Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1079 del 18/01/2011

Cassazione civile sez. III, 18/01/2011, (ud. 20/09/2010, dep. 18/01/2011), n.1079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17582/2006 proposto da:

NATIONAL SUISSE COMPAGNIE D’ASSURANCES, in persona del Legale

Rappresentante, pro tempore Sig. G.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 14, presso lo studio dell’avvocato

D’ANGELANTONIO Claudio, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ANTONGIOVANNI ELISA giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

IGNAZIO MESSINA & C SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA MERCEDE 52, presso lo studio dell’avvocato MENGHINI

Mario, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MAZZOCCHI MAURIZIO, MORDIGLIA MASSIMO, BRUNO FILIPPO giusta delega in

calce al controricorso;

BOLIS SRL, (già Bolis spa) (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante signor B.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LERICI ANTONIO, con studio in 16121 GENOVA, Via I.

D’Aste, 1/5 se. S., giusta procura in calce al controricorso;

I.T.E. ITALIANA TRASPPORTI ECCEZIONALI DI MONTALBETTI GIUSEPPE

& C

SAS (OMISSIS), nella persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29,

presso lo studio dell’avvocato NOBILONI ALESSANDRO, rappresentata e

difesa dall’avvocato BARTOLOZZI ROBERTO giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n, 94/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

Sezione Prima Civile, emessa il 1 dicembre 2005, depositata il

03/02/2006; R.G.N. 1998/2004, 2007/2004, 2018/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/09/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato Claudio D’ANGELTO;

udito l’Avvocato Mario MENGHINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso

con condanna alle spese.

Fatto

IN FATTO

La National Suisse Compagnie d’Assurances, nel convenire in giudizio dinanzi al tribunale di Genova le odierne resistenti, sulla premessa:

– che il (OMISSIS), nel porto di (OMISSIS), venne caricato e stivato in 4 containers, a bordo di una nave di proprietà della compagnia “Ignazio Messina”, un macchinario per il trasporto a (OMISSIS);

– che, giunti a destinazione il successivo (OMISSIS), i containers furono depositati presso il terminal della compagnia Messina sino all'(OMISSIS);

– che il materiale contenuto nei tre containers “flat rack” venne preso in consegna dal vettore terrestre ITE per essere trasportati in provincia di (OMISSIS), presso la sede della destinataria finale Unigraf, mentre il container “open top” fu ivi trasportato a cura della stessa compagnia di navigazione;

– Che il macchinario fece sosta a (OMISSIS) presso la società Bolis, per l’espletamento delle operazioni doganali;

– Che, al momento della consegna alla Unigraf, esso si presentò gravemente danneggiato;

– che, per l’effetto, l’attrice National Suisse erogò agli aventi diritto la somma di 500 mila franchi svizzeri;

chiese che l’adito tribunale volesse condannare le convenute al pagamento, in via solidale o alternativa, della somma corrisposta, avendo essa attrice intenso agire tanto in surroga quanto in qualità di cessionaria dei diritti della società Agostini, e quale cessionaria dei diritti delle società Panalpina e Unigraf.

Il giudice di primo grado, ritenuta paritaria la responsabilità delle società evocate in giudizio dalla attrice, accolse la domanda, condannandole tutte al risarcimento dei danni pari all’importo pagato, in virtù di accordo transattivo, dalla National Suisse.

La sentenza fu impugnata da tutte le convenute dinanzi alla corte di appello di Genova, la quale, dichiarata in limine la nullità della sentenza di primo grado, ne accolse integralmente il gravame, rigettando la domanda della compagnia assicuratrice.

Quest’ultima impugna oggi la sentenza della corte territoriale con ricorso per cassazione sorretto da 3 motivi di gravame.

Resistono con controricorso le società Ignazio Messina, Ite, Bolis.

