Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10839 del 17/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 17/05/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 17/05/2011), n.10839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7175/2010 proposto da:

COMPAGNIA TIRRENA DI ASSICURAZIONI SPA IN LCA (OMISSIS), in

persona del Commissario Liquidatore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato

MARTUCCELLI Carlo, che la rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.R. (OMISSIS), F.A.

(OMISSIS), F.T. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA D. CIMAROSA 13, presso lo studio

dell’avvocato TROIANI Marcello, che li rappresenta e difende giusta

procura a margine del controricorso;

F.G. (OMISSIS), F.M.

(OMISSIS), F.O. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA D. CIMAROSA 13, presso lo studio

dell’avvocato TROIANI MARCELLO, che li rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ATERNO 9, presso lo studio dell’avvocato PELLICCIARI

CLAUDIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

FU.RE. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA D. CIMAROSA 13, presso lo studio dell’avvocato TROIANI MARCELLO,

che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.B. detta A., ASSITALIA LE ASSICURAZIONI

D’ITALIA SPA, A.B.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3726/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

21/05/04, depositata il 30/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato Troiani Marcello, difensore dei controricorrenti che

si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Pellicciari Claudio difensore del controricorrente

B. che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che si

riporta alla relazione.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il 16 febbraio 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“1.- Nella causa di risarcimento dei danni conseguente all’investimento della piccola A.M. ad opera dell’automobile condotta da B.L., avvenuto il (OMISSIS), la Corte di appello di Roma, con sentenza n 3726/2009, depositata il 30 settembre 2009 e notificata in data 8 gennaio 2010 – in parziale riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Roma – ha condannato la s.p.a. Compagnia Tirrena Assicurazioni in l.c.a. e la s.p.a. Assitalia, quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, a pagare a F.R., Re., T., A., O. e G., fratelli naturali uterini dell’infortunata, la somma di complessivi Euro 98.000,00 (in aggiunta alle somme liquidate in primo grado in favore dei genitori), oltre interessi e rivalutazione monetaria ed oltre alle spese di lite. Ha altresì disposto che le suddette compagnie assicuratrici fossero tenute a rivalere l’assicurato, B.L., di tutte le somme dovute ai danneggiati, anche per la parte eccedente il massimale assicurato, avendole ritenute responsabili di mala gestio.

La Tirrena propone due motivi di ricorso per cassazione.

Resistono con separati controricorsi B.L., Fu.

R., F.G. e F.A..

2.- Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 1224 e 1917 cod. civ., con riferimento alla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22, nonchè erronea, insufficiente o contraddittoria motivazione, sul rilievo che l’accertamento della mala gestio autorizza a condannare la compagnia assicuratrice oltre il massimale solo per quanto concerne il danno derivato dall’inadempimento degli obblighi contrattuali a suo carico, che nella specie va individuato esclusivamente nell’importo di rivalutazione ed interessi maturati sulla somma dovuta e non corrisposta, oltre che nella rivalutazione del massimale assicurato. La sentenza impugnata, per contro, ha indiscriminatamente posto a suo carico il risarcimento del danno ulteriore, con motivazione pressochè apodittica ed in mancanza di ogni prova del maggior danno che gli appellanti avrebbero subito a causa del ritardato pagamento, come richiesto dall’art. 1224 cod. civ..

2.1.- Il motivo è manifestamente fondato.

Mentre deve essere condivisa la motivazione della Corte di appello nella parte in cui ha ricollegato la responsabilità della compagnia assicuratrice all’entità del ritardo (circa vent’anni) con cui ha provveduto all’indennizzo – trattandosi di circostanza di fatto che di per sè manifesta inadempimento grave ed ingiustificabile, non avendo la Compagnia offerto alcuna prova liberatoria in proposito – erroneamente la Corte ha emesso condanna oltre i limiti del massimale senza distinguere fra l’importo capitale dovuto in risarcimento dei danni ed il danno conseguente al ritardo nel pagamento, che solo deve gravare sull’assicuratore colpevole di mala gestio.

Tale danno va individuato nella svalutazione monetaria verificatasi nel frattempo, sia con riferimento alla somma dovuta in risarcimento, sia con riferimento all’importo del massimale assicurato; negli interessi maturati sulle somme dovute, ed eventualmente nel danno ulteriore che l’avente diritto possa dimostrare essergli derivato dal ritardo nel pagamento (cfr. Cass. Civ., Sez. 3, 11 ottobre 2006 n. 21744; Cass. Civ. Sez. 3, 18 luglio 2008 n. 19919).

3. – Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 237 c.c., e segg. e art. 254 cod. civ., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha attribuito il risarcimento dei danni morali agli appellanti F., qualificandoli fratelli naturali uterini della vittima dell’incidente, in mancanza di ogni prova del vincolo di sangue, cioè del fatto che la madre della vittima, A.M., fosse altresì madre dei suddetti appellanti. La circostanza risulterebbe da un atto di notorietà redatto dalla sola madre, di per sè insufficiente e dimostrare il rapporto di filiazione, mentre la sentenza di primo grado aveva respinto la domanda dei F. proprio perchè questi figuravano di madre sconosciuta.

3.1.- Il motivo è inammissibile, poichè mette in discussione la valutazione delle prove e l’accertamento dei fatti ad opera della Corte di merito, la quale ha congruamente e logicamente motivato la sua decisione con riferimento ai dati anagrafici acquisiti al giudizio.

Nè è richiesto, ai fini del risarcimento dei danni, che il rapporto di sangue risulti accertato con il rigore prescritto per l’attribuzione del corrispondente stato familiare, ed anche la dichiarazione contenuta in un atto di notorietà può essere sufficiente allo scopo; tanto più quando si consideri che la dichiarazione scritta del rapporto di filiazione da parte del genitore può costituire sufficiente presupposto per l’accoglimento dell’azione di dichiarazione giudiziale della maternità.

4.- Propongo che il ricorso sia deciso in Camera di consiglio, con l’accoglimento del primo motivo e il rigetto del secondo”. – La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e ai difensori delle parti.

-Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte.

– Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione dei resistenti di difetto di legittimazione ad impugnare della s.p.a. Tirrena in l.c.a..

L’eccezione, appena accennata nel controricorso e sviluppata nella memoria, si fonda sul fatto che la somma dovuta in risarcimento non viene pagata dalla Tirrena, ma dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, sicchè la Tirrena non avrebbe interesse ad impugnare.

L’eccezione è manifestamente infondata, ove si consideri che la sentenza impugnata ha emesso condanna anche nei confronti della s.p.a. Tirrena in l.c.a., e che tanto sarebbe sufficiente a giustificare il diritto della società di proporre impugnazione, anche a prescindere da ogni ulteriore considerazione.

Va peraltro soggiunto che la compagnia di assicurazione in l.c.a. è parte necessaria della causa di risarcimento dei danni, che deve essere proposta anche nei confronti del commissario liquidatore (L. n. 990 del 1969, art. 23, ult. parte e art. 19, lett. c) ed è soggetta all’azione di rivalsa della compagnia che abbia risarcito il danno, la quale ha il diritto di surrogarsi nei diritti sia dell’assicurato, sia del danneggiato, nei suoi confronti (L. n. 990 del 1969, art. 29): donde anche il ricorrere di un interesse concreto della ricorrente a contestare la responsabilità.

Per quanto concerne il merito del ricorso, il Collegio condivide la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore, che le argomentazioni difensive contenute nelle memorie dei resistenti non valgono a disattendere.

La Corte di appello avrebbe dovuto specificare in base a quali criteri ha quantificato il danno per mala gestio in una somma che supera il massimale assicurato, conformemente ai principi più volte enunciati da questa Corte, secondo cui l’autonoma causa di responsabilità dell’assicuratore del danneggiante nei confronti del danneggiato e dell’assicurato, configurabile in caso di suo colpevole ritardo nell’adempimento, non può essere svincolata dal limite della sua obbligazione, integrante un debito di valuta, limite costituito dal massimale di polizza. Nel caso di incapienza del massimale, la responsabilità dell’assicuratore non può che correlarsi alle conseguenze negative che il ritardo nell’adempimento della sua obbligazione ha provocato, e dunque agli interessi e al maggior danno (anche da svalutazione monetaria, per la parte non coperta dagli interessi) conseguito al ritardo nel pagamento del massimale, che solo entro tali precisi limiti può essere superato (Cass. civ. Sez. 3, 11 ottobre 2006 n. 21744; Idem, 18 luglio 2008 n. 19919).

La Corte di appello avrebbe potuto quantificare il danno da mala.

gestio anche sulla base di presunzioni, traendo argomento dalla svalutazione monetaria sopravvenuta nel tempo intercorso fra la data del sinistro e la data del pagamento dell’indennizzo, come reclamano i resistenti.

Ma avrebbe dovuto dimostrare che la rivalutazione monetaria del massimale, nonchè la rivalutazione monetaria e gli interessi maturati sulla somma dovuta in risarcimento, autorizzano a ritenere che la responsabilità per mala gestio nella specie giustifica il superamento del massimale fino a coprire l’intera somma spettante ai danneggiati in risarcimento dei danni.

Una tale dimostrazione nella specie è del tutto carente.

In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata nel capo corrispondente, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinchè decida la controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati.

Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo motivo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2011

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