Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10812 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. III, 05/06/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 05/06/2020), n.10812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4327-2018 proposto da:

TEC SNC DI T.E. & C., in persona del legale rappresentante

p.t. T.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA

MARINA 1, presso lo studio dell’avvocato LUCIO FILIPPO LONGO,

rappresentata difesa dall’avvocato ABRAMO DI SALVATORE;

– ricorrenti –

contro

COMPAGNIA ITALIANA DI PREVIDENZA ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI SPA,

in persona del legale rappresentante Dott. N.E.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ASOLONE 8, presso lo

studio dell’avvocato MILENA LIUZZI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GELSOMINA MARSILII;

– controricorrente –

e contro

CATTOLICA ASSICURAZIONE SOC COOP, R.A., F.I., EDIL

TRE SNC, TRIVELL FOND SRL, E.E. SRL;

– intimati –

nonchè da:

EDIL TRE DI S.M. in persona del titolare S.M.,

domiciliata ROMA, VIALE DEGLI ORTI GIANICOLENSI 15 presso la SOGEST

S.R.L, rappresentata e difesa dall’avvocato DANILO CONSORTI, ammesso

al grat. Patroc.;

– ricorrente –

contro

CATTOLICA ASSICURAZIONE, R.A., F.I., T.E.C. S.N.C. DI

T.E. & C., TRIVELL FOND SRL, ITALIANA ASSICURAZIONI SPA,

E.E. SRL;

– Intimati –

avverso la sentenza n. 2043/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 9/11/2017, la Corte d’appello di L’Aquila, per quel che ancora rileva in questa sede, tra le restanti statuizioni, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Italiana Assicurazioni s.p.a., e disattese le restanti impugnazioni, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. al risarcimento dei danni subiti dagli attori, R.A. e F.I., a seguito di taluni lavori eseguiti dalla T.E.C. s.n.c. sul proprio fondo (limitrofo a quello degli attori) per mezzo delle società appaltatrici Edil Tre s.n.c., Trivell Fond s.r.l. ed E.E. s.r.l., altresì confermando la condanna delle società appaltatrici (e della Fata Assicurazioni Danni s.p.a., in qualità di mallevatrice della Trivell Fond s.r.l.) a tenere indenne la T.E.C. s.n.c. di quanto da quest’ultima dovuto agli originari attori;

che, con la medesima decisione, la corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha disatteso la domanda proposta dalla T.E.C. s.n.c. per la condanna della Italiana Assicurazioni s.p.a. a tenerla indenne dalle conseguenze della domanda risarcitoria spiegata dagli attori;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come le risultanze probatorie e i rilievi di natura tecnica acquisiti nel corso del giudizio avessero evidenziato la responsabilità della società committente e delle società appaltatrici in relazione ai danni provocati al fondo degli originari attori, conseguentemente confermando la relativa responsabilità risarcitoria (anche in via di regresso) in ragione dei rispettivi inadempimenti accertati, sottolineando come la Edil Tre s.n.c. dovesse ritenersi responsabile in via di regresso per l’intero importo risarcitorio dovuto dalla T.E.C. s.n.c., avendone contrattualmente assunto il corrispondente impegno;

che, sotto altro profilo, la corte territoriale ha evidenziato come il primo giudice avesse erroneamente riconosciuto il dovere della Italiana Assicurazioni s.p.a. di tenere indenne la T.E.C. s.n.c. dalle conseguenze dell’accoglimento dell’originaria domanda degli attori, tenuto conto che la polizza conclusa dalla T.E.C. s.n.c. con la Italiana Assicurazioni s.p.a. era stata stipulata in epoca successiva alla verificazione dei danni de quibus, con la conseguente estraneità del fatto dannoso dedotto all’ambito della copertura assicurativa prestata in favore della T.E.C. s.n.c.;

che, avverso la sentenza d’appello, con due distinti atti, la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. e la Edil Tre di S.M. (già Edil Tre s.n.c.) propongono ricorso per cassazione sulla base, rispettivamente, di tre e di due motivi d’impugnazione;

che la Compagnia Italiana di Previdenza, Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.a. (“siglabile Italiana Assicurazioni s.p.a.”) e la Società Cattolica di Assicurazione Cooperativa a r.l. (già Fata Assicurazioni Danni s.p.a.) resistono con controricorso;

