Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1084 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 30/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1084

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 176-2015 proposto da:

APO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL RISORGIMENTO 14,

presso lo studio dell’avvocato EMILIANO ROSSETTO, che la rappresenta

e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI N. 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2736/01/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI ROMA del 13/02/2014, depositata il 06/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/11/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA VELLA;

udito l’Avvocato EMILIANO ROSSETTO, difensore del ricorrente, che si

riporta alla memoria e insiste per raccoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380-bis c.p.c., valutate le deduzioni difensive svolte nella memoria difensiva di parte ricorrente, osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa ad avvisi di accertamento per Ires, Iva e Irap anno di imposta 2004 notificati sulla base dei cd. “studi di settore”, con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce la “nullità della sentenza impugnata per omessa rinuncia sul motivo di appello relativo alla violazione e falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10 come modificato dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 409, lett. a).

1.1. La censura risulta fondata poichè, come meglio esplicitato nella memoria difensiva ex art. 378 c.p.c., la CTR si è pronunciata solo sulla “eccepita mancata allegazione all’avviso di accertamento dello studio di settore utilizzato”, non anche sulla ulteriore doglianza concernente la mancata indicazione nell’avviso dello scostamento del reddito dichiarato dalla società rispetto alle risultanze dello studio di settore, per due o più periodi di imposta, L. n. 146 del 1998, ex art. 10, non reputandosi sufficiente, a tal fine, l’ellittica considerazione per cui “l’ufficio si è avvalso del medesimo studio utilizzato dal contribuente nella compilazione della propria dichiarazione e deve quindi essere ritenuto a piena conoscenza di tutti gli elementi di cui questo si compone e delle inferenze ricavabili”.

2. Il secondo motivo “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 38 in relazione alla L. n. 146 del 1998, art. 10 ed alla L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies” – è invece inammissibile per difetto di autosufficienza in ordine alla “documentazione inerente la sua posizione” che la contribuente, non appena rientratane in possesso (dopo la denuncia e condanna del tenutario delle scritture contabili per illecita ritenzione) avrebbe “immediatamente prodotta in giudizio” (v. pag. 5 ricorso).

3. Anche il terzo mezzo “violazione e falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies e del D.Lgs. n. 346 del 1992, art. 38” è inammissibile, poichè parte ricorrente assume che la CTR avrebbe “ritenuto che dalla mancata partecipazione della contribuente al contraddittorio discendesse la legittimità e fondatezza dell’accertamento.. a nulla valendo anche le successive, e necessarie, produzioni documentali in sede processuale”, senza però indicare dette produzioni nè cogliere l’opposta ratio decidendi per cui “nella specie il contribuente non ha partecipato alla fase di contraddittorio cui era stato ritualmente invitato nè ha fatto in quella sede conoscere circostanze impeditive che peraltro avrebbero potuto essere prese in considerazione nella fase istruttoria”.

Peraltro, i principi e gli orientamenti giurisprudenziali invocati in ricorso corrispondono a quelli richiamati nella sentenza impugnata, la quale è in linea con il consolidato orientamento di questa Corte in base al quale: 1) “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente”; 2) in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”; 3) “l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte”; 4) “in tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito” (Cass. SU 26635/09; Cass. 12558/10, 23070/12, 27822/13, 3415/15, 21336/15, 17486/16, 11436/16).

5. La sentenza quindi va cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, con rinvio della causa per nuovo esame al giudice d’appello.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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