Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10788 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10788 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 08/05/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

Libri Carlo, rappr. e dif. dall’avv. Fabio Pace, elett. dom. presso il relativo studio in
Milano, corso di Porta Romana n.89/B, come da procura a margine dell’atto
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estensore co

ferro

-controricorrenteper la cassazione della sentenza Con-im. Tribut. Regionale di Roma 29.10.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 27 marzo 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso per il rigetto, in subordine l’accoglimento del ricorso.

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Roma 29.10.2007, che, in riforma solo parziale della sentenza C.T.P. di
Roma n. 93/38/2005, ebbe ad accogliere per una sola parte l’appello dell’Ufficio,
così statuendo la illegittimità del diniego del rimborso della maggior ritenuta
d’acconto Irpef operata dall’ENEL sulle prestazioni dall’ente erogate a tale suo ex
dirigente, in relazione alla capitalizzazione del trattamento di previdenza integrativa
aziendale, dovendosi applicare sulla circoscritta somma liquidata (al netto dei premi e
delimitata a quelli versati dal dipendente) l’aliquota del 12,5% e non quella riservata
al T.F.R., stante la riconosciuta natura di tipo previdenziale-assicurativo della
prestazione e la stipula originaria antecedente al d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, nonché
la maturazione delle somme percepite prima del 1.1.2001.
Ritenne la C.T.R. che l’emolumento corrisposto fosse correlato, da parte dell’ex
dirigente, ad una maturazione e riscossione di un reddito di capitale su contratto di
assicurazione, ancora disciplinato dall’art.6 della legge n.482 del 1985 e poi l’art.42,
comma 4, TUIR appositamente dettata per regolare l’imposizione fiscale al 12,5%
sulle somme corrisposte ai sensi di contratti di assicurazione sulla vita e
relativamente ai rendimenti di capitale, trattandosi di iscritto a forme pensionistiche
complementari sorte anteriormente alla entrata in vigore del d.lgs. n.124 del 1993.
Il ricorso è affidato a tre motivi, è resistito dal contribuente con controricorso,
entrambe le parti hanno depositato memoria.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, si deduce il vizio di legittimità, in violazione degli artt. 42,
co.4, d.P.R. n. 917/1986 (ratione tempoyis, oggi art.45), 6 1. 26.9.1985, n.482, 16, co. 1
lett.a) (oggi 17) TUIR, 1, co.5, d.l. 31.12.1996, n.669 (conv. in 1. 28.2.1997, n.30) in
relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. fatto
applicazione del principio della tassazione agevolata al 12,5% su tutte le forme di
capitale erogate ad iscritti a forme di previdenza complementare anteriori al d.lgs.
n.124/1993 e non già a quelle sole erogate in dipendenza di contratti di assicurazione
sulla vita o di capitalizzazione.
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uditi l’avvocato Alessandro Maddalo per l’Avvocatura dello Stato e l’avvocato Fabio
Pace per parte controricorrente;

1. Ilprimo ed il secondo motivo, da esaminare congiuntamente per l’evidente connessione,
risultano ammissibili – non trattandosi di questioni nuove, ma di argomentazioni
giuridiche a sostegno della stessa ipotesi (inapplicabilità, nella specie, della tassazione
per i redditi da capitale) – e sono parzialmente fondati. La questione, sul rilievo
dell’esistenza di una concatenazione temporale di discipline diverse e di un’esigenza
metodologica di approfondimento del regime di tassazione delle somme erogate in
forma di capitale ai dipendenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro da
fondi che assicurino prestazioni pensionistiche complementari o comunque
erogazioni a capitale ovvero a rendita o entrambi in aggiunta al trattamento di
pensione ordinario ed al T.F.R. rispettivi, ha rinvenuto un punto fermo con l’arresto
delle Sezioni Unite n. 13642 del 2011 (e n. 13643/2011), cui anche questo Collegio
intende conformarsi in difetto di altre suggestioni ermeneutiche e data la omologa
fattispecie anche in quel precedente considerata. Spartiacque della materia è il
discrimine temporale che distingue la situazione dei soggetti che siano iscritti a forme
pensionistiche complementari prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993
(com’è nella vicenda in esame) e quella dei soggetti che siano iscritti a forme analoghe
in epoca successiva all’entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo: solo ai
secondi, invero, sarebbe applicabile il trattamento tributario stabilito al predetto d.lgs.
n.124, dall’art. 13, comma 9, il quale assoggetta le prestazioni in forma di capitale a
tassazione separata ai sensi del TUIR [approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,
art. 16, comma 1, lett. a), e successive modificazioni ed integrazioni, e ciò all’esito
della norma interpretativa di cui al d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 1, comma 5,
(convertito con modificazioni con 1. 28 febbraio 1997, n. 30), il quale prevede che “La
disposizione contenuta nel D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art. 13, comma 9, e quella contenuta nel
testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42,
comma 4, ultimo periodo, introdotta dalla L 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, comma 3, (a norma
del quale la disposizione prevista dall’art. 42, comma 4 “non si colica in ogni caso alle prestazioni
erogate in forma di capitale ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni ed
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Con il secondo motivo, si deduce il vizio di legittimità, in violazione degli artt.
1362,1363, 1369, 1882, 1919 cod.civ., 1 e 33 e s. d.P.R. 13.2.1959, n.449, 42, co.4,
d.P.R. n. 917/1986 (ratione temporis, oggi art.45), 6 1. 26.9.1985, n.482, 16, co. 1 lett.a)
(oggi 17) TUIR, 1, co.5, d.l. 31.12.1996, n.669 (conv. in 1. 28.2.1997, n.30) in
relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. qualificato
come contratto di assicurazione sulla vita ovvero di capitalizzazione il CCNL sul cui
fondamento, con le sostituzioni successive, si è formato il titolo alla base
dell’erogazione delle prestazioni di capitale in esame.
Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione insufficiente, in relazione
all’art.360 n.5 cod.proc.civ., avendo erroneamente la C.T.R. omesso di valutare
l’impossibilità per ENEL di stipulare contratti di capitalizzazione o di assicurazione
ed invero l’assunzione da parte di tale ente dell’impegno a corrispondere un importo
di pensione fissato una volta per tutte, a prescindere dall’impiego dei capitali deputati
al relativo rendimento di gestione ed avendo la C.T.R. determinato l’ammontare del
rendimento sulla base di una documentazione priva di completezza, da cui invece si
sarebbero dovuti evincere i premi versati ed il rendimento ritratto.

