, poichè alla vocazione legale si fa luogo solo ove manchi una vocazione testamentaria, nel caso di specie, esistendo un testamento, non sarebbe potuta ricorrere una vocazione legittima a favore del G. tale da legittimarlo ad un atto di accettazione dell’eredità. Del resto, l’intenzione dell’attore, nel rilasciare le procure di cui si tratta, sarebbe stata quella di porsi nell’ambito della categoria dei successibili, e non di assumere il titolo di erede, non essendo dirette le stesse procure a proporre pretese rispetto all’eredità della Signora P..

5.1. – La doglianza, che sembra riprodurre quella già svolta in sede di giudizio di appello – sia pure attraverso la peculiare prospettazione della non configurabilità in capo al G. della posizione di chiamato all’eredità, in presenza di un testamento che avrebbe escluso la possibilità che egli succedesse alla de cuius – , è destituita di fondamento.

5.2. – Come è agevole considerare, non può disconoscersi la sussistenza in capo ad un soggetto, che appartenga ad una delle categorie dei successibili ex lege, e che abbia posto in essere un atto di accettazione dell’eredità, di un interesse all’accertamento della validità dell’attribuzione testamentaria in favore di altro soggetto.

5.3. – Inammissibile risulta, poi, la critica all’inquadramento, operato dalla Corte territoriale, nella figura dell’accettazione dell’eredità della assunzione, da parte del G., della qualifica di erede nel rilascio della procura generale alle liti, trattandosi dell’apprezzamento della volontà insita nella dichiarazione in tale occasione resa dallo stesso, e, quindi, di un apprezzamento di merito, non censurabile nella presente sede di legittimità.

Del resto, non va obliterata la circostanza – messa in luce nella parte narrativa – che il G., nel convenire in giudizio la Fondazione Uberto Bonino e Maria Sofia Pulejo, aveva chiesto dichiararsi la Fondazione convenuta decaduta, per non aver eseguito l’inventario nei termini di legge, dal diritto di succedere, quale erede testamentaria, a P.M.S., e, quindi, dichiarare aperta la successione legittima della de cuius e dichiarare la devoluzione dell’eredità in suo favore, essendo egli unico erede legittimo, ed avendo manifestato la volontà di accettare l’eredità.

5.4. – In sede di discussione, la difesa della controricorrente ha poi dedotto il difetto di interesse del G. a ricorrere per intervenuta usucapione.

5.5. – La censura non può trovare ingresso nel presente giudizio, in quanto la circostanza non è mai stata fatta valere nelle fasi precedenti, nè nel ricorso. Senza considerare che essa appare implicitamente esclusa dalle precedenti sentenze cui si è fatto dianzi riferimento.

6. – Con la seconda censura oggetto del ricorso incidentale, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 505 cod. civ., con conseguente omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. La Corte d’appello di Messina avrebbe ulteriormente errato nel ritenere il G. legittimato, in quanto coerede, a far valere l’eventuale decadenza della Fondazione dal beneficio d’inventario, laddove l’u.c. dell’invocato art. 505 cod. civ., dispone che in ogni caso detta decadenza può essere fatta valere solo dai creditori del defunto e dai legatari e non opera ipso aure, dovendo essere dichiarata con pronuncia giudiziaria: sicchè la domanda del G. sarebbe improponibile. Infatti, la decadenza dalla successione, per le persone giuridiche diverse dalle società, ha come presupposto la decadenza dal beneficio d’inventario, e poichè tale decadenza, come avvertito, non opera ipso iure e deve essere pronunciata dal giudice, finchè non vi sia un creditore dell’eredità o un legatario che chieda la declaratoria di decadenza, e finchè questa non venga pronunciata sulla rispettiva istanza, non può essere pronunciata la decadenza dal diritto ereditario.

7.1. – La doglianza, che, come la precedente, riproduce sostanzialmente uno dei motivi di appello, non è meritevole di accoglimento.

7.2. – La Corte territoriale ha correttamente ritenuto che nella specie si trattasse non già di stabilire se vi fosse stata accettazione con beneficio di inventario o pura e semplice per decadenza dal beneficio, ma piuttosto di accertare se si fossero verificate le condizioni cui era subordinata per legge la valida accettazione dell’eredità da parte della Fondazione ed, in caso negativo, stabilire che alla P. era succeduto il G. quale erede legittimo: accertamento cui quest’ultimo non poteva non ritenersi avere un interesse tutelabile.

8. – Conclusivamente, il ricorso principale va accolto, mentre deve essere rigettato quello incidentale. La sentenza impugnata va cassata, e la causa rinviata ad altro giudice – che si designa nella Corte d’appello di Palermo, e al quale è demandato altresì il regolamento delle spese del presente giudizio – che riesaminerà la controversia alla luce della considerazione che l’accertamento concernente l’attribuzione alla Fondazione Uberto Sonino e Maria Sofia Pulejo della qualità di erede di P.M.S. risulta coperto dal giudicato.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, rigetta quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Palermo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

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