Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10820 del 17/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 17/05/2011, (ud. 18/03/2011, dep. 17/05/2011), n.10820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24903/2007 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LORENZO

IL MAGNIFICO 110, presso lo studio dell’avvocato SERRAO BERNARDO

COMPASSO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ELCO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L. G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato MORRICO Enzo e GIOSAFAT RIGANO’, che la

rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5278/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/09/2006 R.G.N. 8960/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/03/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega MORRICO ENZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla Corte d’appello di Roma, P.F., avviata obbligatoriamente al lavoro presso la ELCO s.p.a. in data 14 dicembre 2000, proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 3 febbraio 2004, con cui era stata respinta la sua domanda diretta al riconoscimento dell’obbligo della società alla sua assunzione, con conseguente condanna al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate.

Lamentava in particolare che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto illegittimo l’atto di avviamento in base al successivo provvedimento 5 ottobre 2001 n. 2897 della Provincia di Roma (con cui la società ELCO veniva esonerata dal rispetto degli obblighi occupazionali previsti dalla L. n. 68 del 1999 a seguito di procedura di mobilità attivata dall’azienda in data 5 novembre 1999 presso l’u.r.l.m.o. de L’Aquila).

Si doleva la ricorrente che la valutazione di legittimità doveva riguardare il momento nel quale tale atto era stato emanato dall’u.p.l.m.o. di Roma e non già successivi provvedimenti dell’amministrazione, e che comunque l’esenzione poteva riguardare la provincia dell’Aquila e non già quella di Roma. Si doleva infine della ritenuta illegittimità dell’atto di avviamento perchè adottato dopo tredici mesi dalla data dell’ultimo licenziamento effettuato dalla società ELCO. Costituitasi la società ELCO, la Corte, con sentenza del 28 settembre 2006, respingeva il gravame.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la P., affidato a quattro motivi.

Resiste la ELCO s.p.a. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con primo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 7, così come modificata dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, ravvisato nell’aver ritenuto la Corte d’appello che il provvedimento 5 ottobre 2001 della Provincia di Roma fosse un atto amministrativo di revoca del precedente avviamento al lavoro, che comunque non poteva dispiegare effetti per il passato.

Lamentava che semmai sarebbe stato onere della società ELCO informare l’ufficio di collocamento di Roma circa l’esistenza di condizioni ostative a provvedimenti di avviamento nei suoi confronti.

Formulava il prescritto quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

Con secondo motivo la P. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416 e 420 c.p.c, nonchè dell’art. 5 dell’Allegato E L. n. 2248 del 1865, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio.

Lamentava in particolare la ricorrente che il provvedimento 5 ottobre 2001 era stato prodotto solo in sede di costituzione della società ELCO; era stato tempestivamente contestato, e che esso non proveniva dalla stessa autorità che aveva emanato l’atto di avviamento, sicchè risultava illegittimo e comunque privo di efficacia ex tunc, sicchè doveva comunque essere disapplicato.

Con terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 24, in relazione alla L. n. 68 del 1999, art. 3, comma 5, per avere la corte di merito ritenuto sussistere la sospensione degli obblighi di assunzione per tutto il territorio nazionale e non nell’ambito della sola provincia dell’Aquila.

Formulava il prescritto quesito di diritto.

Con quarto motivo la P. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 1999, artt. 9 e 3, in relazione alla L. n. 223 del 1991, art. 8, comma 1, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, consistente nella circostanza che l’atto di avviamento era stato emesso successivamente alla scadenza del termine di un anno dall’ultimo licenziamento effettuato dalla società ELCO. Lamentava la ricorrente che erroneamente la corte romana aveva individuato tale termine in quello di sessanta giorni dallo spirare dell’anno dall’ultimo licenziamento (18 novembre 1999), mentre, ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 3, la richiesta di avviamento del datore di lavoro si intende presentata anche attraverso l’invio agli uffici competenti dei prospetti informativi, di cui al comma 6, inerenti la situazione occupazionale dell’azienda, ciò che nella specie avvenne l’8 marzo 2000.

2. – I motivi, stante la loro connessione, possono essere congiuntamente trattati e risultano infondati.

Deve in primo luogo osservarsi che, come dedotto dalla stessa ricorrente ed accertato alla Corte d’appello, il provvedimento 5 ottobre 2001 della Provincia di Roma, sia stato prodotto ritualmente dalla società ELCO sin dal momento della costituzione in giudizio, sicchè risulta infondata la violazione delle norme processuali invocate, non essendo, in base ad esse, il datore di lavoro tenuto a documentare le ragioni del suo rifiuto all’assunzione prima del processo.