2. E tuttavia, una scelta netta per una tassazione analoga a quella applicata sui redditi
di lavoro fu operata solo con il d. lgs. n. 124 del 1993, in particolare con l’art. 13,
comma 9, introdotto dalla 1. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, ma con riserva di
applicazione alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti
ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del
decreto. Per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni
erogate non è dunque indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni
stesse, che, anche nel caso concreto, trattandosi di un Fondo di previdenza
complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale
prevalente, sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti
imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal
lavoratore) e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte
del Fondo del capitale accantonato. Sicché possono essere tassate in modo analogo al
TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme
corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie P.I.A., cui seguì il
trasferimento della posizione individuale nel Fondo Enel), si applica la tassazione nella
misura del 12,50% ai sensi della 1. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 [i commi 1 e 2, del
richiamato art. 6, sono stati poi abrogati dall’art. 14, del d.lgs. n. 47 del 2000, per i
contratti stipulati in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto, stabilendo
l’applicazione dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura prevista dal
d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461, art. 7, à redditi compresi nei capitali corrisposti in
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integrazioni”), devono intendersi rz:ferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche
complementari successivamente alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 124 del 1993″.
Ad una situazione definita “binaria”, con la distinzione tra “vecchi iscritti” e “nuovi iscritti”
a forme pensionistiche complementari, pose fine il d.lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, art.
12, comma 1, [come modificato dal d.lgs. 12 aprile 2001, n. 168, art. 9, comma 1, lett.
a)], a norma del quale — ricordano le S.U. – “per i soggetti che risultano iscritti a forme
pensionistiche complementari alla data da cui ha effetto il presente decreto, le disposizioni introdotte
dall’art. 10 (relativamente al “trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate ai sensi
del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124’9 si applicano alle prestazioni rz:firibik agli importi maturati a
decorrere dal 1 gennaio 2001. Per i medesimi soggetti, relativamente alle prestazioni maturate fino a
tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente”. Ed anche qui si ripete
l’osservazione per cui il d.lgs. n. 47 del 2000, all’art. 3 ebbe ad abrogare, tra l’altro, il
comma 9, dell’art.13 del d.lgs. n. 124 del 1993 (disposizione poi del tutto espunta,
come l’intero decreto legislativo, dal d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, art. 23, a decorrere
dal 1 gennaio 2007).
Le Sezioni Unite hanno dato atto della differenza principale tra le due forme di
risparmio, finanziario e previdenziale, risultando nel primo caso l’investimento
concernere una somma già patrimonio del soggetto, mentre nel secondo caso una
somma che origina direttamente da redditi di lavoro, con correlazione tra
investimento e redditi di lavoro implicante, per il regime tributario delle prestazioni
erogate dà Fondi pensione, una tendenziale corrispondenza allo schema di tassazione
“cui sono soggetti i redditi da cui l’investimento trova alimento.”.

