Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1082 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. III, 18/01/2011, (ud. 29/09/2010, dep. 18/01/2011), n.1082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9088/2006 proposto da:

D.B.A. (OMISSIS) in proprio nonchè a

mezzo della CREDIFARMA S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore Dott. G.C., elettivamente domiciliato in ROMA,

LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo studio GREZ, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAROTTA Alessandro giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

GESTIONE LIQUIDATORIA EX U.S.L. (OMISSIS), in persona del

Commissario

Liquidatore pro tempore Prof. Dott. T.M., Direttore Generale

dell’A.S.L. NAPOLI (OMISSIS), considerata domiciliata “ex lege” in

ROMA

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAZZEO Lorenzo giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 529/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Terza Civile, emessa il 17/2/2005, depositata il 25/02/2005,

R.G.N. 647/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

29/09/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO MAROTTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.B.A., in proprio e tramite la procuratrice speciale Credifarma s.p.a., titolare di una farmacia convenzionata con l’USL (OMISSIS) di Napoli, avendo erogato medicinali ad assistiti del servizio sanitario in esecuzione di convenzione approvata con D.P.R. 19 febbraio 1989, come da distinte riepilogative delle ricette, a causa del ritardo nel loro pagamento si era fatto anticipare l’importo dalla Credifarma s.p.a., a cui aveva dovuto corrispondere la maggior somma di L. 146.739.189, di cui L. 56.264.823 per interessi legali e L. 66.568.417 per maggior danno. Pertanto conveniva in giudizio la USL (OMISSIS) e la USL (OMISSIS), obbligate in solido per effetto della L.R. n. 3 del 1992, chiedendo la loro condanna al pagamento della suddetta somma, oltre agli interessi dalla domanda, da ricapitalizzare.

Il Tribunale di Napoli condannava la USL (OMISSIS) a pagare L. 56.264.823 per interessi moratori sugli importi indicati nelle distinte riepilogative, oltre rivalutazione secondo gli indici ISTAT ed interessi legali sulla somma non rivalutata.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 25 febbraio 2005, accoglieva l’appello della ASL Napoli (OMISSIS), Gestione Liquidatoria della USL (OMISSIS), sulle seguenti considerazioni: 1) gli interessi corrispettivi per i debiti della P.A. richiedono l’esigibilità e la liquidità del credito, che diviene tale con la formale emissione del titolo di spesa, pur se l’esigenza di adottare le procedure di contabilità pubblica non giustifica la deroga, applicabile anche alla P.A., al principio della responsabilità del debitore per il tardivo adempimento della prestazione, risarcibile con gli interessi moratori, decorrenti dalla costituzione in mora, anche prima della emissione del titolo di spesa; 2) poichè il pagamento delle obbligazioni degli enti pubblici avviene presso la tesoreria competente anche quando la riscossione avviene mediante accreditamento in e/e, ovvero il mandato di pagamento sia commutato in vaglia cambiario o assegno circolare, va esclusa la mora ex re; 3) pertanto per il sorgere degli interessi moratori il debitore deve esser richiesto dell’adempimento per iscritto ma a tal fine è inidoneo l’invio delle distinte riepilogative, che a norma del D.P.R. 15 settembre 1979, art. 10, il farmacista deve inviare alla USL per consentirle l’elaborazione dei conteggi necessari, poichè è antecedente alla scadenza dell’obbligo di pagamento, che è il 25 esimo giorno del medesimo mese, e quindi non può esser riferito ad un’obbligazione che non è scaduta; 4) neppure le comunicazioni inviate dalla Credifarma, quale mandataria all’incasso, successivamente a dette distinte erano idonee alla costituzione in mora della USL perchè contenevano il richiamo alla decorrenza degli interessi da ritardato pagamento riferito al futuro “… inizieranno a decorrere dal..” ancorchè in relazione alla data di scadenza del termine della distinta, ma senza formulare un’intimazione o richiesta di pagamento, come deve essere la costituzione in mora per avere l’effetto di costituire il presupposto della condotta illecita del debitore; 5) pertanto gli interessi moratori, maggiorati di rivalutazione ed interessi legali, non erano dovuti.

Ricorre D.B.A. in proprio e a mezzo della s.p.a.

