Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 108 del 04/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 04/01/2017, (ud. 27/10/2016, dep.04/01/2017),  n. 108

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13306/2012 proposto da:

V.D., nato a il (OMISSIS), V.B. (OMISSIS),

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PO

24, presso lo studio dell’avvocato PAOLO CECI, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

C.G., CA.BR. elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO DI LORENZO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1458/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato IMPELLIZZERI Alberto, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato CECI Paolo, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Carlo ALBINI, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MANZI Andrea, difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del

terzo, quarto e quinto motivo e per l’assorbimento degli altri

motivi del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO in FATTO

C.G. e Ca.Br., proprietari – di un appezzamento di terreno con soprastante casa di abitazione, censito in catasto di Venezia (f. 11, mappale 1055) convenivano nel 2002 in giudizio i vicini confinanti V.R., B. e Ro..

Gli attori esponevano, in sintesi, nell’atto introduttivo del giudizio che i convenuti si erano appropriati, lungo il comune confine, di una striscia di terreno di mt. 47 di lunghezza e larga mt. 2.50 a nord e mt. 0,80 a sud, provvedendo – di seguito – all’apposizione di una rete metallica ed all’installazione di un cancello.

Chiedevano, quindi, la condanna dei succitati convenuti al rilascio della detta striscia di terreno ed alla rimozione della rete metallica e del cancello installati, oltre che al risarcimento del danno.

Costituitisi in giudizio le parti convenute contestavano l’avversa domanda attorea, di cui chiedevano il rigetto per infondatezza, e svolgevano azione riconvenzionale per l’accertamento del di loro acquisto per intervenuta usucapione della medesima striscia di terreno.

L’adito Tribunale di Venezia, con sentenza n. 1941/2006, rigettava le domande degli attori, che venivano condannati alla refusione delle spese di lite.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza gli Originari attori interponevano appello, resistito dalle parti appellate, che chiedevano il rigetto del gravame e proponevano – a loro volta – impugnazione incidentale.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1458/2011, rigettato l’appello incidentale ed in parziale accoglimento di quello principale, dichiarava che era di proprietà degli appellanti principali, originari attori, una striscia di terreno della larghezza, rispettivamente, di cm. 20/30 e di cm. 260/280, verso i lati sud e nord del mappale in atti indicato, striscia appositamente individuata nella relazione del CTU, con condanna degli appellanti incidentali, originari convenuti, al rilascio di detta individuata striscia di terreno, nonchè alla rimozione della rete metallica e cancello di cui in epigrafe, con compensazione delle spese del doppio grado del giudizio e condanna degli appellanti incidentali al pagamento della somma di Euro 6.085,86, già pagata per CTU dagli appellanti principali in esecuzione della sentenza di primo grado.

Per la cassazione della decisione della Corte distrettuale ricorrono i Ve.Br. e D., nonchè S.G..

Resistono con controricorso le parti intimate.

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memoria; ai sensi dell’art. 378 c.p.c., le parti ricorrenti.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura la gravata sentenza per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso quale la “utilizzabilità del frazionamento n. 107 del 1947 per individuazione linea confine”.

Il motivo è inammissibile.

Lo stesso, innanzitutto, è carente quanto all’osservanza dei prescritti oneri imposti dal noto principio di autosufficienza. Nel motivo, infatti, non si ritrascrivono, nè si individuano specificamente le parti dell’atto originario cui si pretende di far ricorso al fine dell’utilizzabilità del frazionamento del 1947, In ogni caso quella sottoposta a questa Corte col motivo stesso si risolve, nella sostanza, in una questione di interpretazione del contratto, come tale rientrante nella sfera propria di attribuzione del Giudice del merito, che – nell’ipotesi – ha svolto correttamente tale compito interpretativo.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso quale “il valore confessorio e/o comunque probante” del frazionamento 24/1982.

