Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10810 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. III, 05/06/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 05/06/2020), n.10810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16326/2017 R.G. proposto da:

Cirio Holding s.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in persona dei

Commissari straordinari pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Massimo Zaccheo, con domicilio eletto presso il suo studio

in Roma, viale di Villa Grazioli, n. 29;

– ricorrente –

contro

M.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Stefano

Gagliardi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via

F.S. Nitti, n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3461 della Corte d’appello di Roma pubblicata

il 30 maggio 2016;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 novembre 2019

dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo;

uditi gli Avv. Massimo Zaccheo e Stefano Gagliardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Soldi Anna Maria, che ha concluso ritenendo fondato

il ricorso principale e, per l’effetto, che sia accolto

l’incidentale condizionato, con conseguente cassazione della

sentenza impugnata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Cirio Holding s.p.a. in amministrazione straordinaria conveniva in giudizio il calciatore M.S. (tesserato della Società Sportiva Lazio S.p.A. per il campionato di calcio (OMISSIS)) esponendo che, su richiesta della Centrofinanziaria s.p.a. (società all’epoca controllata, al pari della ricorrente, dalla Cragnotti & Partners Capital Investment NV), aveva versato al convenuto un importo corrispondente al “premio scudetto” concordato con la società sportiva di appartenenza (controllata, a sua volta, dalla medesima Cirio Holding s.p.a.).

Sosteneva che tale pagamento fosse privo di giustificazione causale, in quanto non intercorreva alcun rapporto obbligatorio fra la deducente e il M., mentre la disposizione della Centrofinanziaria s.p.a. si riferiva ad un’operazione finanziaria che, in realtà, non aveva mai avuto effettivo corso.

Sulla base di tali premesse, domandava la restituzione delle somme in questione, indebitamente percepite dal convenuto.

Il Tribunale di Roma, davanti al quale si costituiva il M., rigettava la domanda, con condanna dell’attrice al pagamento delle spese processuali.

La Cirio Holding S.p.A. in a.s. interponeva gravame, ma la Corte d’appello di Roma respingeva l’impugnazione, con ulteriore condanna alle spese di lite.

Contro tale decisione la Cirio Holding s.p.a. in amministrazione straordinaria ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.

M.S. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato basato su un unico motivo. A tale ricorso incidentale condizionato ha resistito la Cirio Holding s.p.a. con controricorso, sostenendone l’inammissibilità e l’infondatezza.

Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive, ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va esaminata in via preliminare l’eccezione di “efficacia riflessa” del giudicato esterno formulata in memoria dal controricorrente in relazione alle pronunce della Corte d’appello di Roma nelle vicende – sostanzialmente sovrapponibili – riguardanti altri calciatori della S.S. Lazio s.p.a. e la medesima Cirio Holding s.p.a.

L’eccezione è ammissibile in rito, in quanto il preteso giudicato si sarebbe formato dopo la proposizione del ricorso per cassazione.

Tuttavia, non è chiaro se il controricorrente abbia inteso invocare la possibilità che l’accertamento di fatto contenuto nelle sentenze pronunciate inter alios possa essere utilizzato in questo giudizio, ai fini della ricostruzione dei fatti; ovvero che tali sentenze producano effetti giuridici nei suoi confronti.

In entrambe le ipotesi, comunque, l’eccezione deve essere disattesa. Nel primo caso, la “efficacia riflessa del giudicato” invocata dal ricorrente riguarderebbe l’accertamento dei fatti e, quindi, non può essere prospettata in questa sede. Nel secondo caso, la deduzione sarebbe infondata, in quanto nella giurisprudenza di questa Corte, il giudicato formatosi in un determinato giudizio può spiegare efficacia riflessa nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al rapporto processuale solo a condizione che questi sia titolare di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo, o comunque a questa subordinato (Sez. 3, Sentenza n. 17931 del 04/07/2019, Rv. 654562 – 02). Tale circostanza non ricorre nel caso di specie e neppure viene anche solo prospettata dal controricorrente.