che la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. e la Edil Tre di S.M. hanno depositato controricorso per resistere ai rispettivi ricorsi; che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

che la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale illegittimamente trascurato la considerazione dei numerosi fatti allegati in ricorso (già precedentemente segnalati negli atti di causa), direttamente rappresentativi della decisiva circostanza consistita nel compimento, delle lavorazioni dannose causative dei pregiudizi originariamente lamentati dagli attori, successivamente alla conclusione del contratto di assicurazione tra la TEC s.n.c. e la Italiana Assicurazioni s.p.a., erroneamente pervenendo all’esclusione della copertura assicurativa promessa da quest’ultima in favore della società odierna ricorrente;

che il motivo è inammissibile;

che, al riguardo, osserva il Collegio come nel caso di specie (relativo all’impugnazione di una sentenza pubblicata dopo la data del 11/9/12) trovi applicazione il testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 quale risultante dalla formulazione del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modif., con la L. n. 134 del 2012, ai sensi del quale la sentenza è impugnabile con ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”;

che secondo l’interpretazione consolidatasi nella giurisprudenza di legittimità, tale norma, se da un lato ha definitivamente limitato il sindacato del giudice di legittimità ai soli casi d’inesistenza della motivazione in sè (ossia alla mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o alla motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile), dall’altro chiama la Corte di cassazione a verificare l’eventuale omesso esame, da parte del giudice a quo, di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (cfr. Cass. Sez. Un., 22/9/2014, n. 19881; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830);

che, nel caso di specie, i fatti dedotti dalla società odierna ricorrente, asseritamente trascurati dal giudice d’appello, appaiono del tutto privi di decisività ai fini del riscontro del vizio denunciato;

che, in particolare, varrà osservare come la corte d’appello abbia evidenziato come dalla “lettera di denuncia di apertura del sinistro” (inviata anche all’assicuratore dalla società assicurata in data 6 dicembre 2004) fosse emerso che, sicuramente prima del 1 dicembre 2004, gli originari attori danneggiati avevano denunciato, i danni subiti, al legale rappresentante della TEC s.n.c., in tal senso rendendosi palese la consapevolezza, da parte di quest’ultima, già all’epoca (anteriore al 1/12/2004), dell’esistenza di pregiudizi prospettati come conseguenti all’attività di escavazione del proprio fondo da parte della stessa;

che, ciò posto, appaiono prima facie del tutto irrilevanti le circostanze di fatto dedotte nel motivo di ricorso in esame (secondo cui la successiva indagine tecnica avrebbe attribuito la causa dei danni denunciati dagli attori a un determinato fattore eziologico in ipotesi verificatosi dopo la conclusione della polizza), attesa la decisività, ai fini assicurativi, della circostanza, documentatamente attestata dalla corte d’appello, secondo cui, prima della conclusione della polizza, la TEC s.n.c. era stata oggettivamente posta in condizione di apprezzare il carattere effettivamente e concretamente dannoso dell’attività edilizia eseguita sul proprio fondo, e che la stessa TEC s.n.c. aveva consapevolmente provveduto ad assicurare un rischio (quello relativo alla verificazione di danni conseguenti all’esercizio della propria attività edilizia) nella specie già materialmente concretizzatosi;

che, ferme tali premesse, varrà pertanto rilevare come la TEC non si sia in alcun modo confrontata con il valore probatorio della documentazione richiamata dalla corte territoriale a fondamento della ratio decidendi così illustrata, omettendo di argomentare i termini della prospettata sicura decisività delle circostanze di fatto asseritamente trascurate dal giudice d’appello, finendo in tal modo per risolvere la censura in esame in una mera richiesta di rilettura nel merito delle prove acquisite, come tale inammissibile in questa sede di legittimità;

che, con il secondo motivo, la TEC s.n.c. censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1917 e 1370 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che il contratto di assicurazione stipulato tra le parti limitasse la copertura assicurativa promessa dalla Italiana Assicurazioni s.p.a. ai soli fatti dannosi verificatisi successivamente alla conclusione del contratto, senza tener conto, anche sulla base del canone di ermeneutica negoziale imposto dall’art. 1370 c.c., che la garanzia assicurativa era stata prestata in relazione all’esercizio di una specifica attività imprenditoriale in fieri concessa in appalto, e dunque anche per la copertura dei cosiddetti rischi putativi, ossia in relazione a fatti dannosi verificatisi precedentemente alla conclusione del contratto ma totalmente e incolpevolmente sconosciuti alle parti, sul modello della clausola claims made;