Credifarma, cui resiste la Gestione Liquidatoria USL (OMISSIS) di Napoli.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Deducono i ricorrenti: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1182, 1183, 1218, 1219, e 1224 c.c. e della L.R. Campania n. 63 del 1980, artt. 37, 38 e 39, nonchè dei principi generali in tema di pagamenti della P.A. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il locus solutionis non è più l’Ufficio di Tesoreria dell’ente pubblico obbligato, ma il domicilio del creditore, a norma della L.R. Campania n. 63 del 1980, artt. 3 8 e 39. Infatti il primo comma dell’art. 38 dispone che i mandati di pagamento – a favore dei creditori e tratti sulla tesoreria dell’ente pagatore – devono contenere gli estremi dei c/c bancari o postali, ed il luogo ove eseguire il pagamento. Quindi, se la legge prevede l’accreditamento al creditore, il luogo di pagamento non è l’Ufficio di Tesoreria e coincide invece con il domicilio di questi, altrimenti la norma non avrebbe ragion d’essere. L’art. 39 della medesima legge stabilisce che la Tesoreria, con l’emissione dei mandati, non estingue l’obbligo dell’ente, ma in tal modo emette un atto preordinato all’adempimento, che avviene al domicilio del creditore, e tale modalità non è mera semplificazione della riscossione, bensì basata su norme di legge.

Perciò sussiste la mora ex re alla scadenza del 25esimo giorno dall’invio delle distinte riepilogative delle ricette evase.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che le unità sanitarie locali, istituite con la Legge di riforma 23 dicembre 1978, n. 833, con il compito di espletare funzioni e servizi finalizzati alla tutela della salute dei cittadini, sia se intese come soggettività di diritto pubblico, sia come organi dell’ente comunale, hanno natura di enti pubblici, destinate a gestire danaro pubblico avvalendosi di personale parificato a quello dello Stato (anche ai fini della responsabilità contabile), per la realizzazione dei compiti ad esse devoluti e che il rapporto intercorrente tra le USL e le farmacie per l’erogazione dell’assistenza sanitaria sulla base delle convenzioni stipulate a norma di detta legge si inquadra nella concessione di pubblico servizio (S.U. 12077/1992). Perciò da un lato la L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 50, comma 1, ha disposto che le Regioni provvedono con legge a disciplinare la contabilità delle USL;

dall’altro dapprima il D.L. 30 dicembre 1979, n. 633, modificato dalla Legge di Conversione 29 febbraio 1980, n. 33 (nel testo novellato dalla L. 30 marzo 1981, n. 119, art. 35), e poi il D.L. 25 novembre 1989, n. 382, art. 5, comma 1, conv. nella L. 25 gennaio 1990, n. 8, hanno inserito le USL nel sistema di contabilità pubblica con conseguente soggezione al “giudizio necessario” di conto nei riguardi non solo dei suoi di amministratori e dipendenti (R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, art. 44), ma anche di quelli degli istituti di credito, cui le unità medesime affidino il servizio di tesoreria, che le pone nella veste di gestori di quel denaro pubblico, sulla base di un rapporto di servizio (S.U. 3375/1989). Di conseguenza il luogo di pagamento, ai sensi del R.D. n. 827 del 1924, art. 420, in attuazione del R.D. n. 2440 del 1923, è quello ove si trova l’ufficio di tesoreria delegato all’esecuzione del mandato – con esclusione dunque dell’art. 1182 c.c., comma 3 – a cui ciascuna unità ha affidato il proprio servizio e cioè una delle aziende di credito di cui al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 5, che ha l’obbligo di effettuare le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, così incidendo sui rapporti tra le tesorerie delle singole unità e la tesoreria provinciale dello Stato, ma non anche sulla regola generale per la quale il pagamento deve avvenire per il tramite del tesoriere delegato dall’ente debitore (Cass. 8823/2007, 25402/2009, 18377/2010). Nè a diversa conclusione può pervenirsi per i rapporti con le farmacie della Regione Campania in quanto la L. 11 novembre 1980, n. 63, che disciplina, i pagamenti dei medicinali a norma del D.P.R. 15 settembre 1979, artt. 1 e 10 (in attuazione dell’accordo nazionale previsto dalla L. n. 833 del 1978, art. 48) non può derogare ai principi generali in materia di contabilità pubblica, al cui rispetto le Regioni sono tenute a norma dell’art. 117 Cost., e pertanto la previsione in essa contenuta che il mandato di pagamento possa contenere gli estremi dei conti correnti postali o bancari dei creditori e del luogo dove debbano eseguirsi i pagamenti, e che i creditori possano chiedere che si proceda al versamento degli importi dovuti sul proprio conto corrente, non è idonea a modificare il predetto luogo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria della pubblica amministrazione, ma è una disposizione dettata unicamente per facilitare il creditore. Dunque per la maturazione degli interessi moratori è necessaria la costituzione in mora, dovendosi escludere la natura “portable” del credito e la conseguente applicazione del principio “dies interpellat pro nomine”, sancito dall’art. 1219 c.c., comma 2, n. 3, e la censura va respinta.

2.- Con il secondo motivo deducono: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, 1324 e 1362 c.c., nonchè omessa, illogica e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonchè violazione e falsa applicazione dell’accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie approvato con D.P.R. 21 febbraio 1989. Fatto controverso in relazione alla motivazione”.

