Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10812 del 17/05/2011

Cassazione civile sez. III, 17/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 17/05/2011), n.10812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7470/2009 proposto da:

S.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SICILIA 235, presso lo studio dell’avvocato DI GIOIA

Giulio, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI SPA (già denominata SAI Società

Assicuratrice Industriale S.p.A. d’ora innanzi “Fondiaria SAI”), in

persona dell’Avvocato Aldo Zoppi, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DELLE TRE MADONNE 18, presso lo studio dell’avvocato TUCCILLO

Mario, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRIGNAMI

ALDO giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 482/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Prima Civile, emessa il 19/12/2007, depositata il 08/02/2008;

R.G.N. 10127/2005.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato CAMASSA RAFFAELE (per delega Avvocato DI GIOIA

GIULIO);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono essere così ricostruiti sulla base della sentenza impugnata.

S.C. convenne in giudizio innanzi alla Corte d’appello di Napoli, L. n. 287 del 1990, ex art. 33, Fondiaria s.p.a. chiedendo la restituzione del 20% di Euro 5.250,30, e cioè dei premi pagati nel periodo 1995/2000, in esecuzione del contratto di assicurazione r.c.a. relativo ad un’auto di sua proprietà. Espose che l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato aveva riconosciuto, con provvedimento n. 8546 del 2000, la violazione della L. n. 287 del 1990, art. 2, da parte di 39 imprese assicuratrici, tra le quali la società convenuta; che la violazione, perpetrata attraverso un’intesa orizzontale, aveva comportato un aumento ingiustificato dei premi, come rilevato dall’Autorità Antitrust nel suo provvedimento, confermato successivamente dal TAR del Lazio e dal Consiglio di Stato.

Nella contumacia di Fondiaria, il giudice adito ha rigettato la domanda.

In motivazione ha osservato il decidente che, benchè in via di principio l’esistenza del nesso causale tra la lesione dell’interesse dell’assicurato alla trasparenza del mercato e il danno consistente nella maggior somma pagata a titolo di premio poteva essere presunta, nella fattispecie l’assicuratore aveva dimostrato, attraverso il motivato parere dell’ISVAP, che altri erano stati i fattori che avevano inciso sui prezzi delle polizze, specificamente richiamando il notevole incremento dei costi, superiore di molto alla media europea, sopportato dalle società assicuratrici, in ragione della maggiore onerosità della riparazione dei veicoli, degli incrementi nella valutazione del danno biologico, della crescente sinistrosità.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione S. C., formulando un solo motivo.

Resiste con controricorso Fondiaria SAI s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo l’impugnante denuncia mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione. Deduce che, secondo gli insegnamenti del Supremo Collegio, nel quadro di un’ordinaria azione aquiliana, all’assicurato era sufficiente allegare l’accertamento dell’intesa concorrenziale da parte dell’Autorità Garante, e la polizia contratta, individuando il danno nella maggior somma pagata e la relativa ingiustizia in termini di lesione del proprio interesse alla trasparenza e alla competitività del mercato. Nella fattispecie l’attore aveva soddisfatto gli oneri probatori a suo carico, merce l’allegazione dell’intesa concorrenziale e la produzione in giudizio della polizza contratta. Conseguentemente in maniera affatto apodittica il giudice di merito aveva ritenuto infondata la domanda, alla luce di un ipotetico aumento dei costi asseritamente dovuto a molteplici fattori e non alla pratica vietata.

2. Osserva il collegio che, preliminare e assorbente, rispetto all’esame del merito delle critiche formulate dal ricorrente, è il rilievo della mancata osservanza del disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ., nella interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di questa Corte.

Va premesso che, in ragione della data della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 20091 il ricorso è soggetto, in forza del comb. disp. del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, alla disciplina di cui all’art. 360 cod. proc. civ., e segg., come risultanti per effetto del menzionato D.Lgs. n. 40 del 2006.

In base a tali norme, ove venga denunciato un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione (Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11652).

3 Nella fattispecie invece manca del tutto l’enucleazione in sintesi del le cadute dell’impianto argomentativo della sentenza impugnata in relazione ai profili fattuali della vicenda dedotta in giudizio, posto che l’unico motivo si conclude con l’indicazione degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda, in violazione dei principi, innanzi richiamati, enunciati dalle sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 11652/2008 cit.).

Ne deriva che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 750,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2011

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