Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10796 del 05/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 05/05/2010), n.10796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI GIOIA DEL COLLE, in persona del Sindaco Elettivamente

domiciliato in Roma, v.LE Parioli, n. 43, nello studio dell’Avv.

Prof. D’Ayala Valva Francesco; rappresentato e difeso dall’Avv.

Damasceni Antonio, giusta delega in atti.

– ricorrente –

contro

R.D.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 34/11/2005, depositata in data 7 aprile 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienze del 17

dicembre 2009 dal consigliere Dott. Campanile Pietro;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

1.1 La Commissione tributaria regionale della Puglia, con la decisione indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza della sentenza di primo grado n. 207/22/1998 della Commissione tributaria provinciale di Bari, accogliendo l’appello proposto in via incidentale dal contribuente, ha annullato gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Gioia del Colle nei confronti di R. D. e relativi alla tassa per i rifiuti solidi urbani per gli anni 1994, 1995 e 1996. Nella motivazione si e’ affermato, quanto all’area coperta del bene immobile in cui il R. esercitava la propria impresa, dedita ad attivita’ di segheria e di produzione di imballaggi in legno e cartone, che, a seguito dell’abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39 fosse venuto meno il potere impositivo del Comune con riferimento ai rifiuti speciali prodotti dall’impresa.

Quanto all’area scoperta, e’ stato rigettato l’appello proposto dal Comune in merito all’applicazione della soprattassa, ritenuta dovuta, nella decisione di primo grado, soltanto in relazione all’anno di presentazione della prima denuncia.

1.2 Avverso detta decisione il Comune di Gioia del Colle ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi. L’intimato non si e’ costituito.

Diritto

2.1 – Con il primo motivo di ricorso e’ stata dedotta la violazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, commi 1 e 2 nonche’ vizio di motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Il motivo e’ infondato.

Nella decisione impugnata si sostiene che, a seguito dell’abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, commi 1 e 2 sarebbe venuta meno l’assimilazione legale dei rifiuti speciali a quello urbani, ragion per cui, essendo per altro assente, nel caso di specie, un’esplicita normativa regolamentare emanata dall’ente impositore, i rifiuti provenienti dalle attivita’ economiche di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 7, comma 3 sarebbero da qualificare speciali, come tali non tassabili, ai sensi dello stesso D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3.

Il Comune sostiene che, relativamente agli anni in questione, la L. n. 146 del 1994, art. 39 nell’abrogare il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 60 ha individuato direttamente le categorie di rifiuti da ritenere a tutti gli effetti – senza la valutazione di assimilabilita’ da parte del Comune – assimilati a quelli urbani, e, quindi, assoggettati alla tassa di smaltimento, fino alla sua abrogazione, avvenuta ad opera della norma contenuta nella L. n. 148 del 1998, art. 17 in vigore del 22 maggio 1998, e priva di efficacia retroattiva.

La censura e’ infondata. Deve infatti rilevarsi che questa Corte, con la recente sentenza 29 luglio 2009, n. 17600, seguita da altre pronunce conformi, ribadendo un orientamento gia’ espresso in precedenza (Cass., 7 maggio 2007, n. 10362; Cass., 2 settembre 2002, n. 12749), ha affermato il principio, che il Collegio condivide, secondo cui deve escludersi la generale assimilazione effettuata “ope legis” di tutti i rifiuti (esclusi i tossici e i nocivi) a quelli urbani, che sarebbe stata stabilita dalla L. n. 146 del 1994, art. 39, che ha abrogato il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 60, in tema di equiparazione dei rifiuti. Si sostiene che “tale impostazione e’ errata, perche’ – oltre alla considerazione che l’abrogato art. 60 non conteneva alcun riferimento ai rifiuti industriali – ma soltanto a quelli artigianali, commerciali e di servizi, ragion per cui la sua sostituzione con la L. n. 146 del 1994, art. 39, non appare decisiva al fine di dirimere la questione in esame – l’art. 68 del cit.

D.Lgs., laddove impone ai Comuni di regolamentare le categorie di locali ai fini del computo delle tariffe, esclude esplicitamente (lett. f) la tassabilita’ “delle superfici di lavorazione industriale”.

