Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10840 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. I, 23/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 23/04/2021), n.10840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3035/2017 proposto da:

B.B., quale titolare della omonima ditta individuale,

elettivamente domiciliato in Roma, Corso Trieste n. 87, presso lo

studio dell’avvocato Antonucci Arturo, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati Vassalle Roberto, Virgili Francesca, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Intesa Sanpaolo S.p.a., già Banca Intesa S.p.a. (a seguito

dell’incorporazione del Sanpaolo Imi S.p.a. in Intesa Sanpaolo

S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Grazioli n. 15,

presso lo studio dell’avvocato Gargani Benedetto, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Tavormina Valerio, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1178/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

pubblicata il 01/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2021 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 18 febbraio 2009, B.B. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Mantova, la Banca Intesa Sanpaolo s.p.a., chiedendo la condanna della convenuta alla restituzione delle somme indebitamente addebitate sul conto corrente bancario, aperto presso la medesima nel (OMISSIS) ed estinto nel (OMISSIS), a titolo di interessi ultralegali ed anatocistici, commissione di massimo scoperto e valute, a suo dire, mai validamente pattuiti. Il Tribunale adito, con sentenza n. 1192/2011, accoglieva parzialmente la domanda di ripetizione di indebito proposta dal correntista, ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione proposta dalla banca convenuta, che condannava, quindi, al pagamento della minor somma – rispetto a quella di Euro 111.026,57, riconosciuta come dovuta dalla consulenza d’ufficio espletata nel giudizio, in assenza di prescrizione – di Euro 12.193,09, oltre interessi legali.

2. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 1178/2016, depositata dicembre 2016, rigettava sia l’appello principale del correntista, che l’appello incidentale della banca.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso B.B. nei confronti della Banca Intesa Sanpaolo s.p.a., affidato a due motivi. La resistente ha replicato con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, B.B. denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1.

1.1. Il ricorrente deduce di avere, con il primo motivo di appello, censurato la decisione di primo grado, “nella patte in cui aveva ritenuto che la prescrizione decennale del diritto del correntista all’indebito decorresse dalle date dei singoli versamenti”. Con l’effetto di ritenere prescritta la domanda di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c., per il decorso del termine decennale di prescrizione, in relazione ai versamenti non dovuti – poichè effettuati a titolo di interessi extralegali ed anatocistici e di commissione di massimo scoperto non validamente pattuiti – effettuati dal correntista prima del (OMISSIS), essendo stata la domanda giudiziale, interruttiva del corso della prescrizione, proposta il 18 febbraio 2009.

1.2. Sostiene l’istante che la Corte d’appello avrebbe violato la disposizione dell’art. 2697, poichè – a suo dire – incombeva sulla banca, che aveva eccepito la prescrizione, l’onere di provare la sussistenza di un’apertura di credito che rendesse meramente ripristinatorie (e non solutorie, in quanto eccedenti il limite del fido) le suddette rimesse, comportando lo spostamento del decorso della prescrizione dalla data dei singoli pagamenti a quella di chiusura del conto, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. U., 02/12/2010, n. 24418; conf. Cass., 26/09/2019, n. 24051). Lo spostamento della decorrenza del termine di prescrizione avrebbe comportato, ove effettuato, il rigetto dell’eccezione di prescrizione proposta dall’istituto di credito convenuto.

1.2. Il motivo è infondato.

1.2.1. L’azione di ripetizione dell’indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di conto corrente, o la pattuizione di interessi ultralegali, è soggetta, invero, all’ordinaria prescrizione decennale che decorre, in assenza di un’apertura di credito, dai singoli versamenti aventi natura solutoria. Grava sull’attore in ripetizione dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione proposta dalla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio della provvista, sì da spostare l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto (Cass., 30/10/2018, n. 27704; Cass., 30/01/2019, n. 2660).

E’ solo al momento della chiusura del rapporto, infatti, ossia quando il correntista restituisce alla banca gli importi utilizzati, che il pagamento assume natura solutoria, giacchè il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell'”accipiens” (Cass. Sez. U., n. 24418/2010).

