Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10837 del 23/04/2021

Cassazione civile sez. I, 23/04/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 23/04/2021), n.10837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14813/2020 proposto da:

P.M., G.A., Pe.Mi., elettivamente

domiciliati in Roma, Via Federico Cesi n. 72, presso lo studio

dell’avvocato Marzia Rositani, rappresentati e difesi dall’Avvocato

Raffaele Manfrellotti, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Barberini n. 12,

presso lo studio dell’avvocato Marcello Cecchetti, rappresentata e

difesa dall’avvocato Maria Letizia Falsini, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

contro

B.M.E., C.A., C.E.,

Gi.Do.Il.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 850/2020 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

pubblicata il 23/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2020 dal Cons. Dott. Laura Scalia;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto, in via

principale, rimettersi il ricorso alla pubblica udienza per la

particolarità dei temi involti; in subordine rigettarsi il ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I signori C.M., Gi.Do.Il., B.M.E. e C.A. hanno introdotto davanti al Tribunale di Lucca azione popolare, ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 70 e nelle forme di cui all’art. 702-bis c.p.c., dinanzi al Tribunale di Lucca, chiedendo di dichiarare ineleggibili e incompatibili i componenti del Comitato A.S.B.U.C. (Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico), P.M., Pe.Mi. e G.A., eletti nell’indicata carica per i Comuni di Vagli Sotto e di Stazzema, frazione di Arni, all’esito della consultazione elettorale tenutasi il 15 gennaio 2017, in quanto rispettivamente Sindaco, vice-Sindaco e Consigliere comunale del Comune di Vagli Sotto.

Hanno dedotto i ricorrenti che:

a) il Comune di Vagli Sotto, per delibere del consiglio comunale di cui facevano parte gli eletti, aveva infatti intrapreso contenziosi di carattere amministrativo in cui l’A.S.B.U.C. si era costituta resistendo;

b) all’esito delle elezioni risultava, quindi, violato della D.G.R. n. 52/R del 2015, art. 8, contenente il “Regolamento regionale di attuazione della L.R. n. 2 luglio 2014” che, quanto alle cause di ineleggibilità e incompatibilità degli eletti, rinvia alle previsioni del D.Lgs. n. 267 del 2000 (art. 60, comma 1, nn. 5 e 12, art. 63, comma 1, n. 4 e art. 65, comma 2), equiparando gli eletti del Comitato A.S.B.U.C. alla figura dei Consiglieri comunali.

I signori P.M., Pe.Mi. e G.A. erano pertanto ineleggibili in quanto titolari di organi individuali o componenti di organi collegiali che esercitavano poteri di controllo sulla A.S.B.U.C. e le assunte cariche di presidente e membro del Comitato erano incompatibili con quelle di consigliere comunale.

Nel procedimento hanno resistito i signori P.M., Pe.Mi. e G.A. e si è costituita con intervento adesivo la Regione Toscana per sostenere le ragioni dei ricorrenti e chiedere l’accoglimento della relativa domanda.

Con ordinanza collegiale del 18 gennaio 2019, il Tribunale di Lucca ha dichiarato l’ineleggibilità alla carica assunta, all’esito delle consultazioni elettorali nella incompatibilità con le pregresse rivestite cariche nel Comune di Vagli Sotto, dei signori P.M., Pe.Mi. e G.A..

2. P.M., Pe.Mi. e G.A. hanno proposto appello deciso con la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte territoriale di Firenze ha respinto l’impugnazione, confermando il provvedimento di primo grado.

Il carattere privato delle A.S.B.U.C. consentiva l’affido della disciplina delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità in sede di consultazioni elettorali per il rinnovo dei componenti dei comitati di gestione a fonte di rango secondario, il regolamento n. 52/R del 2015 di attuazione della L.R. Toscana n. 27 del 2014, di disciplina degli enti gestori usi civici, senza che risultasse così violato il principio di riserva di legge previsto per le consultazioni elettorali nazionali (art. 51 Cost.), nella affermata legittimità della legge regionale, espressiva della competenza normativa regionale dovuta al trasferimento di funzioni amministrative da Stato a Regione, e del rinvio attraverso il regolamento a legge statale, il D.Lgs. n. 267 del 2000 (art. 60), e con essa alle cause di ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri comunali.

3. Avverso la sentenza della Corte fiorentina ricorrono in cassazione, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22, comma 10, i signori P.M., Pe.Mi. e G.A. con sei motivi. Resiste con controricorso la Regione Toscana.

Le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c..

Il rappresentante della Procura Generale della Corte di Cassazione ha concluso per iscritto come in epigrafe indicato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti fanno valere la violazione e/o falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 105 c.p.c., comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 70,D.P.R. n. 616 del 1977, art. 66,L. n. 168 del 2017, art. 1 e art. 118 Cost., in cui era incorsa la Corte fiorentina nel ritenere l’ammissibilità dell’intervento volontario adesivo spiegato dalla Regione Toscana.

I giudici di appello avevano erroneamente qualificato come “proprio”, e quindi giustificativo dell’intervento adesivo-dipendente, quanto altro non era, invece, che l’interesse pubblico generale facente capo alla Regione Toscana, sulla corretta composizione del Comitato A.S.B.U.C..

La Corte di merito aveva chiamato a sostegno dell’assunta decisione la normativa descrittiva dell’interesse istituzionale della Regione che, nella sua natura, era destinato a ricevere tutela attraverso l’esercizio del relativo potere amministrativo.