La L. n. 146 del 1994, art. 39 dunque, ha fatto venir meno la previa valutazione di assimilabilita’ da parte del Comune (Cass., n. 18087/2004), nel senso che ha soltanto escluso la necessita’ di un provvedimento di assimilazione per quei rifiuti gia’ contemplati dall’abrogato art. 60 del citato D.Lgs. n. 507 del 1993, norma che, tuttavia, non ricomprendeva i rifiuti speciali, riconducibili, secondo la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte, nei rifiuti “derivanti da lavorazioni industriali” disciplinati dal D.P.R. n. 915 del 1982, e pertanto prodotti in superfici da considerarsi estranee al computo del calcolo della tassa in questione (cfr. Cass. n. 12749/2002; 19462/2003).

Tanto premesso, deve constatarsi che la decisione impugnata ha correttamente applicato, con congrua motivazione, la norma contenuta nel citato L. n. 146 del 1994, art. 39, con riferimento ai periodi in contestazione.

2.2 – Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto intimamente correlati, e’ stata denunciata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 66, commi 1 e 2 nonche’ vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Nell’impugnata decisione si afferma, con riferimento all’area scoperta, che “non sembra potersi pacificamente disconoscere che la non tassabilita’ della stessa e’ giustificata altresi’, dall’ulteriore circostanza che trattasi, nella specie, di semplice area pertinenziale, rappresentata da strada di accesso e piazzale adibito essenzialmente a parcheggio e manovre di automezzi pesanti, su cui oggettivamente non vengono a prodursi rifiuti di alcun genere”.

Il Comune ricorrente deduce che, a tacere del carattere apodittico con cui si afferma la natura pertinenziale dell’area scoperta, risulterebbe violata la norma contenuta nel citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 66 applicabile nei periodi considerati, in quanto modificata soltanto successivamente, con decorrenza dal 26 gennaio 1997, con L. n. 5 del 1997 di conversione del D.L. n. 599 del 1996.

Il motivo e’ fondato.

La Commissione tributaria regionale, invero, non ha considerato il quadro normativo – che appare opportuno qui di seguito richiamare – applicabile alla fattispecie in esame.

Il testo originario del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dopo aver previsto, in linea generale, nell’art. 62, comma 1, che “la tassa e’ dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti”, stabiliva, nel successivo art. 66, che la superficie delle aree scoperte dovesse essere computata per la meta’ (comma 1), ad eccezione di quelle costituenti pertinenza od accessorio dei locali ed aree tassabili, la cui superficie andava computata nel limite del 25 per cento (comma 2).

Successivamente la L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3 da un lato, modificando il comma 1 del citato art. 62, ha escluso dalla tassazione le “aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni” (e tale esclusione e’ poi rimasta in via definitiva), e, dall’altro, sostituendo i primi due commi dall’art. 66, ha disposto, per le restanti aree scoperte (a parte quelle adibite a verde, soggette ad una particolare disciplina nel nuovo comma 1), il computo della tassa nella misura del 50 per cento (comma 2). E’ poi intervenuto il D.L. 25 novembre 1996, n. 599 (convertito nella L. 24 gennaio 1997, n. 5), il cui art. 2, comma 4 bis, ha previsto che le disposizioni di cui all’art. 66, commi 1 e 2 come sostituiti dal citato L. n. 549 del 1995, art. 3 avessero effetto a decorrere dal 1998, “ferme restando per il 1997 l’imponibilita’ delle superfici scoperte operative e l’esclusione dal tributo delle aree scoperte pertinenziali od accessorie a locali tassabili”. Successivamente, il D.L. 29 settembre 1997, n. 328, art. 6 (convertito nella L. 29 novembre 1997, n. 410), sostituendo il predetto D.L. n. 599 del 1996, art. 2, comma 4 bis ha abrogato i commi 1 e 2 dell’art. 66, “ferme restando per il 1997 e il 1998 l’imponibilita’ delle superfici scoperte operative e l’esclusione dal tributo delle aree scoperte pertinenziali od accessorie a locali tassabili”. Infine, il D.L. 26 gennaio 1999, n. 8, art. 1, comma 3 (convertito nella L. 25 marzo 1999, n. 75), ha stabilito che il disposto del predetto D.L. n. 328 del 1997, art. 6 “continua ad applicarsi anche successivamente al 1998”. La menzionata complessa vicenda legislativa, assolutamente rilevante ai fini della decisione, e’ stata ignorata dalla Commissione tributaria regionale, la quale, nella sentenza impugnata, ha ritenuto la non tassabilita’ dell’area scoperta in questione, in quanto pertinenziale, senza considerare il disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 66, commi 1 e 2.