Quanto all’efficacia del provvedimento (risulta dalla sentenza impugnata che la ricorrente non ha contestato l’atto quale revoca, e tale accertamento non risulta censurato, nè la ricorrente ha allegato o riprodotto nel presente ricorso l’atto di appello, in contrasto col principio dell’autosufficienza) la corte territoriale ha ritenuto di attribuire ad esso valore retroattivo, basandosi sul tenore della dichiarazione in esso contenuta (la società era esonerata dal rispetto degli obblighi occupazionali previsti dalla L. n. 68 del 1999, a seguito di procedura di mobilità attivata dall’azienda in data 5 novembre 1999 presso l’u.r.l.m.o. dell’Aquila;

i lavoratori avviati, erano pertanto stati erroneamente reinseriti in un programma di avviamento straordinario, pag. 2 sentenza impugnata).

Valutata dunque l’insussistenza ab origine dell’obbligo di assunzione, e definendo erroneo l’avviamento eseguito, il provvedimento aveva indubbiamente efficacia ex tunc, non riguardando l’insussistenza delle condizioni di legittimità dell’atto di avviamento da quel momento ma sin dall’epoca in cui venne emesso.

Trattandosi di valutazione in fatto, adeguatamente e logicamente motivata, essa risulta incensurabile in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. 18 luglio 2008 n. 20027, Cass. 9 agosto 2007 n. 17477, Cass. 5 marzo 2007 n. 5066, Cass. 16 gennaio 2007 n. 828).

Deve poi notarsi che il provvedimento promanava dalla stessa autorità che aveva emesso l’atto di avviamento (sempre il servizio collocamento disabili della Provincia di Roma), cui spetta il potere di autotutela, manifestazione della stessa potestà esercitata con l’adozione dell’atto (Cass. 28 agosto 1999 n. 9058).

Quanto alla legittimità del provvedimento, ai fini della sua invocata disapplicazione, la corte territoriale ha correttamente considerato che la L. n. 68 del 1999, art. 3, comma 5 (secondo cui:

“gli obblighi di assunzione di cui al presente articolo sono sospesi nei confronti delle imprese che versano in una delle situazioni previste dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 1 e 3 e successive modificazioni, ovvero dal D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1984, n. 863; gli obblighi sono sospesi per la durata dei programmi contenuti nella relativa richiesta di intervento, in proporzione all’attività lavorativa effettivamente sospesa e per il singolo ambito provinciale. Gli obblighi sono sospesi inoltre per la durata della procedura di mobilità disciplinata dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 4 e 24 e successive modificazioni, e, nel caso in cui la procedura si concluda con almeno cinque licenziamenti – come nella specie – per il periodo in cui permane il diritto di precedenza all’assunzione previsto dall’art. 8, comma 1, della stessa legge” – un anno in base all’ivi richiamato della L. 29 aprile 1949, n. 264, art. 15, comma 6, solo successivamente ridotto a sei mesi dal D.Lgs. n. 297 del 2002, art. 6), prevede, a differenza di quanto stabilito nella prima parte della norma in esame, che in caso di procedura di mobilità disciplinata dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 4 e 24, non sussiste alcun limite territoriale, non essendovi alcun riferimento all’ambito provinciale.

La corte ha poi correttamente evidenziato che la richiesta di assunzione di personale da parte del datore di lavoro deve essere effettuata (L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 1) entro il termine di sessanta giorni dal sorgere del relativo obbligo, che, nel caso di specie, decorreva dall’anno successivo all’ultimo licenziamento del 18 novembre 1999, ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 3, comma 5, sicchè il provvedimento di avviamento era stato adottato durante il periodo di sospensione dell’obbligo di assunzione.

La ricorrente sostiene che, ai sensi della L. n. 68 del 1999, art. 9, comma 3, la richiesta di avviamento del datore di lavoro si intende presentata anche attraverso l’invio (in tesi avvenuto l’8 marzo 2000) agli uffici competenti dei prospetti informativi, di cui al comma 6, inerenti la situazione occupazionale dell’azienda.

Osserva al riguardo la Corte che il menzionato atto di invio dei prospetti informativi non risulta depositato ai sensi dell’art. 369 c.p.c, nè risulta riportato nel ricorso in contrasto col principio dell’autosufficienza, rendendo così la censura inammissibile.

3. – Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 29,00 per spese, Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2011

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