All’indicato fine, per l’impugnata sentenza valeva il richiamo alle previsioni di trasferimento D.P.R. n. 616 del 1977, ex art. 66, alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in tema di agricoltura e foreste compresi gli usi civici, già attribuite dalla L. n. 766 del 1927 ai Commissari per la liquidazione degli usi civici e al Ministero dell’agricoltura e delle foreste, ed all’art. 118 Cost., là dove riconosciuta autonomia statutaria e regolamentare al soggetto gestore – l’Amministrazione separata frazionale o comunale, se ne subordina l’esercizio ai poteri di controllo della Regione che, tenuta a garantire la destinazione e conservazione degli usi civici, può spingersi fino all’eventuale commissariamento del primo.

La Corte di appello aveva così violato del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 70, sulla legittimazione alla proposizione dell’azione popolare, mancando la Regione Toscana di un interesse legittimante l’intervento adesivo autonomo in quanto in stretto collegamento funzionale con il thema decidendum del giudizio che, nell’impugnazione della Delibera di decadenza di un candidato eletto a consigliere comunale, doveva rinvenirsi nella sussistenza, o meno, della causa di ineleggibilità e non nella legittimità dell’operato dell’ente locale rispetto alla procedura.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti fanno valere, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 168 del 2017, art. 1,L.R. n. 27 del 2014, artt. 21 e/o 31, nonchè degli artt. 51 e 3 Cost., L. 278 del 1957, artt. 2 e 4 e dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l).

Si deduce in ricorso l’illegittimità degli artt. 8 e 9 del Regolamento regionale n. 52/R/2015 di attuazione della L.R. n. 27 del 2014, ritenuti nell’impugnata sentenza applicabili agli eletti del Comitato di gestione dell’A.S.B.U.C., Amministrazione Separata per i Beni di Uso Civico, là dove prevedono l’applicabilità all’indicato organismo delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità previste per i consiglieri comunali dal D.Lgs. n. 267 del 2000 e quindi della disciplina sostanziale e processuale prevista dal D.Lgs. n. 267 cit., artt. 70 e 60 e segg..

La Corte di appello aveva ritenuto la natura privatistica dei “domini collettivi”, categoria in cui rientrava anche il Comitato A.S.B.U.C., e in difetto di una legge competente in materia non era applicabile, di contro a quanto erroneamente ritenuto dai giudici di merito, la disciplina legislativa sulle controversie elettorali dettata invece per gli enti territoriali.

La legge della Regione Toscana n. 27 cit. si limitava, all’art. 31, a demandare al regolamento attuativo le sole modalità di indizione delle elezioni per la costituzione ed il rinnovo del comitato e non la materia delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità, in cui il legislatore regionale sarebbe stato privo di competenza.

L’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), riserva infatti alla competenza legislativa statale in via esclusiva la materia dell’ordinamento civile, la giurisdizione e le norme processuali nel cui ambito rientravano con il diritto di elettorato le cause di ineleggibilità ed incompatibilità e la disciplina secondo la quale farle valere.

La previsione di cui all’art. 8 del Reg. n. 52 cit. doveva far ritenere l’applicabilità della normativa sugli enti locali solo in quanto compatibile.

In appello i ricorrenti avevano dedotto, rimarcandone il rilievo pubblico, che, per quanto persone giuridiche di diritto privato, le A.S.B.U.C. concretavano forme di gestione collettivo-comunitarie dei territori, assimilate agli enti pubblici, la cui adozione era finalizzata a favorirne l’accesso ai finanziamenti pubblici nel perseguimento dell’interesse pubblico loro proprio e della qualifica di pubblici ufficiali dei loro componenti.

Se la carica è pubblica, le cause di ineleggibilità e incompatibilità, in quanto limitative del diritto di accesso alle prime, devono rispettare l’art. 51 Cost. e quindi con il principio di uguaglianza quello di riserva assoluta di legge e di tassatività.

Nè la riserva di legge poteva dirsi rispettata per il fatto che il regolamento regionale rinviava in materia di ineleggibilità e incompatibilità alla normativa statale contenuta in un atto avente forza di legge, così il Testo Unico degli enti locali di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, perchè con la tecnica del rinvio il regolamento avrebbe esercitato illegittimamente competenze normative precluse alla regione.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 60, nn. 5 e 12, art. 63, comma 1, n. 4) e art. 65, comma 2, sull’insussistenza delle cause di ineleggibilità/incompatibilità. Nessuna delle ipotesi delle cause di ineleggibilità e incompatibilità disciplinate dal D.Lgs. n. 267 del 2000, come richiamato dal Regolamento regionale n. 52 del 2015, erano sussistenti.

Il rinvio era formale, non recettizio e generico. Il Comune di Vagli Sotto era competente solo sul controllo contabile sul bilancio preventivo e consuntivo dell’ente di gestione là dove invece il controllo istituzionale sull’amministrazione era esercitato dalla Regione; perchè possano aversi cause di ineleggibilità e incompatibilità rispetto all’esercizio del potere di controllo, quest’ultimo deve avere natura tecnica e svolgersi sull’amministrazione dell’ente.

I ricorrenti, Sindaco, Vice-Sindaco e Consigliere del Comune di Vagli Sotto, non partecipano, invece, ad alcuna funzione di controllo istituzionale nei confronti dell’A.S.B.U.C..

Le cause di ineleggibilità-incompatibilità operano tra cariche di enti territorialmente distinti che condividono la natura, e non tra enti di diversa natura.

La causa di incompatibilità dovuta alla pendenza di una lite tra il sindaco di Vagli Sotto e l’A.S.B.U.C. non era più sussistente poichè all’esito delle votazioni del maggio 2019 era stato eletto un nuovo sindaco e su siffatta deduzione la Corte di appello aveva omesso di pronunciare.