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha accertato che l’appellante, sul quale ricadeva l’onere della prova, “pur avendo allegato che il conto sarebbe stato affidato e che non vi sarebbero stati mai sconfinamenti, tuttavia ha fornito prospettazioni ed elementi estremamente generici sul punto”, non essendo sufficiente, al riguardo, l’allegazione della presenza costante di saldi passivi sul conto e della generica previsione dell’art. 6 delle condizioni generali di contratto, che non prevede in modo specifico un’apertura di credito. La Corte ha, quindi, motivatamente concluso per il difetto di prova, da parte del correntista, dell’esistenza operazioni con funzione meramente ripristinatoria, per cui il termine di prescrizione non poteva che decorrere dai singoli versamenti.

1.3. Per tali ragioni, la doglianza non può essere accolta.

2. Con il secondo motivo, B.B. denuncia la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonchè la violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. Deduce l’istante che la Corte territoriale avrebbe – peraltro con motivazione assolutamente carente ed incomprensibile-erroneamente ritenuto nuova, e comunque infondata, la domanda di “depurazione” degli illegittimi addebiti effettuati nel periodo precedente al (OMISSIS), addebiti che – a suo dire – pur non essendo ripetibili, perchè coperti dalla prescrizione, non avrebbero dovuto produrre interessi per il periodo successivo. Il saldo al (OMISSIS) – preso a base del computo delle successive somme ripetibili dal correntista, perchè non coperte da prescrizione conteneva invero l’addebito di interessi extralegali ed anatocistici, che sarebbero andati a comporre il saldo passivo del conto alla data del (OMISSIS), costituente anche il primo saldo negativo del periodo successivo. Di talchè, per il periodo successivo alla data suindicata, non coperto da prescrizione, gli addebiti illegittimi non avrebbero dovuto essere computati.

2.2. La Corte d’appello aveva, per contro, ritenuto la questione inammissibile perchè nuova, ex art. 345 c.p.c. e comunque infondata, in quanto la richiesta operazione di “depurazione” dagli interessi non dovuti relativi al periodo coperto da prescrizione, contabilizzati nel saldo passivo di chiusura di tale periodo, “è inequivocabilmente diretta ad interessare operazioni poste in essere oltre il termine di prescrizione e quindi in violazione della medesima”.

2.3. Ebbene il ricorrente ha correttamente censurato entrambe le rationes decidendi (Cass. Sez. U., 30/10/2013, n. 24469; Cass., 19/12/2017, n. 30393; Cass., 16/06/2020, n. 11675).

2.3.1. La censura relativa alla pronuncia di inammissibilità del motivo, perchè contenente una domanda nuova inammissibile in appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., è da ritenersi fondata. Costituisce, infatti, domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello, soltanto quella che, alterando anche uno soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introduca una “causa petendi” fondata su situazioni di fatto non prospettate in primo grado, inserendo nel processo un nuovo tema di indagine, sul quale non si sia formato in precedenza il contraddittorio (Cass., 27/09/2018, n. 23415; Cass., 11/04/2013, n. 8842).

Nel caso concreto, la domanda proposta in sede di gravame era, per converso, diretta ad ottenere la declaratoria di insussistenza del diritto della banca agli interessi sull’indebito – costituente il saldo negativo iniziale relativo al periodo non prescritto – non più ripetibile per l’intervenuta prescrizione. Si trattava, pertanto, di una questione di puro diritto, non costituente una modifica dei fatti costitutivi della pretesa azionata in giudizio con l’azione di ripetizione, ma diretta a esclusivamente a precisarne il quantum, come tale non costituente certamente una domanda nuova.

2.12. La seconda censura, attinente al merito, è, tuttavia, infondata e non consente, pertanto, l’accoglimento del mezzo. Ben al contrario di quanto afferma il ricorrente, infatti, la motivazione della Corte d’appello sul punto non è “gravemente illogica”, in violazione dell’art. 132 c.p.c., bensì del tutto congrua e comprensibile. L’azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., presuppone, invero, l’inesistenza dell’obbligazione adempiuta, il cui accertamento è, nella specie, precluso, per il periodo fino al 18 febbraio 1999, dalla maturata prescrizione. Pertanto, solo l’efficace in quanto tempestivo – esperimento della condictio indebiti avrebbe potuto consentire l’esclusione dai saldo degli addebiti illegittimi annotati nel periodo coperto da prescrizione.

2.3. Il mezzo non può, pertanto, trovare accoglimento.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, di conseguenza, rigettato, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

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