Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10830 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 05/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 05/05/2010), n.10830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, BIONDI GIOVANNA, giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 761/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/12/2006 r.g.n. 974/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. GABRIELLA COLETTI DE CESARE;

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Avezzano accoglieva la domanda di P.I. – che aveva chiesto, in forza della sentenza costituzionale n. 78 del 1993, la riliquidazione delle rate di pensione relative al periodo dal 1990 al 1999 come effetto della rivalutazione dei contributi versati nella gestione “mutualità casalinghe” – e, conseguentemente, condannava l’INPS al pagamento delle differenze di trattamento risultanti dall’adozione dei coefficienti di perequazione previsti per le pensioni inferiori al trattamento minimo.

L’Istituto previdenziale proponeva appello sostenendo che la Corte costituzionale si era limitata ad affermare l’illegittimità costituzionale della L. n. 389 del 1963, art. 9, nella parte in cui non prevedeva un meccanismo di adeguamento dell’importo nominale dei contributi versati nell’anzidetta gestione e che ciò aveva creato un vuoto legislativo colmato solo con la L. n. 388 del 2000; pertanto nulla poteva essere preteso prima del 1 gennaio 2001, epoca dalla quale, giusta la previsione della citata legge, art. 69, comma 5, decorreva il diritto all’aumento dei trattamenti pensionistici come quello oggetto di causa.

La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza qui impugnata, ha solo parzialmente riformato la decisione di primo grado, nel senso di ritenere più confacente alle indicazioni della ripetuta sentenza costituzionale n. 78/1993 l’adozione del criterio di rivalutazione di cui all’art. 429 c.p.c. e art. 150 disp. att. c.p.c.; ha, quindi, liquidato alla ricorrente un importo inferiore a quello riconosciutole dal Tribunale.

L’INPS ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo.

L’intimata non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 69, comma 5, deducendo: che in base a tale norma l’importo della pensione va determinato utilizzando i coefficienti di conversione in rendita dei contributi versati, rivalutati secondo i criteri indicati dalla stessa disposizione; che – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale – per espressa previsione della stessa legge l’aumento del trattamento pensionistico spetta solo a far data dal gennaio 2001, sicchè nessuna somma compete per i ratei di pensione riferentisi a periodi anteriori a tale data.

2. Il motivo è fondato.

3. Questione controversa è quella degli effetti prodotti, sulle pensioni come quella oggetto di causa, della norma contenuta nella L. n. 388 del 2000, art. 69, comma 5, ai sensi della quale “I contributi versati dal 1^ gennaio 1952 al 31 dicembre 2000 nell’assicurazione facoltativa di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, titolo 4^, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 aprile 1936, n. 1155, nonchè quelli versati dal 13 ottobre 1963 al 31 dicembre 2000, a titolo di “Mutualità pensioni” di cui alla L. 5 marzo 1963, n. 389, sono rivalutati, per i periodi antecedenti la liquidazione della pensione e secondo l’anno di versamento, in base ai coefficienti utili ai fini della rivalutazione delle retribuzioni pensionabili, di cui alla L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, e dal 1^ gennaio 2001 decorrono gli aumenti dei relativi trattamenti pensionistici”.

4. Come osservato da questa Corte in numerose decisioni (cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 13795, 15272, 18287 e 18571 del 2007) , il chiaro tenore della disposizione in esame, la cui prima parte è rivolta a porre rimedio per il passato alla mancata previsione della rivalutazione dei contributi e la seconda a fissare una nuova disciplina per il futuro, impone di ritenere che il legislatore, con una norma retroattiva, abbia esaurientemente disciplinato anche per il passato la rivalutazione dei contributi versati sia nell’assicurazione facoltativa, sia nella “mutualità casalinghe” e i relativi effetti, espressamente limitando alle rate pensionistiche maturate a partire dal gennaio 2001 l’incidenza della prevista rivalutazione dei contributi.

5. Peraltro, anche la questione di legittimità costituzionale che è stata sollevata , in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., rispetto a questo intervento normativo – appunto, per aver escluso ogni incidenza della rivalutazione dei contributi sui trattamenti pensionistici in godimento con decorrenza anteriore al gennaio 2001 – è stata dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 3/2007 sul rilievo che le sue precedenti decisioni nn. 141/1989 e 79/1993, mentre sanzionavano la mancata previsione di meccanismi di rivalutazione dei contributi versati nell’assicurazione facoltativa e nella “mutualità casalinghe (rispettivamente, ai sensi della L. n. 218 del 1952, art. 29, comma 3, e della L. n. 389 del 1963, art. 9), non imponevano alcuna particolare condizione al legislatore, che era dunque libero di individuare, nell’ambito della ragionevolezza, il criterio di adeguamento del valore nominale dei contributi e di definire la concreta incidenza di quell’adeguamento sull’ammontare delle prestazioni erogate in tali forme assicurative.

Ha, ancora, sottolineato il giudice costituzionale che, ai fini di una valutazione della ragionevolezza del sistema attuato dalla norma della L. n. 388 del 2000, la decorrenza degli incrementi dei ratei di pensione rappresenta solo uno degli elementi del complessivo intervento del legislatore, dovendo, al riguardo, considerarsi che le opzioni operate in tema di coefficiente di rivalutazione e di ambito temporale della sua applicazione consentono per il futuro la piena ed effettiva corrispondenza del valore dei contributi versati agli incrementi del costo della vita e che la gravosita per l’erario di simili scelte e la necessità di tener conto del quadro della politica economica generale e delle concrete disponibilità finanziarie rendono non irragionevole la limitazione alla data del 1^ gennaio 2001 della decorrenza degli incrementi pensionistici, peraltro adeguatamente controbilanciata dal vantaggioso coefficiente di rivalutazione adottato e dall’estensione del periodo coperto dalla rivalutazione.

In conclusione, il ricorso dell’INPS va accolto, conseguendone la cassazione della sentenza impugnata, mentre la causa può essere decisa direttamente nel merito da questa Corte con il rigetto della domanda, avendo questa ad oggetto, incontestatamente, la rivalutazione dei ratei di pensione maturati da P.I. dal 1990 al 1999.

L’intimata non è condannata al pagamento delle spese per l’intero processo ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate con il D.L. n. 269 del 2003 (conv.

in L. n. 326 del 2003), nella specie inapplicabile ratione temporis.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di P.I..

Nulla spese per l’intero processo.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA