Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10792 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. I, 16/05/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 16/05/2011), n.10792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Calcutta

45, presso l’avv. Alberto D’Auria, rappresentato e difeso dall’avv.

D’Avino Arcangelo per procura in atti,

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli in data 2 marzo

2009, nella causa iscritta al n. 3975/2008 R.G.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 10 dicembre 2010 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

alla presenza del Pubblico ministero, in persona del sostituto

procuratore generale, Dr. FUCCI Costantino, che nulla ha osservato;

LA CORTE:

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi

dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione comunicata al

Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“IL CONSIGLIERE RELATORE;

letti gli atti depositati;

Fatto

RITENUTO IN FATTO

CHE:

1. D.L. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 2 marzo 2009, con il quale la Corte di appello di Napoli, in parziale accoglimento della domanda, ritenuto prescritto il diritto all’indennizzo fino al giugno 2007, ha condannato il menzionato Ministero al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 1.500,00, a titolo di equa riparazione L. n. 89 del 2001, ex art. 2, a causa del superamento, nella misura di un anno e sei mesi a decorrere dal luglio 2007, del termine ragionevole di durata di un giudizio dal ricorrente proposto davanti Tar Campania con ricorso depositato il 15 giugno 1994 e non ancora definito;

1.1. il Ministero intimato ha resistito con controricorso;

OSSERVA:

2. con i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, il ricorrente censura il decreto impugnato, per avere la Corte di merito ritenuto applicabile al diritto all’equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo di cui alla L. n. 89 del 2001, il termine di prescrizione ordinario, decorrente dalla data di instaurazione del giudizio presupposto;

i motivi appaiono manifestamente fondati, in quanto, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Cass. 2009/27719);

3. alla stregua delle considerazioni che precedono e qualora il collegio condivida i rilevi formulati, si ritiene che il ricorso possa essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”; B) osservato che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;

ritenuto pertanto, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2; che, in particolare, determinato in undici anni il periodo di durata non ragionevole del giudizio presupposto, protrattosi per quattordici anni dal 15 giugno 1994 al 25 giugno 2008, previa detrazione del termine ragionevole di durata determinato in tre anni secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e di questa Corte, in ordine al parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito nel processo presupposto, va considerato che la CEDU, in due recenti decisioni (Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010; Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010) ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi e alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille Euro annue normalmente liquidata, con valutazioni del danno non patrimoniale che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a valutazioni più riduttive rispetto a quelle in precedenza ritenute congrue (v. Cass. 2010/14753; 2010/15130);

che nel caso di specie, considerati i margini di valutazione equitativa adottabili in conformità dei criteri ricavabili dalla sopra menzionata giurisprudenza della CEDU e valutate le specificità del caso in relazione al protrarsi della procedura dinanzi al TAR Campania oltre i limiti ragionevoli di durata, e in particolare il modesto valore della causa, riguardante la mancata corresponsione dell’indennità sostitutiva della mensa e dell’indennità di vestiario, al ricorrente va liquidata in via equitativa, per danno non patrimoniale, la somma di Euro 7.000,00 con gli interessi legali dalla domanda, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze soccombente;

B1) considerato che le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione di quelle relative al giudizio di merito in favore dei procuratori del ricorrente, avv.ti Arcangelo e Paolo D’Avino, dichiaratisi antistatari.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 7.000,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore dei procuratori del ricorrente, avv.ti Arcangelo e Paolo D’Avino, dichiaratisi antistatari, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 965,00 di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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