4. Con il quarto motivo si fa valere la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 87 del 1953, art. 23 e dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l) e lett. s), artt. 51 e 3 Cost..

Si solleva dai ricorrenti questione di non manifesta infondatezza e rilevanza della questione di legittimità costituzionale della L.R. n. 27 del 2014 e, segnatamente, degli artt. 18 e 31.

La sentenza di appello e l’ordinanza di primo grado erano erronee là dove avevano ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riguardo alla l.r. n. 27 del 2014, per violazione delle competenze statali esclusive e concorrenti in materia di ordinamento civile, di proprietà, tutela dell’ambiente, beni culturali e governo del territorio.

La legge regionale indicata aveva autorizzato in bianco la fonte regolamentare a prevedere cause di ineleggibilità e incompatibilità in violazione dell’art. 51 Cost. e la sua illegittimità costituzionale non era esclusa, come erroneamente ritenuto dalla Corte di merito, dall’evidenza che la prima avesse individuato cause di limitazione dell’elettorato passivo rinviando a quelle previste, per un caso diverso, da una legge statale. Per l’adottata tecnica il regolamento avrebbe comunque disciplinato l’elettorato passivo.

5. Con il quinto motivo si deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per la nullità del procedimento ed incompetenza per materia del tribunale.

Il giudizio in materia di composizone dei Comitati di gestione dell’Amministrazione Separata per i Beni di Uso Civico è quello previsto dalla L. n. 278 del 1957, art. 4, dettata in materia di “Costituzione dei Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali” e non quello di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 22 e quello di cui all’art. 702-bis c.p.c..

La L. n. 168 del 2017, entrata in vigore nelle more del giudizio, stabilendo che i “domini collettivi” hanno personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria, ha per ciò stesso reso inapplicabili, per incompatibilità con l’indicata natura e regime, le norme in materia di elezioni degli enti pubblici territoriali.

Una volta venuta meno la competenza della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale, l’applicazione della L. n. 278 del 1957, art. 4, ancora vigente per i Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali, deve intendersi come devolutivi della funzione giurisdizionale alla Corte di appello e non può essere intesa, invece, come implicitamente abrogata dalla normativa statale in materia di ineleggibilità ed incompatibilità degli organi degli enti locali.

6. Con il sesto motivo i ricorrenti fanno valere, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 702-bis c.p.c., comma 1, art. 163 c.p.c., comma 1, n. 3) e art. 164 c.p.c., comma 4 e quindi il difetto di interesse nonchè l’inammissibilità del ricorso per indeterminatezza della domanda.

L’oggetto della domanda dei ricorrenti era indeterminato avendo costoro richiesto l’ineleggibilità e l’incompatibilità dei resistenti alla carica senza distinzione e subordinazione – nella non conciliabilità delle cennate categorie – senza precisare in tal modo il petitum sostanziale della domanda.

7. Deve darsi congiunta trattazione ai motivi primo, secondo e quarto del ricorso venendo per gli stessi in valutazione la materia della natura giuridica dell’ente di gestione denominato Amministrazioni Separate dei Beni di Uso Civico (A.S.B.U.C.) e con essa della disciplina delle cause di incompatibilità ed ineleggibilità dei componenti dei suoi organi collegiali, i Comitati, e del procedimento giurisdizionale all’interno del quale farne valere la sussistenza; il tutto nel costrutto datone, per composizione di norme primarie e regolamentari, dalla Regione Toscana.

Si intersecano per le scelte operate dal legislatore regionale i piani di una normazione primaria, affidata alla L. n. 27 del 2014, e secondaria, il Regolamento adottato per DGR 52/R/2015, della cui legittimità si dubita nel proposto ricorso secondo una duplice prospettiva.

7.1. Da un canto il ricorrente contesta la competenza legislativa regionale a provvedere in materia di eleggibilità ed incompatibilità a cariche elettive e del relativo procedimento e, ancora, di proprietà e diritti reali, nel cui ambito rientra la materia della gestione collettiva dei beni del demanio civico degli usi civici, urtando la prima, si deduce nell’atto difensivo, con la competenza attribuita dalla Costituzione in via esclusiva al legislatore statale in materia di ordinamento civile, giurisdizione e norme processuali nei termini di cui all’art. 117, comma 2, lett. l), normata dallo Stato con la L. n. 278 del 1957, art. 4 e con la L. n. 168 del 2017, che, sopravvenuta ai fatti di lite, ma a questi applicabile in quanto espressiva di un pregresso consolidato principio, ha attribuito natura privata alle A.S.B.U.C..

La natura privata degli organismi di gestione degli usi civici che affida all’autonomia statutaria, loro riconosciuta per legge, la normazione sulla composizione urterebbe vieppiù con una costruzione che ne rinvenga la fonte in un regolamento.

In ricorso il profilo è anche fonte di dubbio costituzionale della normativa regionale in quanto attributiva di una competenza sui diritti in diretto contrasto con quella esclusiva statale.

7.2. Secondo altra prospettiva, pure contenuta in ricorso, si contesta alla disciplina regolamentare, di cui si invoca la disapplicazione ad opera dell’interprete, una illegittima previsione delle cause di incompatibilità ed ineleggibilità a cariche elettorali.

Non sarebbe rispettata per quei contenuti la natura propria della norma secondaria per un denunciato eccesso di delega rispetto alla legge regionale, nella diretta incidenza delle previsioni regolamentari sul diritto all’elettorato passivo, oggetto di riserva di legge (art. 51 Cost., comma 1).