Il motivo involge una questione di puro merito e, in particolare, la natura da attribuirsi eventualmente al detto frazionamento. Trattasi di compito interpretativo che risulta compiuto dalla Corte di merito facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie e fondando la propria decisione su congrue argomentazioni immuni da vizi logici censurabili in questa sede.

In ogni caso, infine, viene del tutto omessa dai ricorrenti la ritrascrizione e/o la specifica indicazione delle parti dell’atto, cui afferiva il citato frazionamento, al fine di poterne eventualmente valutare il postulato “valore confessorio”.

3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Viene dedotta una doglianza relativa, in sostanza, all’accertamento svolto in corso di causa dal CTU.

In particolare (ed in sintesi), secondo la prospettazione dei ricorrenti, l’ausiliario del Giudice avrebbe fatto ricorso a “strumento sussidiari (tra cui mappe catastali e frazionamenti precedenti” così colmando la mancata allegazione (di cui erano onerati) gli attori, che producevano “solo atto compravendita notaio Emma del 2007”.

Orbene, premesso che scopo precipuo del processo è quello di accertare i fatti per cui si controverte, l’utilizzazione dei detti “strumenti sussidiari” non comporta affatto la fondatezza della censura e la sussistenza del denunciato vizio.

Deve al riguardo ribadirsi il condiviso e già affermato principio per cui “il consulente tecnico di ufficio può acquisire, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante dai documenti non prodotti dalle parti” (Cass. civ., Sez. Seconda, sent. 21 agosto 2012, n. 14577).

Per di più parti ricorrenti, non enunciando, sul punto, alcun principio – in ipotesi – violato, non colgono comunque la fondamentale e decisiva ratio della decisione, che – tendendo, come doveva, all’accertamento della verità – ha comunque acclarato lo sconfinamento.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio violazione e falsa applicazione dell’art. 184 c.p.c., e art. 345 c.p.c., comma 3, per aver – la gravata decisione – ritenuto tempestivo, ammissibile e rilevante un documento quale il tipo di frazionamento del 1947.

Tutto il motivo appare incentrato sulla decisione del Giudicè di appello di ritenere ammissibile e valutabile il detto frazionamento, in quanto indispensabile per la decisione relativa al confine in contestazione, ancorchè prodotto tardivamente. La valutazione della decisività del frazionamento rientra innanzitutto – nell’ambito delle competenze proprie della Corte del merito (ed il motivo non prospetta, nè enuncia quale principio sarebbe stato violato nella fattispecie).

Inoltre la sentenza impugnata valuta, comunque, l’ammissibilità del detto documento ritenendola conseguita per effetto della circostanza che lo stesso fu “allegato alla memoria istruttoria di replica” depositata entro il termine per le indicazioni prova contraria: quest’ultima, pure – rilevante, ratio della decisione – sul punto – della Corte territoriale non viene neppure colta. dal ricorso.

Il motivo deve, dunque, essere respinto.

5.- Con il quinto motivo del ricorso si deduce il vizio di omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai fini del giudizio ovvero la rilevanza e/o ammissibilità delle prove per testi.

Il motivo è del tutto inammissibile.

Con lo stesso, in mancanza di autosufficienza, si citano solo le “prove prove capitolate in memoria istruttoria del 24.1.2003″, senza nulla altro aggiungere., come pure dovevasi, al fine di poter valutare compiutamente la questione sottoposta al vaglio di questa Corte.

Per di più (mancando ogni allegazione sulla svolgimento di specifico motivo appello) quella posta col motivo qui in esame, costituisce – allo stato degli atti – questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.

Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile.

Infatti ” i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove O nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito nè rilevabili d’ufficio. (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 30 marzo 2007, n. 7981 ed, ancora e più di recente, Sez. 6 – 1, Ordinanza, 9 luglio 2013, n. 17041).

6.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso va rigettato.

7.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti, in solido, al pagamento in favore delle parti contro ricorrenti delle spese. del giudizio, determinate in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2017

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