Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10843 del 17/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 17/05/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 17/05/2011), n.10843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato DI AMATO ASTOLFO,

rappresentato e difeso dall’avvocato STANGA Domenico, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI SPA, quale impresa designata per la Regione

Campania dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada, in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato CALDORO MARIA

FRANCESCA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGALDI Renato,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3325/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

dell’8/10/09, depositata il 13/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito per la controricorrente l’Avvocato MAGALDI RENATO che si

riporta agli scritti;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che nulla osserva.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p. 1. C.C. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 13 novembre 2009, con la quale la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello da lui proposto avverso la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che aveva rigettato la domanda intesa ad ottenere dalla s.p.a. Assicurazioni Generali, quale impresa designata dal F.G.V.S., il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza di un sinistro stradale a suo dire avvenuto fra la moto da lui condotta ed un veicolo rimasto non identificato.

Al ricorso ha resistito con controricorso l’intimata.

p. 2. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, la quale è stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p. 1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., sono state esposte le seguenti testuali considerazioni:

“(…) 3. – Il ricorso appare inammissibile per plurime gradate ragioni.

3.1. – La prima discende dal fatto che esso, sia in riferimento al primo motivo – deducente violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. – sia in riferimento al secondo motivo – deducente violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 19, e segg. – si fonda sulle emergenze di una serie di risultanze istruttorie (prove testimoniali, una denuncia-querela ed una cartella clinica) riguardo alle quali non fornisce l’indicazione specifica richiesta dall’art. 366 c.p.c., n. 6, nei termini ritenuti dalla ormai consolidata giurisprudenza della Corte (e di cui a Cass. sez. un. n. 28547 del 2008 e, da ultimo, fra tante, Cass. sez. un. n. 7161 del 2010), astenendosi tanto dal riprodurre il contenuto di esse, quanto dall’indicare la sede del giudizio di merito in cui si sarebbero formate o – per i documenti – sarebbero stati prodotti, quanto del se siano state prodotte e dove e siano, quindi, esaminabili in questa sede di legittimità, anche agli effetti dell’osservanza dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

3.2. – La seconda ragione di inammissibilità riguarda il primo motivo e sussiste perchè nella sua illustrazione non si rinviene alcunchè di riconducibile alla denunciata violazione dell’art. 116 c.p.c.. Ciò, alla stregua del principio di diritto, secondo cui poichè l’art. 116 cod. proc. civ. prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure che il legislatore prevede per una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi). La circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il prudente apprezzamento della prova è censurabile solo ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (Cass. n. 26965 del 2007; in senso conforme: Cass. n. 20112 del 2009).

Nella specie, denunciando il motivo l’erronea valutazione di emergenze istruttorie, si sarebbe dovuto prospettare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, ed inoltre lo si sarebbe dovuto fare senza disconoscere la logica del giudizio di appello, che nei limiti dei motivi prospettati, consente ed anzi impone al giudice di procedere a nuova valutazione delle emergenze istruttorie (cosa che il primo motivo invece lamenta).

Anche il secondo motivo non risponde alla sua intestazione, perchè non individua una violazione delle norme denunciate, ma nuovamente prospetta vizi di ricostruzione della quaestio facti, come tali riconducigli all’art. 360 c.p.c., n. 5.

3.3. In fine, entrambi i motivi risultano non solo privi di specificità (attesa la genericità dei riferimenti su cui poggiano) e, pertanto per tale ragione inammissibili (si veda, in termini, Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi), ma anche del tutto privi di aderenza con la motivazione della sentenza impugnata, che ignorano sul punto (decisivo) in cui ha argomentato dalle dichiarazioni rese ai sanitari dal C.”.

p. 2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione.

Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemilaseicento, di cui Euro duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2011

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