che il motivo è inammissibile;

che, preliminarmente, rileva il Collegio come la società ricorrente si sia sottratta all’esatto adempimento degli oneri di completa e puntuale allegazione del ricorso imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, con particolare riguardo all’allegazione e al deposito del contratto di assicurazione dedotto in giudizio e alla relativa localizzazione tra gli atti di causa;

che, peraltro, un carattere definitivamente dirimente, nel senso dell’infondatezza della censura, dev’essere attribuito alla circostanza dell’avvenuta limitazione, della doglianza avanzata, alla mera denuncia di un’erronea interpretazione delle clausole contrattuali dedotte, senza alcuna indicazione del modo in cui il giudice d’appello si sarebbe asseritamente posto in contrasto con i canoni legali di ermeneutica contrattuale;

che, al riguardo, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione degli atti negoziali deve ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3;

che in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente dedotta con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253);

che, nel caso di specie, l’odierna società ricorrente si è limitata ad affermare, in modo inammissibilmente apodittico, il preteso tradimento, da parte dei giudici di merito, della comune intenzione delle parti in ordine alla qualificazione della natura e all’identificazione dei contenuti degli obblighi reciprocamente assunti dalle parti e dell’oggetto del contratto, orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non già attraverso la prospettazione di un’obiettiva e inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito ai testi e ai comportamenti negoziali interpretati, o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell’interpretazione complessiva dell’atto, bensì attraverso l’indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilità della lettura interpretativa criticata, rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge (ex art. 360 c.p.c., n. 3) attraverso la sollecitazione della corte di legittimità alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito;

che, sul punto, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione delle dichiarazioni negoziali in esame (nei limiti ricostruibili da quanto risultante dagli atti) nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, nè spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo dell’atto negoziale in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà, per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze (sì da rendere del tutto privo di rilievo il richiamo al canone interpretativo di cui all’art. 1370 c.c.), sì da sfuggire integralmente alle odierne censure avanzate dalla ricorrente in questa sede di legittimità;

che, con il terzo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1895 e 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso la copertura assicurativa promessa dalla Italiana Assicurazioni s.p.a. in ragione della mancata dimostrazione che i danni si fossero verificati successivamente alla conclusione del contratto, cosi ponendosi in contrasto con i principi concernenti la distribuzione degli oneri probatori delle parti contrattuali, dovendo ritenersi piuttosto incombente, in capo alla compagnia assicuratrice, l’onere (nella specie non assolto) di comprovare che il rischio assicurativo fosse effettivamente e concretamente venuto meno già prima della stipulazione della polizza;

che il motivo è infondato;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, al là dell’eventuale equivocità del linguaggio sul punto utilizzato dal giudice a quo, varrà rimarcare come la corte territoriale abbia espressamente attestato la dimostrazione, per via documentale, che i danni verificatisi a carico dell’immobile degli originari attori si fossero manifestati prima della conclusione della polizza;

che, ferma tale premessa, l’affermazione del giudice d’appello secondo cui l’inoperatività della polizza in relazione ai fatti verificatisi in epoca anteriore alla sua conclusione sarebbe desumibile dalla “mancanza di prova” che i danni si siano verificati successivamente al (OMISSIS), deve necessariamente intendersi, per evidenti e intuibili ragioni di coerenza logica del testo, piuttosto alla circostanza dell’avvenuta dimostrazione positiva, espressamente rilevata dalla corte d’appello, che i danni de quibus si erano effettivamente verificati prima del (OMISSIS), con la conseguente insussistenza di alcuna illegittima inversione degli oneri probatori incombenti sulle parti ai fini della decisione della causa;

che, con il primo motivo del proprio ricorso, la Edil Tre di S.M. censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi, per avere la corte territoriale erroneamente trascurato di considerare che la Edil Tre ebbe a posizionare l’impianto Well Point (destinato all’abbassamento del livello della falda necessario alla realizzazione delle opere di scavo e di fondazione delle nuove opere) prima della costruzione della palificazione da parte della Trivell Fond s.r.l., e, dunque, quando non era ancora possibile verificare l’inadeguatezza della palificata rispetto al progetto originariamente approvato, con la conseguente insussistenza di alcun ruolo causale dell’opera della Edil Tre rispetto ai danni originariamente denunciati dagli attori, nella specie integralmente dovuti all’inadempimento della Trivell Fond s.r.l.;