Deve, allora, stabilirsi se la materia attribuita al legislatore regionale, per fonti primarie e secondarie, definisca un complesso normativo pieno ed autosufficiente in cui trovano composizione i diritti in gioco o se a siffatta disciplina normativa si accompagnino, e per quali limiti e contenuti, illegittimità costituzionali, dovutt a conflitti tra competenze legislative regionali e statali (art. 117 Cost.), per invasioni operate dal legislatore regionale in materie riservate in via esclusiva al legislatore statale, e, ancora, illegittimità dovute al mancato rispetto della gerarchia delle fonti, per l’intervenuto affido da parte della legge regionale a norma regolamentare di una materia, quella delle cause di ineleggibilità e incompatibilità limitative del diritto all’elettorato passivo, riservata alla legge (art. 51 Cost.).

8. Nell’insieme delle questioni poste in ricorso, al fine di dettagliare il percorso destinato a darvi soluzione, il primo contesto che viene in valutazione a definizione dell’indagato fenomeno delle proprietà collettive o usi civici è quello costituzionale.

Si tratta di verificare all’interno del sistema di competenze definito dalla Costituzione tra legislatore statale e regionale se la materia degli usi civici resti attribuita all’uno o all’altro ente.

8.1. Va messo in chiaro innanzitutto l’oggetto della materia di riferimento che deve individuarsi non nei diritti, ma nelle funzioni organizzative e di gestione perseguite dalla Regione.

Il D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, dettato sul “Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici” ed il D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, di “Attuazione della delega di cui alla L. 22 luglio 1975, n. 382, art. 1”, sulle materie di alla L. 16 giugno 1927, n. 1766 (contenente, Conversione in legge del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica del R.D. 22 maggio 1924, n. 751, art. 26 e del R.D. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati al R.D.L. 22 maggio 1924, n. 751, art. 2) definiscono infatti la cornice di riferimento all’interno della quale la opera la competenza regionale.

L’indicata normativa richiama la disciplina degli aspetti organizzativi e di gestione del fenomeno degli usi civici che, come tale, rientra nella competenza concorrente delle Regioni; nelle previsioni costituzionali tanto si realizza sul fronte della “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, materia che rientra tra quelle su cui si esercita la potestà legislativa regionale concorrente con quella dello Stato (art. 117 Cost., comma 3).

Il vincolo paesaggistico-ambientale consente l’affermazione della potestà normativa concorrente regionale in materia di usi civici attraverso una più nuova lettura dell’istituto che – non più diretta a favorire l’affrancazione dei beni e già funzionale agli scopi produttivi, a cui si accompagnava la trasformazione del demanio in proprietà libera – persegue, invece, la tutela e conservazione ambientale.

Della connessione dei due piani, quello di disciplina degli usi civici e quello di tutela dei beni ambientali, è espressione il D.L. 27 giugno 1985, n. 312, contenente Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, art. 1, che, nel novellare del D.Lgs. n. 616 del 1977, art. 82, comma 5, lett. h), del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui alla L. 22 luglio 1975, n. 382, art. 1), ha sottoposto a vincolo paesaggistico, rimarcandone il rilievo ambientale, “le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici”, classificazione presente altresì nel D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, comma 1, lett. h), in cui è contenuto il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (Corte Cost. sentenza n. 103 del 2017; Corte Cost. sentenza n. 113 del 2018).

8.2. In siffatta cornice, nella vigenza del Titolo V, Parte II, della Costituzione sia nella versione antecedente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 contenente “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione” che in quella successiva, va invece distinto il regime civilistico dei beni civici che non è passato nella sfera di competenza delle Regioni neppure a seguito dei D.P.R. n. 11 del 1972 e D.P.R. n. 616 del 1977.

La disciplina della titolarità e dell’esercizio di diritti dominicali sulle terre civiche e l’individuazione della natura pubblica o privata dei beni continua ad appartenere all'”ordinamento civile” e quindi alla potestà legislativa statale (art. 117 Cost., lett. l)), (Corte costituzionale sentenza n. 113 del 2018, par. 4 del “Considerato in diritto”).

I diritti esercitati sui beni di uso civico hanno natura dominicale e nei giudizi relativi all’accertamento e all’esistenza di beni del demanio civico qualunque cittadino appartenente a quella determinata collettività è legittimato a svolgere intervento e la sentenza fa stato anche nei suoi confronti, in quanto partecipe della comunità che è titolare degli usi o delle terre demaniali di cui si controverte (Cass. 29/07/2016, n. 15938).

8.3. La Regione può esercitare potestà legislativa in via concorrente con lo Stato nei limiti delle trasferite funzioni amministrative e del fenomeno usi civici potrà normare il profilo relativo all’organizzazione e funzionamento degli enti esponenziali che delle prime ben può intendersi come espressione.

9. Va quindi vagliata la questione relativa alla natura giuridica delle A.S.B.U.C..

9.1. Il fenomeno è quello dei patrimoni di proprietà delle collettività o comunità originarie di abitanti o domini collettivi che, nella rilevante consistenza avuta nel territorio nazionale (si pensi, alle Università agrarie, alle valli di pesca, alle zone montane, ciascuna espressiva di realtà sociali, economiche e giuridiche differenti) vengono gestiti dalle comunità proprietarie a mezzo dei propri organi in conformità dei regolamenti locali, statuti deliberati in assemblea e norme consuetudinarie.