Tutte la parti costituite hanno tempestivamente depositato memorie illustrative.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1260 c.c., e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

Il motivo – che ripropone, nella sostanza, le doglianze già rappresentate in sede di giudizio di appello in ordine alla pretesa esistenza di un proprio diritto di surroga e di una propria, asserita qualità di cessionaria di diritti di credito altrui – è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto, con motivazione scevra da vizi logico-giuridici (ff. 17-18 della sentenza impugnata), che, con riferimento ai rapporti con la Agostini SA, non fosse lecito affermare che l’atto di quietanza in surroga prodotto dall’appellante oggi ricorrente si riferisse al trasporto e alla merce per la quale è ancor oggi processo, nè, conseguentemente, che esso avesse valenza di cessione di diritti; con riguardo ai rapporti con la Panalpina, che la imprecisione contenutistica del documento (f. 18, in fine) assorbiva le ulteriori considerazioni in diritto in ordine alla diversa titolarità del vettore marittimo rispetto alle risultanze di polizza e alla novità della domanda nella parte in cui essa volgeva, in medias res causae, a far valere una responsabilità da deposito; con riferimento, infine, ai rapporti con la Unigraf, che la ancor più patente imprecisione della dichiarazione di cessione – carente di ogni pur necessaria specificazione in ordine al viaggio, alle date, alla, tipologia del macchinario – si ponesse a sua volta come ostativa al riconoscimento della tesi della cessione si come prospettata dalla Nationale Suisse.

La corte di appello, pertanto, non è incorsa in alcuna violazione della norma di diritto evocata dalla ricorrente a fondamento del primo motivo di doglianza, avendo per converso accertato, in linea di fatto, la mancata o insufficiente valenza probatoria della documentazione in atti al fine di ritener legittimamente predicabile l’esistenza di un negozio di cessione o di surroga. Di talchè il predetto motivo si risolve, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito, volgendosi ad invocare una diversa lettura degli atti del processo mentre la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 del codice di rito non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico/formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove c.d. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, un error iuris della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum) sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

In particolare, quanto all’interpretazione adottata dai giudici di merito con riferimento al contenuto della documentazione probatoria a contenuto negoziale per la quale è processo, alla luce di una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, va nuovamente riaffermato che, in tema di ermeneutica contrattuale, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma esclusivamente il rispetto dei canoni normativi di interpretazione (sì come dettati dal legislatore all’art. 1362 c.c., e segg.) e la coerenza e logicità della motivazione addotta (così, tra le tante, funditus, Cass. n. 2074/2002): l’indagine ermeneutica, è, in fatto, riservata esclusivamente al giudice di merito, e può essere censurata in sede di legittimità solo per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle relative regole di interpretazione (vizi entrambi impredicabili, con riguardo alla sentenza oggi impugnata), con la conseguenza che deve essere ritenuta inammissibile ogni critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca nella sola prospettazione di una diversa valutazione ricostruttiva degli stessi elementi di fatto da quegli esaminati.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 253 e 112 c.p.c..

La corte di appello – lamenta la società ricorrente – avrebbe negato la possibilità di provare per testi l’esistenza delle indicate surroghe e/o cessioni Il motivo (pur volendo prescindere dalla sua evidente inammissibilità) è a sua volta infondato.

Il convincimento del giudice territoriale in ordine alla mancanza/carenza di prova documentale delle declamate surroga/cessione è stato, difatti, espresso in termini di irredimibile inequivocabilità, onde la (legittimamente) ritenuta superfluità di qualsivoglia acquisizione testimoniale, giusta apprezzamenti di fatto incensurabili in questa sede sì come correttamente e logicamente motivati, attesa, tra l’altro, la corretta applicazione del principio di diritto, più volte affermato da questa corte regolatrice, secondo il quale i capitoli di prova possono soltanto chiarire i fatti riferiti dal teste e non anche integrare o supplire alle carenze della prova dedotta.

Con il terzo motivo, si denuncia un vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Il motivo è palesemente inammissibile, attesa la altrettanto palese violazione del principio di autosufficienza, mancando del tutto la benchè minima allegazione dei fatti da cui il lamentato vizio di motivazione sarebbe destinato ad emergere.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese (che possono per motivi di equità essere in questa sede compensate) segue come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2011

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