Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10838 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. III, 05/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 05/06/2020), n.10838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27560-2019 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO SCALIA,

12, presso lo studio dell’avvocato VALERIO GALLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LIDIA BIANCO SPERONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

14/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che:

G.A., cittadino (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento G.A. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui asl D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Brescia, che l’ha rigettato con decreto in data 14/8/2019;

a fondamento della decisione assunta, il tribunale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) dell’assenza di attendibilità del racconto del ricorrente; 2) dalla mancanza, nel territorio di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 3) dell’insussistenza delle condizioni di vulnerabilità soggettiva del ricorrente ai fini del riconoscimento della c.d. protezione umanitaria;

tale decreto è stato impugnato per cassazione da G.A. con ricorso fondato su tre motivi, illustrati da successiva memoria;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il suo racconto, vieppiù sulla base di una motivazione meramente apparente;

il motivo è infondato;

osserva al riguardo il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante (così come formalmente descritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5);

detta valutazione di credibilità deve ritenersi altresì censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01);

nel caso di specie, fermo l’oggettivo rilievo della congruità logica del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, varrà considerare come il ricorrente abbia propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate, e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

al riguardo, varrà rilevare come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità, dovendo in ogni caso ritenersi che la motivazione dettata dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata sia (non solo esistente, bensì anche) articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo giudice a quo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili al racconto dell’odierno ricorrente e del grado della relativa attendibilità in conformità ai parametri di valutazione legalmente stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

col secondo motivo, il ricorrente lamenta, oltre all’errata valutazione di inattendibilità del proprio racconto, la violazione, da parte del Tribunale, del c.d. dovere di cooperazione istruttoria;

il motivo è infondato;

al riguardo – ferme le considerazioni più sopra riportate, in ordine all’infondatezza della censura riferita alla valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente – varrà considerare come, nel caso di specie, il Tribunale abbia correttamente provveduto ad attivare i propri doveri di cooperazione istruttoria attraverso l’estensione della propria cognizione alle informazioni sul paese di origine dell’odierno ricorrente, dando ampiamente conto delle fonti dalle quali ha tratto le proprie conclusioni circa l’insussistenza, nel Paese di provenienza del ricorrente, delle condizioni legittimanti la sua richiesta di protezione, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 riferendosi a fonti di informazioni specifiche e adeguatamente aggiornate, dalle quali ha tratto la conclusione dell’impossibilità di riconoscere, nella regione di provenienza del ricorrente, situazioni di violenza generalizzata nel quadro di conflitti armati interni;

col terzo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha rigettato la sua domanda di protezione umanitaria, senza tener conto delle condizioni di criticità sociale e istituzionale del paese di provenienza, nonchè del percorso di integrazione da lui intrapreso nel nostro Paese;

il motivo è fondato;

al riguardo, osserva il Collegio come, secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U, Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 – 02);

peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Sez. 1 -, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174 – 01);

nel caso di specie, il giudice a quo, dopo aver sottolineato che la fattiva volontà del ricorrente di inserirsi nel contesto sociale italiano (effettivamente realizzata nel tempo compreso tra la richiesta di protezione internazionale e il suo rigetto) non costituisce, da sola, elemento sufficiente a giustificare il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, e dopo aver rilevato, con riguardo ai fattori oggettivi riferibili alla situazione del (OMISSIS), che, effettivamente, la situazione di tale ultimo paese “presenta più di una significativa criticità sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali della persona”, si è inammissibilmente limitato ad affermare, in termini apodittici, come dette criticità “non sembrano tali da dar luogo a una vera e propria emergenza umanitaria, specialmente nel (OMISSIS)”, trascurando di approfondire e circostanziare tali ultimi rilievi, e omettendo di individuare le specifiche fonti informative suscettibili di asseverare le conclusioni così genericamente assunte;

ciò posto, il discorso giustificativo in tal guisa elaborato dal giudice a quo deve ritenersi tale – al di là dell’assorbente rilievo riguardante la violazione delle norme che presiedono al riconoscimento della c.d. protezione umanitaria – da non integrare gli estremi di una motivazione adeguata sul piano del c.d. minimo costituzionale;

sulla base delle considerazioni che precedono, rilevata la fondatezza del terzo motivo – disattesi i restanti – dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio al Tribunale di Brescia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il terzo motivo; rigetta il primo e il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia al Tribunale di Brescia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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