Gli enti esponenziali gestori dei patrimoni della comunità hanno avuto nel tempo denominazioni, qualifiche e regimi giuridici diretti a valorizzare con la natura pubblica dei beni collettivi amministrati – connotati da inalienabilità, inusucapibilità, indivisibilità – l’interesse di tutela per poi divenire – in forza di una scelta del legislatore nazionale ispirata dalla volontà di favorire un più generale processo di privatizzazione delle forme di gestione di beni e servizi pubblici – delle associazioni giuridiche di diritto privato destinate a costituirsi e gestire i patrimoni dei “Domini Collettivi” a norma del codice civile.

9.2. La qualificazione viene da una legge statale, la cd. Legge Montagna 31 gennaio 1994, n. 97 che, all’art. 3, attribuisce alle organizzazioni montane, enti di gestione, comunque denominate, “comprese le comunioni familiari montane di cui alla L. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 10, le regole cadorine di cui al D.Lgs. 3 maggio 1948, n. 1104, e le associazioni di cui alla L. 4 agosto 1894, n. 397”, personalità di diritto privato secondo le modalità stabilite per legge dalle Regioni che, nella riconosciuta l’autonomia statutaria delle organizzazioni, con le proprie disposizioni normative sono chiamate, tra l’altro, a disciplinare “le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell’organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate” (art. 3, comma 1, lett. b), n. 2 Legge cit.).

9.3. Con la L. 20 novembre 2017, n. 168, contenente “Norme in materia di domini collettivi”, superando l’inattività delle Regioni nel dare attuazione alla L. n. 97 del 1994 cit. – là dove si prevedeva che le Regioni avrebbero dovuto provvedere a stabilire le modalità specifiche per conferire la personalità giuridica di diritto privato agli enti gestori (art. 3 cit.) – il legislatore nazionale ha poi riconosciuto espressamente agli enti esponenziali delle collettività, titolari dei diritti di uso civico e della proprietà collettiva, personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria (art. 1, comma 2).

Il legislatore statale ha individuato due diverse modalità di amministrazione e gestione dei patrimoni collettivi e dei diritti di uso civico delle comunità titolari, l’una “ordinaria” e l’altra “residuale” (L. n. 168 del 2017, art. 1, comma 4) rispettivamente affidata ai “Domini Collettivi”, associazioni di diritto privato con piena autonomia statutaria e l’altra ai Comuni con amministrazione e bilancio separati e con rispetto del vincolo a non usare i beni civici in modo difforme dalla loro destinazione là dove non esistono gli enti esponenziali delle comunità.

E’ stabilito altresì che resta nelle “facoltà delle popolazioni interessate di costituire i comitati per l’amministrazione separata dei beni di uso civico frazionali, ai sensi della L. 17 aprile 1957, n. 278” (L. n. 168 cit., art. 2, comma 4) eletti pertanto dalla generalità dei cittadini residenti nel Comune, o nella frazione interessata, ed iscritti nelle liste elettorali comunali, come già previsto dalla L. n. 278 cit. sulla “Costituzione dei Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali”.

9.4. Per gli indicati passaggi l’A.S.B.U.C. si colloca tra le entità organizzata, diverse e separate dal Comune e dalle correlate “Frazioni”, che viene costituita per la gestione separata delle terre e diritti civici o proprietà collettive e con il compito istituzionale di gestire e valorizzare le potenzialità dei beni di uso civico – intesi come proprietà collettiva indivisibile, inalienabile, inusucapibile, inespropriabile – disciplinandone l’accesso e la fruizione nell’interesse collettivo di tutti gli aventi diritto che sono i residenti del Comune o della “Frazione” del territorio comunale, garantendo a questi ultimi condizioni di equità.

9.4.1. Nel descritto complesso fenomeno si assiste alla convergenza di finalità pubbliche, nel rilievo avuto dai beni ed i correlati interessi in tutela, e modalità di gestione, nella riconosciuta personalità di diritto privato di quelle organizzazioni, secondo modelli più agili ed efficaci per il perseguimento dei fini.

Come già rilevato da questa Corte (Cass. SU 24/06/2020 n. 12482, pp. 5 e 6, in motivazione), la connotazione pubblicistica propria dei diritti civici – ed il regime giuridico dei beni collettivi (costituenti il patrimonio o demanio civico) segnato da connotati di inalienabilità, indivisibilità, inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-forestale – alla cui tutela è finalizzata l’operatività delle A.S.B.U.C., non interferisce con la prevista natura giuridica privata di tali enti, che, benchè associazioni private, sono legittimati a contribuire alla tutela di interessi con valenza pubblicistica e al perseguimento, nonchè alla realizzazione di interessi di uguale natura.

Quanto da questa Corte si è in tal modo voluto affermare, con valutazione di sintesi esito di ragionevole ricostruzione di sistema da cui non si ha ragione di discostarsi in questa sede, è che in sostanza, la natura pubblica dei beni non incide sulla connotazione privatistica, espressamente prevista dalla stessa legge, degli enti esponenziali di cui trattasi, la cui autorganizzazione resta, pertanto, improntata sul modello delle associazioni private, e ciò anche in ordine all’attività gestionale e alla struttura interna organica, cui sono funzionali le procedure elettorali.

9.4.2. Poichè allora anche del modello elettorale deve darsi una lettura destinata a piegarsi alla natura privata dell’organizzazione a cui il primo deve conferisce struttura e consistenza, ecco che là dove si faccia questione del procedimento elettorale e di cause di ineleggibilità ed incompatibilità dei candidati componenti i comitati di gestione degli usi civici e dei domini collettivi, a venire in valutazione è ancora un fenomeno privatistico, a cui resta estraneo il principio della riserva di legge di cui all’art. 51 Cost. e rispetto al quale l’adozione del modello elettorale previsto da una legge statale rileva solo quale possibile cornice di disciplina, la cui fonte va rinvenuta nell’autonomia statutaria e nel suo raccordarsi con la legge regionale sulla funzione amministrativa delle organizzazioni sugli usi civici.