che, con il secondo motivo, la Edil Tre censura la sentenza impugnata per violazione delle norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, nonchè degli artt. 1218, 1298 e 2043 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente imposto alla Edil Tre la responsabilità in via di manleva per tutti danni al cui risarcimento la committente T.E.C. s.n.c. è stata condannata in favore degli originari attori, senza tener conto della limitazione contrattuale della garanzia della Edil Tre alle sole conseguenze del fatto proprio e dei propri dipendenti, e non già alle conseguenze degli inadempimenti delle altre società appaltatrici e del fatto ascrivibile alla responsabilità della società committente;

che entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati;

che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale abbia correttamente sottolineato che la responsabilità della Edil Tre fosse dipesa, nella specie, dalla circostanza che detta società, prima di intervenire sul cantiere, aveva conseguito la piena disponibilità degli elaborati grafici riguardante la realizzazione della palificazione e delle opere di fondazione; elaborati progettuali da cui era dato desumere la necessità della collocazione dei pali in stretta aderenza tra loro;

che, ciò posto, la corte d’appello ha coerentemente rilevato come la Edil Tre non avesse colpevolmente mai effettuato alcuna contestazione circa il modo in cui, successivamente, detta palificazione era stata realizzata dalla società Trivell Fond s.r.l., in tal senso rendendosi riconoscibile il rimprovero di non aver adeguatamente adempiuto all’esecuzione dei propri obblighi di controllo sulla piena realizzazione dell’interesse creditorio nell’adempimento della propria obbligazione, specie in un caso, come quello in esame, in cui le diverse prestazioni rese dai differenti soggetti coinvolti nell’opera appaltata, apparivano inestricabilmente connesse tra loro al fine della completa e piena realizzazione dell’obiettivo contrattuale e dell’interesse della committenza;

che, date tali premesse, del tutto destituita di fondamento deve ritenersi la censura critica sollevata dalla Edil Tre avverso la rilevata mancata dimostrazione, da parte della stessa, che l’inadempimento (concretamente manifestatosi nella produzione del danno a carico di terzi) non fosse dipeso da una causa alla stessa non imputabile, non avendo la stessa società evidentemente comprovato di avere svolto tutte le possibili azioni di verifica e adottato tutti gli accorgimenti esigibili (sul piano degli obblighi di controllo, di protezione e di denuncia, benchè successivi al proprio materiale intervento in loco) al fine di evitare che gli errori nella palificazione commessi dalla Trivell Fond s.r.l. ridondassero a carico di terzi (e dunque della società committente) a seguito del proprio intervento sul cantiere;

che, proprio in forza di tali considerazioni, la corte territoriale ha correttamente riconosciuto una diretta responsabilità della Edil Tre nei confronti della stazione appaltante, per fatto proprio, essendosi la stessa sottratta all’adempimento dei propri obblighi di vigilanza e di controllo dei fattori che, seppur stricto sensu esterni alla propria attività, avrebbero in ogni caso prevedibilmente spiegato un’incidenza decisiva nella mancata realizzazione dell’interesse creditorio; circostanza, peraltro, puntualmente verificatasi nella specie, attraverso il mancato accertamento della corretta realizzazione della (o la mancata denuncia della scorretta) palificazione da parte della Trivell Fond s.r.l., rispetto alla quale l’attività di emungimento realizzata dalla Edil Tre, ai fini dell’abbassamento del livello della falda, risultava materialmente e tecnicamente connessa in termini inestricabili;

che, pertanto, sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza di tutti i motivi di censura esaminati, dev’essere pronunciato il rigetto di entrambi i ricorsi, con la conseguente condanna di ciascuna società ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

che il rigetto dei ricorsi rispettivamente proposti giustifica l’integrale compensazione, tra la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. e la Edil Tre di S.M., delle spese del presente procedimento;

che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuna ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigetta entrambi i ricorsi e condanna ciascuna società ricorrente al rimborso, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.200,00 per ciascuna parte, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Dichiara integralmente compensate, tra la T.E.C. di T.E. e C. s.n.c. e la Edil Tre di S.M., le spese del presente procedimento.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ric. princ. TEC Snc, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per i ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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