La sentenza va, pertanto, cassata sul punto, con rinvio ad altra sezione della medesima Commissione, la quale, previo il necessario accertamento in concreto relativamente all’intera area, e tenendo presente che grava sul contribuente l’onere di fornire la prova della sussistenza dei requisiti di fatto previsti dalla legge per beneficiare delle norme che riducono il carico fiscale (cfr., proprio in tema di aree scoperte, Cass., 11 maggio 2007, n. 10791), si atterra’ al principio secondo cui, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani dovuta per gli anni 1994, 1995 e 1996, il regime di tassazione delle aree scoperte, e’ quello risultante dal dettato del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 66, commi 1 e 2.

2.3 – Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 107 del 1993, art. 76, commi 1 e 5 vizio di motivazione e di extrapetizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

Nella decisione impugnata si afferma, al riguardo, che “nella specie, essendo stata accertata, per gli anni 1989, 1990 e 1991, una maggiore superficie rispetto a quella gia’ denunciata, nessuna ulteriore denuncia doveva essere prodotta negli anni successivi, e, pertanto, nessuna sanzione era ed e’ dovuta”.

Tale affermazione si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, “il contribuente di denunziare tempestivamente e fedelmente i dati richiesti dalla legge; non vi e’ necessita’ di ripetere la de-nunzia annualmente, salvo che si verifichino variazioni (art. 70, comma 2). Bisogna infatti considerare che ad ogni anno solare corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria (art. 64, comma 1), ragion per cui, se la denunzia fu incompleta o infedele, ovvero si verifico, ad un dato momento, una variazione, l’obbligo di formulare una denunzia corretta e completa o di denunziare l’intervenuta variazione si rinnova di anno in anno. L’inottemperanza a tale obbligo – sanzionata dall’art. 76 – non puo’ produrre, per decorso del tempo, la decadenza del comune dal potere di accertare le superfici non dichiarate che continuino ad essere effettivamente occupate o detenute, o gli altri elementi costituenti il presupposto della tassa (Cass., 11 febbraio 2005, n. 2823; Cass., 7 agosto 2008, n. 21337; Cass. 7 agosto 2009, n. 18122). Indipendentemente dal vizio di extrapetizione, la cui denuncia non risulta rispettosa del principio di autosufficienza, deve rilevarsi come il riferimento ad avvisi di accertamento relativi ad altre annualita’ non elida la sussistenza della violazione, reiterata anno per anno, dell’obbligo di presentare una nuova dichiarazione in relazione alla maggiore superficie.

Anche in ordine a tale aspetto, pertanto, la sentenza impugnata va cassata, il giudice del rinvio, che provvedera’ alla regolazione delle spese processuali, verifichera’ anche la debenza degli interessi, tenendo presente il principio secondo cui ( in materia tributaria, la soprattassa ricollegabile ad una infrazione ha conseguenze equiparabili ad un supplemento di tributo, qualitativamente diverse da quelle di una semplice pena pecuniaria non produttiva d’interessi, ragion per cui, configurando una prestazione integrativa del tributo al quale si riferisce, cioe’ una mera “maggiorazione” dello stesso, ne ha la medesima natura ed e’ assoggettata alla medesima disciplina, con la conseguenza che su di essa sono dovuti gli interessi (Cass., 12 marzo 2008, n. 6571).

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il primo motivo, ed accoglie nel resto il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale della Puglia.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2010

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