Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10802 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. I, 16/05/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 16/05/2011), n.10802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.M., elettivamente domiciliata in Roma, via Giulia di

Colloredo 46/48, presso l’avv. De Paola Gabriele, che la rappresenta

e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Firenze in data 25 giugno

2009, nella causa iscritta al n. 110/09 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 10 dicembre 2010 dal relatore, cons. Stefano Schirò;

p

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dott. FUCCI Costantino, che nulla ha osservato;

LA CORTE,

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi

dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al

Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE;

letti gli atti depositati;

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

1. D.M. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, avverso il decreto della Corte di appello di Firenze in data 25 giugno 2009 in materia di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2, con il quale è stato dichiarato improponibile, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, convertito con L. n. 133 del 2008, per non essere stata presentata istanza di prelievo di cui al R.D. n. 642 del 1907, art. 51, il ricorso dalla medesima presentato nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze in conseguenza del superamento del termine ragionevole di durata di un giudizio introdotto davanti al TAR Toscana il 20 novembre 1999 e definito con sentenza del 30 settembre 2008;

1.1. il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce che il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, non è applicabile retroattivamente per i giudizi amministrativi introdotti prima dell’entrata in vigore della norma suddetta;

3. premesso che nella specie il giudizio amministrativo è stato introdotto con ricorso depositato il 20 novembre 1999, prima dell’entrata in vigore della norma sopra richiamata, il ricorso appare manifestamente fondato, in quanto, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. Nè l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza “di prelievo” ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio del “tempus regit actum”, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere (Cass. 2008/28428);

4. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilievi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”;

B) osservato che la ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni esposte nella relazione; ritenuto pertanto che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato in ordine alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2,; che in particolare, determinata in nove anni la durata complessiva del giudizio presupposto secondo l’accertamento del giudice del merito non specificamente censurato dalla ricorrente, il periodo di durata non ragionevole deve essere stabilito in sei anni, detratto dalla durata complessiva il termine ragionevole di tre anni, secondo i criteri fissati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e da questa Corte per il giudizio di primo grado;

che il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito in detto giudizio va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, “a condizione che le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086; 2010/819); nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere alla ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di sei anni, l’indennizzo di Euro 5.250,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente;

ritenuto che le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione delle spese del giudizio di merito in favore del difensore della ricorrente, avv. Gabriele De Paola, dichiaratosi antistatario.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 5.250,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 965,00 di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv.to Gabriele De Paola, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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