2. Nelle memorie difensive si fa riferimento anche ad un “accertamento dei fatti” contenuto in una sentenza penale di condanna dell’amministratore della Cirio Holding s.p.a.

La deduzione è inammissibile a causa della sua genericità. Il controricorrente, infatti, non indica nè se la sentenza penale di cui si discorre sia passata in giudicato; nè se sia stata pronunciata all’esito del dibattimento; nè se intenda invocare gli effetti di cui all’art. 654 c.p.p.; nè se egli si sia costituito parte civile in quel giudizio.

D’altro canto, il principio secondo cui nel giudizio di cassazione l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quello interno, rilevabile d’ufficio, non solo quando emerga da atti prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, con correlativa inopponibilità del divieto ex art. 372 c.p.c., non può trovare applicazione laddove la sentenza passata in giudicato venga invocata al fine di dimostrare l’effettiva sussistenza, o meno, dei fatti, poichè, in tal caso, il giudicato ha valenza non già di regola di diritto cui conformarsi, bensì solo in relazione a valutazioni di stretto merito (Sez. U, Sentenza n. 2735 del 02/02/2017, Rv. 642419 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 26041 del 23/12/2010, Rv. 615854 – 01).

3. L’esame del ricorso principale deve essere preceduto dalla illustrazione delle ragioni della decisione della sentenza impugnata.

La corte territoriale ha respinto l’appello, confermando la decisione di primo grado con una diversa motivazione.

In particolare, ha individuato come “adempimento di terzo” non il pagamento effettuato dalla Cirio Holding s.p.a. al M., bensì quello deliberato dalla Centrofinanziaria s.p.a. Quest’ultima a parere del collegio di merito – intendeva estinguere l’obbligazione della S.S. Lazio s.p.a. avente ad oggetto i “premi scudetto”, che riteneva esistente ed attuale. E’ stato – a parere della Corte d’appello – in base a questa convinzione che la Centrofinanziaria s.p.a. delegò la Cirio Holding S.p.A. ad effettuare il pagamento. Quindi, il ruolo avuto dai diversi soggetti societari nella vicenda sarebbe il seguente: la S.S. Lazio s.p.a. era l’obbligata per il pagamento dei “premi scudetto”; la Centrofinanziaria s.p.a. era il terzo che adempiva (mediante delegazione) all’obbligo altrui; la Cirio Holding s.p.a. era semplicemente il delegato al pagamento, per il cui tramite la Centrofinanziaria s.p.a. pagò il debito della S.S. Lazio s.p.a.

Sulla base di queste premesse, ha concluso che l’unico soggetto che sarebbe stato legittimato ad esperire l’azione di ripetizione d’indebito nei confronti del M. era la S.S. Lazio s.p.a. e non la Cirio Holding S.p.A. Quest’ultima, avendo pagato in forza di una “delegazione apparentemente titolata” avrebbe dovuto regolare in altro modo i propri rapporti con la delegante (la Centrofinanziaria s. p.a.).

Pertanto, la Corte d’appello, nella sentenza oggi gravata, pur avendo infine pronunciato un dispositivo di rigetto dell’impugnazione, ha specificamente chiarito in motivazione che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale, la Cirio Holding s.p.a. doveva essere dichiarata carente di legittimazione attiva.

4. La sentenza impugnata viene sottoposta a censura, con il primo motivo del ricorso principale, per violazione o falsa applicazione degli artt. 1180 e 1269 c.c.

Sostiene la ricorrente che era pacifico che non sussisteva alcun debito della S.S. Lazio s.p.a. nei confronti dei propri giocatori e, dunque, anche nei confronti del M.. Di conseguenza, la società sportiva non poteva delegare nessuno per il pagamento, in quanto la fattispecie di cui all’art. 1269 c.c. presuppone l’esistenza di un’obbligazione da estinguere.

Laddove pure si ipotizzasse che, invece, esisteva un debito della S.S. Lazio s.p.a. nei confronti dei giocatori a titolo di “premio” per i risultati conseguiti nella stagione calcistica (OMISSIS), in ogni caso il fatto sarebbe irrilevante, in quanto la Centrofinanziaria s.p.a. aveva dato mandato alla Cirio Holding S.p.A. di dare esecuzione ad un (inesistente) contratto di finanziamento, che nulla ha a che vedere con il c.d. “premio scudetto”.

Infine, a tutto concedere, se davvero la S.S. Lazio s.p.a. avesse rivestito il ruolo di debitore, il M. quello di creditore e la Cirio Holding s.p.a. quella di terzo adempiente, non si vede che ruolo si dovrebbe assegnare alla Centrofinanziaria s.p.a., certamente estranea alla struttura necessariamente trilaterale della fattispecie di cui all’art. 1180 c.c.

5. Il motivo, in tutte le sue diverse articolazioni, deve essere rigettato poichè, in parte, non intercetta l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata e, per il resto, è infondato.

Anzitutto va chiarito che, diversamente da quanto sostiene la società ricorrente, la Corte d’appello non ha mai indicato la S.S. Lazio s.p.a. come delegante della Cirio Holding S.p.A. La società sportiva, semmai, era l’obbligato il cui debito è stato adempiuto da un terzo. Il ruolo di delegante è attribuito alla Centrofinanziaria s.p.a. Pertanto, la prima prospettazione della società ricorrente, secondo cui la delegazione di pagamento non sarebbe configurabile per via dell’inesistenza di un obbligo della S.S. Lazio s.p.a. nei confronti dei propri giocatori, non si attaglia alla ricostruzione fattuale della vicenda ritenuta dalla corte di merito.

In secondo luogo, nella sentenza impugnata è stato ripetutamente affermato che l’operazione di finanziamento apparentemente concesso dalla Centrofinanziaria s.p.a. ai calciatori della S.S. Lazio s.p.a. costituiva “un’operazione inesistente, al fine di pervenire all’estinzione dell’obbligazione di S.S. Lazio”; e che la Centrofinanziaria s.p.a. “presumibilmente (non era) venuta a conoscenza dell’atto con cui la società di calcio e i singoli calciatori avevano stabilito non essere più dovuta quella somma (non essendovi agli atti la prova che il pagamento di Centrofinanziaria sia stato eseguito per altre ragioni, una volta stabilito che la finta operazione di finanziamento costituì una “copertura contabile”” (pag. 4-5 della sentenza impugnata). Tale accertamento in fatto non può essere posto in discussione in questa sede. Nè, del resto, il punto viene convincentemente posto in dubbio dalla società ricorrente, che, senza formulare alcuna specifica censura, si limita ad affermare incidentalmente che sarebbe contraddittorio ritenere che “presumibilmente” la Centrofinanziaria s.p.a. non sapesse dell’accordo intervenuto fra i calciatori e la S.S. Lazio s.p.a., essendo quest’ultima partecipata integralmente dalla Cirio Holding s.p.a. (che successivamente incorporò anche la Centrofinanziaria s.p.a.).

Consegue che pure la seconda delle deduzioni difensive articolate nel motivo in esame non si addice alla vicenda, nei termini fattuali in cui è stata ricostruita nel giudizio di merito. Invero, alla luce di quanto sopra osservato, l’indicazione che la Centrofinanziaria s.p.a. (delegante) diede alla Cirio Holding s.p.a. (delegata) di provvedere al pagamento del M. non è stata impartita in esecuzione del contratto di finanziamento (che, peraltro, la stessa società ricorrente riconosce più volte essere inesistente), bensì in adempimento dell’obbligo della S.S. Lazio s.p.a. di corrispondere il “premio scudetto”.

Infine, è errata anche l’affermazione secondo cui, ricostruendo la fattispecie nei termini di una delegazione di pagamento collegata ad un adempimento di terzo, non si comprenderebbe il ruolo spettante nella vicenda alla Centrofinanziaria s.p.a.

Invero, l’adempimento del debito altrui ex art. 1180 c.c. può avvenire sia direttamente, sia per il tramite d’un mandatario. Infatti, l’adempimento dell’obbligo del terzo, così come di qualsiasi altra obbligazione fungibile, può essere compiuto personalmente, così come per il tramite di un terzo, quest’ultimo alternativamente nella veste di mero rappresentante (art. 1387 c.c.) o di mandatario (art. 1703 c.c.). Dunque, con la delegazione di pagamento è possibile adempiere sia l’obbligazione propria, sia l’obbligazione altrui.

Quindi, secondo la ricostruzione fatta propria dalla Corte d’appello, il ruolo della Centrofinanziaria s.p.a. è quello del terzo che, ai sensi dell’art. 1180 c.c., adempie spontaneamente ad un debito altrui (della S.S. Lazio s.p.a.), mandando alla Cirio Holding S.p.A. di effettuare il pagamento.

6. Costituisce corollario dell’accertamento in fatto compiuto dalla Corte d’appello e della conseguente qualificazione giuridica della fattispecie, la circostanza che il soggetto legittimato a domandare la restituzione di un pagamento che si assume indebito, effettuato per il tramite di un mandatario alla persona e per l’importo indicati dal mandante, è quest’ultimo e non il mandatario.

Infatti, sebbene il mandatario abbia materialmente effettuato il pagamento, il fatto giuridico deve essere riferito al mandante. Ed è con riferimento a quest’ultimo che va accertata la sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 1180 c.c. (esistenza del debito altrui, volontà di estinguerlo, spontaneità del pagamento).

Dunque, a meno che il mandante non abbia attribuito al mandatario anche la facoltà di agire giudizialmente, nella qualità, per la restituzione delle somme indebitamente pagate, l’eventuale domanda deve essere proposta dal mandante.

7. Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 2033 e 2041 c.c., nonchè la violazione dell’art. 81 c.p.c. In particolare, la Corte d’appello – a parere della ricorrente – avrebbe errato nel qualificare la domanda come proposta ai sensi dell’art. 2041 c.c. (ingiustificato arricchimento), anzichè ai sensi dell’art. 2033 c.c. (ripetizione di indebito oggettivo). In tal modo sarebbe pervenuta ad affermare erroneamente il difetto di legittimazione attiva della Cirio Holding s.p.a., poichè nell’azione di ripetizione di indebito la legittimazione spetta senz’altro a chi ha effettuato il pagamento.

Il motivo è infondato.

Va premesso che – alla stregua delle conclusioni dell’atto di citazione riportate nell’esposizione sommaria dei fatti di causa (pag. 2 del ricorso) – non risulta che la società attrice avesse espressamente qualificato la propria azione, essendosi limitata a chiedere l’accertamento della “mancanza di un titolo giustificativo dei pagamenti effettuati”. Nondimeno, è corretto l’inquadramento di una simile domanda nell’ipotesi dell’indebito oggettivo, che com’è noto – si distingue dall’azione generale di arricchimento senza causa in ragione del contenuto della prestazione e della possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole previste dagli artt. 2033 c.c. e ss. e, cioè, quando abbia avuto ad oggetto una somma di denaro o cose di genere ovvero, infine, una cosa determinata (Sez. 1, Sentenza n. 6747 del 21/03/2014, Rv. 630568 – 01). Ove la prestazione sia invece irripetibile residua, ricorrendone i presupposti, l’azione generale di arricchimento di cui all’art. 2041 c.c., che assolve alla funzione, in base ad una valutazione obbiettiva, di reintegrazione dell’equilibrio economico.

Pertanto, da un lato, va riconosciuto il potere del giudice d’appello di riqualificare in termini di ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.) l’azione originariamente qualificata come di ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.), o viceversa, quando i fatti dedotti in giudizio dalle parti siano rimasti pacificamente acclarati e non modificati (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14077 del 01/06/2018, Rv. 649336 – 01); ma, per altro verso, deve convenirsi che la corretta qualificazione della domanda, in ragione della ripetibilità della prestazione asseritamente indebita (consistita nel pagamento di una somma di denaro), avrebbe dovuto essere nei termini della ripetizione di indebito oggettivo, piuttosto che di ingiustificato arricchimento.

Da tale qualificazione giuridica, tuttavia, non discendono le conseguenze auspicate dalla ricorrente.