9.4.3. E ciò è tanto più vero in quanto, per una sorta di fungibilità di forme e competenze (regionale o statutaria), della L. n. 168, art. 3, comma 7, viene fissato un termine entro il quale le regioni devono esercitare i compiti loro attribuiti dalla L. 31 gennaio 1994, n. 97, art. 3, comma 1, lett. b), nn. 1), 2), 3) e 4), in materia di gestione ed organizzazione degli enti, decorso il quale la competenza passa, nell’autonomia statutaria di cui dispongono, agli enti esponenziali delle collettività titolari, ciascuno per il proprio territorio di competenza, che vi provvederanno con atti propri resi esecutivi con deliberazione delle Giunte regionali.

10. In tale contesto si inserisce la L.R. Toscana 23 maggio 2014, n. 27, contenente la “Disciplina dell’esercizio delle funzioni in materia di demanio collettivo civico e diritti di uso civico” che, espressiva dell’indicata potestà normativa regionale, concorrente con quella statale ex art. 117 Cost., comma 3, in raccordo con la potestà statutaria degli enti di gestione degli usi civici, rinvia al regolamento di attuazione, n. 52 del 2015, le modalità di indizione delle elezioni per la costituzione o il rinnovo del comitato di amministrazione di quegli enti (art. 31, comma 1, lett. c).

10.1. Il “Regolamento di attuazione della L.R. 23 maggio 2014, n. 27 (Disciplina dell’esercizio delle funzioni in materia di demanio collettivo civico e diritti di uso civico)” del 21 aprile 2015, n. 52/R, là dove all’art. 8, titolato sulle “Incompatibilità e ineleggibilità”, al comma 1, prevede l’applicazione agli eletti delle disposizioni in materia di cause di ineleggibilità e incompatibilità di cui alla normativa vigente per i consiglieri comunali e quindi del D.Lgs. n. 267 del 2000, contenente il Testo Unico Enti Locali (TUEL), nella personalità di diritto privato degli enti, non viola la riserva di legge sancita dall’art. 51 Cost., in materia di diritto all’elettorato passivo – di cui sono limitative le cause di ineleggibilità ed incompatibilità, di stretta lettura” alla carica elettorale – o, ancora, la competenza legislativa statale in materia di diritti (art. 117 Cost., comma 2, lett. l)).

10.2. Per quella disciplina non si pone infatti alcuna questione di ordine gerarchico tra fonte primaria e regolamentare o pure di diretta incidenza sull’indicata potestà normativa.

Dalla natura privata delle gestioni irrazionali A.S.B.U.C., che tale resta pur nell’indole pubblica dei beni amministrati e dalla previsione statutaria della loro vita, ecco che il rinvio del regolamento alla legge statale TUEL vale solo ad individuare i contenuti della disciplina senza che vengano in considerazione la natura regolamentare della fonte, la violazione della riserva di legge statale da valere in materia di ineleggibilità e incompatibilità a cariche elettive.

Quelle evocate in ricorso sono regole poste a presidio di una disciplina pubblicistica della materia che è del tutto estranea alle finalità imprenditoriali e di migliore gestione che sostengono invece gli enti privati di gestione degli usi civici e la natura di diritto privato dell’intero fenomeno.

11. I principi esposti depongono altresì per il rigetto della eccezione preliminare sul difetto di legittimazione della Regione Toscana a spiegare in lite atto di intervento in adesione, ex art. 105 c.p.c., comma 2, alle ragioni di coloro che hanno promosso azione popolare D.Lgs. n. 267 del 2000, ex art. 70, per le cause di incompatibilità ed ineleggibilità di cui all’art. 60 D.Lgs. cit..

11.1. L’interesse all’intervento adesivo è infatti, per i rimarcati profili, giuridicamente rilevante, qualificato e contiguo a quello azionato in via principale che, volto a far valere le cause di ineleggibilità e di decadenza dalla carica dei componenti del comitato dell’Amministrazione separata degli usi civici, è espressivo, e resta come tale definito, dell’esigenza di assicurare un immediato e diretto sindacato sulla legittimità dell’azione esercitata dagli enti di gestione.

Non di interesse generale si tratta, come sostenuto dai ricorrenti che su siffatta accezione vorrebbero affermarsi il difetto di legittimazione della Regione Toscana ad intervenire adesivamente in lite, ma di un interesse definito, nella descritta vicenda degli enti gestori degli usi civici a base regionale, da compiute competenze istituzionali, attinto negativamente dal formarsi di un giudicato e che quindi nulla ha a che condividere con interesse indefinito, e come tale di mero fatto, dell’ente alla soluzione di una controversia tra altri pendente (evidenza fotografata invece, e proprio, da Cass. 19/09/2013 n. 21472, citata in ricorso a sostegno della contraria tesi, e relativa ad una controversia tra privati in materia di marchio in cui veniva in valutazione l’interesse generale, non ritenuto legittimante, del Ministero delle politiche agricole a proteggere i consumatori dall’uso ingannevole di una indicazione geografica).

11.2. Nè il profilo dei poteri di controllo attribuiti ex art. 118 Cost., alla Regione sull’operato dell’ente gestore, che pure sostiene nelle conclusioni della Corte fiorentina l’interesse all’intervento adesivo, risulta specificamente contestato in ricorso in cui ci si limita a contestare la motivazione sul punto resa dai giudici di merito (p. 12 par. 1.3.3 ricorso).

12. Il terzo, quinto e sesto motivo di ricorso meritano separata disamina.

13. Si è vagliata la legittimità della disciplina per regolamento regionale sulle cause di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di componenti del comitato di amministrazione delle A.S.B.U.C., quale diretta ricaduta del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni e della disciplina della gerarchia della fonti, nell’affermata natura di persone giuridiche di diritto privato delle A.S.B.U.C..

Si tratta ora di valutare, per il terzo proposto mezzo, se la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.), all’art. 60, comma 1, nn. 5 e 12, art. 63, comma 1, n. 4 e art. 65, comma 2, (a) ineleggibilità a sindaco e consigliere comunale (si legga Presidente e membri del Comitato A.S.B.U.C.) dei titolari di organi individuali e dei componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale sull’amministrazione del Comune; b) incompatibilità tra la carica di Sindaco e di Consigliere comunale (si legga Presidente o membro del Comitato A.S.B.U.C.) con identica carica rivestita in altro Comune; c) incompatibilità tra le cariche di sindaco e di consigliere comunale (si legga Presidente o membro del Comitato A.S.B.U.C.) e chi abbia lite pendente con il Comune, essendo provata l’esistenza di una lite tra il Comune di Vagli in persona del sindaco, P.M., e l’A.S.B.U.C.) valga a definire, con carattere di effettività, altrettante cause di decadenza rispetto ai componenti del comitato di gestione dell’A.S.B.U.C. e se, quindi, meriti censura il giudizio di fondatezza, nel merito, della proposta azione popolare, formulato nell’impugnata sentenza.

13.1. Si contesta dai ricorrenti l’esito della lite e per esso l’applicazione operata dalla Corte di merito delle indicate norme. La disciplina prevista per sindaco e consiglieri comunali in materia di ineleggibilità ed incompatibilità non potrebbe direttamente estendersi alle cariche di presidente e componenti dei comitati A.S.B.U.C. senza essere per ciò “adattata” al distinto indagato fenomeno.

Il rinvio operato dall’art. 8 del regolamento n. 52 del 2015 di attuazione della L.R. n. 27 del 2014, per la dizione ivi utilizzata, “Agli eletti si applicano le disposizioni in materia di (enfasi aggiunta) cause di ineleggibilità e incompatibilità previste dalla normativa vigente per i consiglieri comunali”, conforterebbe, infatti, nel carattere formale e non recettizio del primo, contrassegnato dal richiamo alla “materia” e non alle “singole cause delle/di incompatibilità-ineleggibilità”, una applicazione di quelle disposizioni nei limiti di compatibilità.

13.2. I ricorrenti, inoltre, in quanto Sindaco, vice-Sindaco e Consigliere comunale di Vagli Sotto, non parteciperebbero ad un organo con funzione di controllo istituzionale (per la causa di ineleggibilità prevista dal D.Lgs. n. 267 cit., art. 60, comma 1, n. 5) nei confronti dell’A.S.B.U.C., risultando piuttosto il Comune competente – peraltro attraverso i propri uffici e non già attraverso i propri organi elettivi, collegiali ed individuali – al controllo contabile sul bilancio preventivo e consuntivo dell’ente gestore (L.R. n. 27 del 2014, art. 4 comma 1 lett. b); artt. 31, 24 regolamento n. 52 del 2015).

13.3. L’ineleggibilità di Sindaco e Consiglieri comunali di un Comune è destinata a valere per identiche cariche da rivestirsi rispetto a distinto Comune e quindi tra enti della medesima natura.

13.4. La preclusione dettata dalla lite pendente non opererebbe tra enti, ma andrebbe riferita al caso di persone fisiche che sono parti in giudizio contro l’ente nel quale aspirano ad essere eletti quali consiglieri.

Il motivo è infondato nei termini di seguito indicati.

Il dato letterale non offre occasione di distinguere tra “materia” e “cause” di ineleggibilità ed incompatibilità; la dizione utilizzata dalla norma regolamentare è tale da sostenere in modo chiaro ed univoco, come correttamente ritenuto dalla Corte di appello, l’estensione agli eletti dei comitati A.S.B.U.C. delle cause di ineleggibilità e incompatibilità previste dalla normativa vigente per i consiglieri comunali.

Gli odierni ricorrenti, nominati Presidente e componenti del Comitato A.S.B.U.C., sono ineleggibili in quanto Sindaco, vice-Sindaco e Consigliere comunale del Comune di Vagli Sotto e, ancora, perchè titolari di organi individuali o componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo sulla A.S.B.U.C., tale dovendo intendersi quello contabile di cui alla L.R. n. 27 del 2014, art. 4, comma 1, lett. b), disciplinato all’art. 31 del regolamento n. 52/R/2015, attuato dal Comune sul bilancio preventivo e consuntivo attraverso le proprie articolazioni tecniche, con verifica della correttezza della gestione economico-finanziaria dell’A.S.B.U.C..

Come correttamente afferma la Corte fiorentina non rileva in senso contrario che il controllo contabile venga esercitato dagli uffici tecnici comunali.

La separazione tra attività d’indirizzo e controllo, o attività politica, che spetta agli organi di governo, e quella di gestione, che compete invece alla dirigenza, utile all’efficienza, alla trasparenza e all’imparzialità della pubblica Amministrazione – poichè alla separazione delle funzioni si accompagna autonomia e responsabilizzazione dell’apparato tecnico – lavora nel senso che una volta fissati gli obiettivi e i programmi da parte dell’organo politico, spetterà alla dirigenza svolgere l’attività di gestione, mentre tornerà di nuovo all’organo politico il compito di verifica e di controllo dei risultati raggiunti dalla dirigenza (per gli enti locali, così l’art. 107, comma 1, T.U.E.L.).

