Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10824 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 05/05/2010, (ud. 10/03/2010, dep. 05/05/2010), n.10824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SCUOLA INTERPRETI I.A.T.I. INTERNATIONAL SCHOOL DI LUIGI D’AURIZIO,

in persona dell’ex titolare D.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 291/A, presso lo studio

dell’avvocato MARCHIONE MAURO, rappresentata e difesa dagli avvocati

VALORI LUCIA, RAIMONDI FELICE, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.D.J., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PRATI

DEGLI STROZZI 32, presso lo studio dell’avvocato PETTI ALESSSANDRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato MANIERI GIOVANNI, giusta procura

speciale rilasciata dinanzi al Consolato Generale D’Italia di New

York (U.S.A.) ed autenticata il 21/07/2006 reg. n. 6785, rep. n. 704

– Reg. 54/06;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 44/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 02/03/2006 R.G.N. 261/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2010 dal Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe;

udito l’Avvocato MARCHIONE MAURO per delega RAIMONDI FELICE;

udito l’Avvocato MANIERI GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello dell’Aquila, riformando la sentenza di primo grado, in accoglimento della domanda di D.D.J., ritenuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra costei e la Scuola interpreti in epigrafe, condannava quest’ultima al pagamento, in favore della D.D., della somma di Euro 15.859,62 a titolo di differenze di retribuzione.

I giudici di appello, premesso che il ricorso introduttivo del giudizio conteneva gli elementi ‘ di fatto e di diritto su cui la domanda era fondata, affermavano che la espletata prova per testi, da cui emergeva l’orario di lavoro e la continuita’ della prestazione, consentiva di dedurre la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e, quindi, tenuto conto del lavoro prestato ed applicando il contratto collettivo invocato, riconoscevano le differenze retributive reclamate.

Avverso tale sentenza la predetta scuola ricorre in Cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima censura la ricorrente, deducendo la nullita’ della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 134 c.p.c., dell’art. 176 c.p.c., comma 2, dell’art. 420 c.p.c., comma 11, dell’art. 82 disp. att. c.p.c. e dell’art. 101 c.p.c. formula il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., cosi’ come introdotto, dal D.Lgs. 6 febbraio 2006, n. 40, art. 6.

Allega che la Corte di appello all’udienza del 29 settembre 2005 sulle ulteriori richieste istruttorie avanzate dalle parti si riservava, senonche’ la relativa ordinanza, resa fuori udienza,^ con la quale veniva disposto il rinvio per la discussione, non venne notificata ad essa ricorrente.

La censura non e’ esaminabile in questa sede.

Invero, e’ principio di diritto, nella giurisprudenza di questa Corte, che in tema di comunicazione dei provvedimenti del giudice, a mente dell’art. 176 c.p.c. le ordinanze pronunciate dal giudice in udienza ed inserite nel processo verbale a norma dell’art. 134 c.p.c. si reputano conosciute, sia dalle parti presenti, sia da quelle che avrebbero dovuto intervenire, e, pertanto, non devono essere comunicate a queste ultime dal cancelliere. A tal fine resta irrilevante che il giudice (nella specie la Corte d’appello in una controversia celebrata con il rito del lavoro) si sia ritirato in Camera di consiglio e abbia dato lettura dell’ordinanza al termine della stessa, in assenza dei legali dalle parti (Cass. 9 maggio 2007 n. 10539).

Nella specie la ricorrente non precisa, nello stesso quesito e nella parte argomentativa, se l’ordinanza, di cui lamenta l’omessa comunicazione, sia stata o meno emessa nel corso dell’udienza di discussione nella quale, sia pure impropriamente, la Corte territoriale si era riservata. Ne’ se tale ordinanza fosse stata o meno inserita nel processo verbale di udienza.

Trattandosi di un punto decisivo era onere della parte ricorrente, ai fini della autosufficienza del ricorso (Cass. 11 luglio 2000 n. 9206) e della specificita’ del quesito di diritto(Cass. S.U. 9 luglio 2008 n. 18759), indicare in maniera esaustiva le circostanze rilevanti ai fini della decisione.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando nullita’ del ricorso introduttivo del giudizio per violazione dell’art. 414 c.p.c., nn. 3 e 4 ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, articola il quesito di diritto di cui al citato art. 366 bis c.p.c..

Allega che la Corte di appello ha desunto la esistenza del rapporto di lavoro subordinato dalla sola circostanza che la D.D. aveva prestato la propria attivita’ in modo continuativo e costante, nel mentre non ha tenuto in alcuna considerazione il fatto che la ricorrente non solo non ha provato, ma neppure ha dedotto, gli altri elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato.

Denuncia la ricorrente la illogicita’ della sentenza impugnata per aver dedotto l’inserimento, nella organizzazione della scuola, dalla sola continuita’ delle prestazioni e per aver ritenuto la soggezione della D.D. al potere direttivo, organizzativo e disciplinare in difetto di ogni allegazione, nel ricorso di primo grado, da parte della stessa ricorrente.

Il motivo per come formulato non e’ esaminabile.

Secondo questa Corte e’ inammissibile il motivo di ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, cio’ costituendo una negazione della regola di chiarezza posta dall’art. 366 bis c.p.c. (nel senso che ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione) giacche’ si affida alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione (V. Cass. 11 aprile 2008 n. 9470 e 23 luglio 2008 n. 20355 e ancora nello stesso senso 29 febbraio 2008 n. 5471).

Nella specie vi e’ allegazione contemporanea, nella stessa censura, dei motivi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 e 4 e, quindi, mescolanza di ragioni attinenti alla nullita’ della sentenza o del procedimento e a vizi della motivazione. Pertanto, anche in questo caso, vi e’ violazione della regola posta dal richiamato art. 366 bis c.p.c. dovendo ciascun motivo illustrare il fatto controverso rispetto al quale si assume l’erroneita’ della decisione impugnata. Ne’ a questa Corte puo’ essere demandato di enucleare da siffatta commistione la parte relativa al difetto di motivazione.

Peraltro, la decisione impugnata, con motivazione corretta sul piano logico e giuridico – e pertanto non censurabile in questa sede di legittimita’- ha indicato, da un lato le ragioni che impediscono di ritenere nullo ex art. 414 c.p.c. il ricorso introduttivo della D. D., e dall’altro la natura subordinata del rapporto di lavoro.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate in Euro 14,00 oltre Euro 2.000,00 per onorario, ed oltre spese, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

 

 

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