Infatti, la legittimazione ad esperire l’azione volta alla reintegrazione patrimoniale, anche nell’ipotesi di cui all’art. 2033 c.c., spetta a colui che ha disposto il pagamento senza causa e non a chi, da questi e per suo conto, sia stato delegato ad effettuare materialmente la prestazione. Il pagamento effettuato da Cirio Holding s.p.a. non è privo di giustificazione causale, ravvisabile nell’esecuzione del mandato ricevuto dalla Centrofinanziaria s.p.a. Semmai, sarebbe quest’ultima che, delegando la Cirio Holding s.p.a. ad eseguire per suo conto il versamento delle somme al M., potrebbe aver posto in essere un pagamento indebito.

Anzi, tale ricostruzione si addice di più proprio all’ipotesi dell’indebito oggettivo, piuttosto che a quella residuale dell’ingiustificato arricchimento, nella quale potrebbe – al limite, ma con qualche evidente forzatura – sostenersi che la diminuzione patrimoniale si è verificata nella sfera giuridica del mandatario, piuttosto che del mandante.

Dunque, l’erronea qualificazione della domanda proposta dalla società attrice – per il verso, solo incidentalmente affermata dalla Corte d’appello – non incide sulle conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata e, in particolare, sulla carenza di legittimazione ad agire in capo alla Cirio Holding s.p.a.

8. Giova, a questo punto, osservare che nell’esposizione dei fatti di causa la Cirio Holding s.p.a. riferisce che, dopo le vicende oggetto di causa, essa ha incorporato per fusione la Centrofinanziaria s.p.a. Tale circostanza varrebbe, in astratto, a superare il problema della carenza della legittimazione attiva in capo alla Cirio Holding s.p.a. Quest’ultima, infatti, succedendo a titolo universale nella sfera giuridica della Centrofinanziaria s.p.a., avrebbe potuto far valere tutte le azioni spettanti alla società incorporata.

Tuttavia, la sentenza impugnata non risulta censurata sotto questo specifico aspetto. Anzi, non risulta che la questione sia stata posta in tali termini neppure nel corso del giudizio di merito: la Cirio Holding s.p.a. non ha mai dichiarato specificatamente di agire nella qualità di incorporante della Centrofinanziaria s.p.a., nè ha dedotto di esercitare diritti in origine spettanti all’incorporata. Al contrario, per sostenere la ripetibilità delle somme corrisposte dal M., ha sempre posto l’accento sulla propria estraneità ai rapporti intercorrenti fra il calciatore, la società sportiva e la Centrofinanziaria s.p.a.

D’altro canto, la questione della legittimazione attiva non potrebbe neppure costituire oggetto di un accertamento ex officio, poichè il perimetro del potere officioso della Corte di cassazione è comunque circoscritto alle sole circostanze che siano state dedotte nel rispetto dei requisiti di ammissibilità e procedibilità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Nella specie, la società ricorrente non ha specificatamente indicato gli estremi dell’atto di fusione, nè lo ha allegato al ricorso o ne ha trascritto il contenuto, anche solo nella parte di interesse a tal fine.

9. Il ricorso principale, in conclusione, deve essere respinto.

La conferma della statuizione di carenza di legittimazione attiva in capo alla Cirio Holding s.p.a. rende del tutto irrilevanti, ai fini della decisione, la questione degli accordi raggiunti fra i calciatori e la S.S. Lazio s.p.a., così come quella della dedotta inesistenza o nullità dell’operazione di finanziamento compiuta dalla Centrofinanziaria s.p.a. Entrambi gli aspetti, all’evidenza, non condizionano il profilo preliminare della legittimazione ad agire, ma sarebbero venuti in evidenza solo se la domanda di ripetizione d’indebito fosse stata proposta dal soggetto astrattamente legittimato.

10. Il ricorso incidentale proposto dal M. è espressamente condizionato “all’ipotesi di accoglimento del ricorso principale”. Pertanto, al rigetto del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

11. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente principale, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Sussistono, altresì, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante principale soccombente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

PQM

rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, e condanna la ricorrente principale al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019 e successivamente, a seguito di riconvocazione, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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