L’apporto dell’ufficio tecnico non esautora quindi l’organo politico dei suoi poteri di controllo e tanto basta a dare contenuto a potenziali conflitti, alla cui prevenzione le cause di ineleggibilità sono dirette.

In siffatto ambito motiva correttamente la Corte fiorentina là dove marginalizza il controllo contabile rimesso agli uffici tecnici del Comune evidenziando, altrimenti, il conseguente ed inaccettabile svilimento di ruolo e responsabilità dell’organo politico.

13.5. Nè alcun rilievo assolve un ulteriore profilo della questione sollevata all’interno del terzo motivo e relativo alla non idoneità della riportata lettura a sostenere una causa di incompatibilità/ineleggibilità ex art. 8 regolamento n. 52 cit. restrittiva del diritto all’elettorato passivo, nella dedotta non configurabilità di un conflitto di interessi tra l’A.S.B.U.C., assoggettata al controllo contabile, e l’ente comunale, titolare della relativa funzione di controllo, spettando a quest’ultimo, quale ente esponenziale della collettività, di rappresentare in via ordinaria i titolari dei diritti di uso civico quando questi sono relativi all’intero territorio comunale.

L’assunto non ha pregio perchè anche quando la gestione dei beni di uso civico spetti al Comune, detto ente agisce in amministrazione separata e quindi con gestione amministrativa, contabile e finanziaria che resta distinta da quella ordinaria propria del Comune proprio per non creare confusione ed immedesimazione tra le gestione degli enti collettivi e quelli dell’ente comunale (L.R. Toscana n. 27 del 2014, art. 21; L. n. 168 del 2017, art. 2, comma 4).

Il carattere assorbente del rilievo rende ultronea ogni verifica di fondatezza delle ulteriori questioni sulla incompatibilità alla carica di componente A.S.B.U.C..

14. Il quinto motivo di ricorso sulla nullità della sentenza per nullità del procedimento e incompetenza per materia del Tribunale (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) è infondato.

Come correttamente ritenuto dai giudici di appello, la Giunta provinciale amministrativa, già chiamata a decidere – della L. n. 278 del 1957, ex art. 4, dettata sulla “Costituzione dei Comitati per l’amministrazione separata dei beni civici frazionali” – i ricorsi sulle operazioni elettorali e le cause di ineleggibilità, è organo soppresso in ragione della sopraggiunta normativa statale che ha distribuito tra giudice amministrativo e giudice ordinario la materia delle controversie elettorali, riconoscendo giurisdizione al primo per le cause relative alle operazioni elettorali ed al secondo per le cause di ineleggibilità e incompatibilità degli organi degli enti locali nelle azioni popolari.

In detto contesto, l’art. 9 del Regolamento regionale n. 52/R/2015 là dove prevede che “I ricorsi avverso le operazioni e i risultati elettorali nonchè per motivi di ineleggibilità degli eletti sono disciplinati ai sensi della normativa concernente gli analoghi ricorsi previsti per le elezioni amministrative”” come ancora correttamente apprezzato dalla Corte di appello di Firenze, non fa altro che rinviare alla legislazione vigente sia per l’individuazione del giudice munito di giurisdizione, quello ordinario, che per il modello processuale da seguire, ex D.Lgs. n. 150 del 2011, il tutto in un quadro di rinnovata disciplina normativa, segnato dal trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di usi civici e dall’intervento della legislazione regionale in materia.

Nè tanto urta con l’autonomia statutaria degli enti collettivi sancita dalla L. n. 168 del 2017, qui richiamandosi, in tal senso, i contenuti supra indicati sub n. 9.

15. Il sesto motivo presenta indubbi profili di inammissibilità là dove censura la sentenza di appello nella parte in cui con idonea motivazione la Corte distrettuale ha dato interpretazione al ricorso originario, individuandone il petitum sostanziale e così rigettando l’eccezione di indeterminatezza della domanda sollevata dai convenuti e, del pari, ha disatteso l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse degli originari ricorrenti.

Si tratta di un accertamento di fatto operato dai giudici di merito e come tale non censurabile in sede di legittimità ove sorretto, come indicato, da idonea motivazione.

16. Conclusivamente, la Corte di appello di Firenze, in corretta applicazione degli indicati principi, ha disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum proposto ex art. 1052 c.p.c., comma 2, dalla Regione Toscana, ha rigettato l’impugnazione avverso il provvedimento di primo grado che, in accoglimento dell’azione popolare promossa da C.E., Gi.Do.Il., B.M.E. e C.A. ed ha dichiarato l’ineleggibilità e incompatibilità dei resistenti, odierni ricorrenti per cassazione, P.M., Pe.Mi. e G.A., alla carica di consiglieri dell’A.S.B.U.C. del Comune di Vagli Sotto e di Stazzema, frazione Arni, in quanto, rispettivamente, Sindaco, Vice-Sindaco e Consigliere del Comune di Vagli Sotto.

Il ricorso va pertanto rigettato.

17. La natura delle questioni su cui ha trovato definizione la controversia determina questa Corte a compensare le spese di lite tra ricorrente e Regione Toscana.

Si dà atto che si tratta di procedimento esente dal contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese di lite tra ricorrenti e Regione Toscana.

Dà atto che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2021

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