La Corte, pur avendo riconosciuto che l’atto di costituzione in mora non necessita di specifiche formule, ha poi dato rilievo alla frase contenuta negli atti recanti la dicitura “costituzione in mora”, inviati dalla Credifarma secondo cui “gli interessi di ritardato pagamento inizieranno a decorrere dalla data di scadenza del termine della distinta” assumendo che, essendo il richiamo riferito ad evento futuro, è inidoneo ad intimare il pagamento, pur riconoscendo che tali atti venivano inoltrati dopo la scadenza del debito secondo la convenzione e cioè il 25 di ciascun mese in cui erano state inviate le distinte ripilogative.

Il motivo è infondato.

Ribadito infatti che ai sensi dell’art. 1219 cod. civ., n. 1, per la costituzione in mora della USL (e, per essa, della subentrata Gestione liquidatoria) non è sufficiente che sia scaduto il termine per l’adempimento dell’obbligo, ma è necessario che il creditore – o un suo mandatario – formuli una richiesta scritta di pagamento (Cass. 15697/2008, 9918/2010), i giudici di merito si sono conformati al principio secondo il quale affinchè un atto scritto possa configurare costituzione in mora deve contenere l’esplicitazione di una pretesa, ossia deve manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito – o di un suo mandatario – di ottenere dal debitore il soddisfacimento del proprio diritto, e tale requisito non è ravvisabile in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta formale di adempimento al debitore ancorchè l’atto contenga l’avvertimento che in mancanza decorreranno gli interessi “da ritardato pagamento”, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento.

Pertanto la censura va respinta.

3.- Con il terzo motivo la ricorrente deduce: “Violazione e falsa applicazione del L.R. Campania n. 63 del 1980, artt. 37, 38 e 39, nonchè dei principi generali in tema di adempimento di obbligazioni pecuniarie della p.a. in riferimento all’art. 1224, e segg., art. 1282 e all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Non è condivisibile l’affermazione secondo cui gli interessi corrispettivi decorrono dall’emissione del mandato di pagamento a norma del R.D. n. 827 del 1924, art. 270, poichè la Corte Costituzionale ha affermato la natura regolamentare di tale disposizione inidonea perciò a prevalere sull’art. 1182 c.c., secondo la gerarchia delle fonti stabilita dall’art. 4 preleggi, e pertanto detta norma regolamentare va disapplicata per effetto dell’art. 5 del L.A.C. Perciò dal 25esimo giorno del mese successivo all’invio delle ricette spettano gli interessi corrispettivi ed una diversa interpretazione dell’art. 1182 c.c., per i debiti della p.a.

sarebbe incostituzionale.

La censura è infondata.

Ribadito infatti che detta norma regolamentare è attuativa delle norme primarie, contenute nel R.D. n. 2440 del 1923, per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato, aventi forza di legge, e che una fonte di rango regolamentare di esecuzione ed attuazione di una fonte legislativa può essere abrogata tacitamente da una fonte legislativa soltanto in via riflessa, cioè se questa fonte successiva abbia effetti abrogativi taciti od espressi della fonte legislativa, in esecuzione od attuazione della quale quella regolamentare sia stata emanata, e sempre che quest’ultima abbia contenuti tali che la sua permanenza risulti incompatibile con la sopravvenuta vigenza della nuova legge, questa Corte deve altresì riaffermare che la disciplina dell’art. 1182 cod. civ., non ha potuto abrogare tacitamente quella sui pagamenti dello Stato, tenuto conto che “lex posterior generalis non derogat legi priori speciali” (Cass. 13252/2006).

Nè d’altro canto sussiste contrasto fra le norme che stabiliscono che i debiti pecuniari dello Stato diventano liquidi ed esigibili solo dopo l’ordinativo di spesa e l’emissione del relativo titolo e l’art. 3 Cost., poichè la differenza di trattamento normativo tra debitore privato e pubblico, come le USL, è giustificata dalla circostanza che gli interessi da essi perseguiti, anche nell’attuazione di rapporti obbligatori, sono generali (Cass. 1749/2008) e per questo l’accertamento delle loro obbligazioni è soggetto alla regola secondo cui tutte le spese devono passare per le fasi dell’impegno, della liquidazione, dell’ordinazione e del pagamento onde consentire il suddetto controllo della Corte dei Conti sui relativi atti, sì che da un lato tali disposizioni non costituiscono un illegittimo privilegio, e dall’altro, ai fini della decorrenza degli interessi corrispettivi verso un soggetto a cui si applica la normativa sulla contabilità dello Stato, è necessario stabilire il momento in cui il credito pecuniario è divenuto liquido ed esigibile, ed il relativo accertamento non può prescindere dal presupposto formale dell’emissione del titolo di spesa (Cass. 13859/2002), salva la deduzione della colpevole inerzia dell’amministrazione.

4.- Concludendo il ricorso va respinto. Si compensano le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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