3. Cessata ogni distinzione di trattamento alla data del 1 gennaio 2001, solo a
decorrere dalla quale, a norma del d. lgs. n. 47 del 2000, non è più consentito
distinguere tra capitale e rendimento, le polizze vanno assoggettate nella loro interezza
al regime della tassazione separata di cui al d.P.R 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16,
comma 1, lett. a) e può dirsi avvenuto il superamento della scissione del legame
genetico del “rendimento” con il rapporto di lavoro e la causa previdenziale della
polizza. D’altronde, può osservarsi che la peculiarità del regime anteriore alla vicenda
normativa iniziale operante come spartiacque regolativo, e cioè il d.lgs. 21.4.1993,
n.124, segnò l’esordio della istituzione di forme di previdenza di tipo privatistico,
posto che, in precedenza, il trattamento previdenziale era schematizzato in una
disciplina pubblicistica, cui in via di mero fatto si poteva aggregare, per prestazioni
aggiuntive e dunque del tutto tipicamente, il solo contratto di assicurazione. Ciò
permise a questa Corte, seguita da altre pronunce omogenee (Cass. 287/2012,
14498/2012,
23520/2012,
1413/2013)
di
affermare
che
5571/2012,
“in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che
risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di
previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale
prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31
dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al dP.R 22
dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (TU.I.R), solo per quanto riguarda la
“sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto
di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta
del 12,50%, prevista dalla L n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dai 1
gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al d.P.R 22 dicembre
1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art 17 (ru.LR)”.
4. Anche nella vicenda di causa pertanto va ribadita, per gli importi maturati entro il
31 dicembre 2000, l’applicazione della ritenuta del 12,50% sulle sole somme relative
alla liquidazione del rendimento, sussistendo il diritto del contribuente al rimborso per
gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 della differenza tra quanto versato
all’erario dal sostituto d’imposta e quanto dovuto a seguito dell’applicazione
dell’aliquota del 12,50% ai sensi della 1. n. 482 del 1985, art. 6 alle sole somme
liquidate per il rendimento. Va aggiunto invero, ripetendo un principio esplicitato da
Cass. 23520/2012, che “le somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore a titolo di conversione
del trattamento pensionistico integrativo aziendale (cd. PIA), per la parte costituita dalla
remunerazione del capitale investito, sono soggette all’aliquota fissa del 12,5%, ai sensi dell’art. 6
della legge n. 482 del 1985 (nella specie, applicabile ratione temporis) [poi art. 42, co.4, TUIR ex
art.1, co.5, d.l. n.669/1996], e non alla tassazione separata del trattamento di fine rapporto di
cui all’ari’. 17, comma 2, del d.P.R. n. 917 del 1986, non solo quando il suddetto trattamento
pensionistico integrativo sia dovuto per effetto della stipula di un’assicurazione sulla vita o di un
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dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione e ai redditi
derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui al TUIR, art. 47,
comma 1, lett. h-bis), erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi
funzione previdenziale].

5. Il ricordato principio di diritto, peraltro, non ha trovato completa attuazione, ove
non è stato compiuto un accertamento sulla natura e quantità del rendimento che
sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia
stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e
quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi —
come detto – solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al
12,50%. Per tale ragione, alla stregua di decisioni conformi evidenzianti il medesimo
limite (Cass. 287/2012 e, da ultimo, 1411/2013, 1412/2013, 1413/2013, 1414/2013,
1415/2013, 1416/2013, 4905/2013), il ricorso deve essere parzialmente accolto, con
la conseguente cassazione della sentenza impugnata nel senso indicato e con rinvio
della causa ad altra Sezione della medesima C.T.R. (in diversa composizione) perché
accerti, previa disamina dei meccanismi di funzioname e to del fondo
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piano di capitaliucqione, ma anche quando sia dovuto per effetto della stz:pula di un contratto con
soggetti diversi da una società di assicurcqione, giacché quel che rileva ai fini suddetti è che sia stato
applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo.”. Si deve
infatti considerare non decisiva la non conformità dei contratti (stipulati sulla base del
CCNL 16.5.1985 ed in sostituzione delle originarie previsioni dapprima negoziali che
ne furono attuazione) al modello formale assicurativo o a capitalizzazione e che non
siano stati stipulati con imprese esercenti attività assicurative, essendo pacifico che la
prestazione erogata è stata costituita grazie all’impiego di capitali accumulati (con
versamenti del datore di lavoro e dell’iscritto al Fondo ENEL, aggiuntivi rispetto agli
accantonamenti del TFR, dunque con causa autonoma) ed erogata al di fuori di una
scadenza diretta del pregresso rapporto di lavoro (la sua percezione avvenne solo anni
dopo la stessa liquidazione del TFR), in presenza di una gestione delle somme
effettuata con sistemi tecnico-finanziari della capitalizzazione e con l’apposizione delle
riserve matematiche (o comunque con copertura finanziaria costante delle prestazioni
erogate), secondo le condizioni-quadro fissate dall’iniziale fonte consensuale collettiva.
Alla stregua di questa, il c.d.a. dell’ENEL già il 5.6.1985 recepì detto CCNL
(prevedente la stipula di una polizza vita ex art.1919 c.c.) e poi, in data 16.4.1986,
concluse un accordo sindacale di recepimento e sostituzione dell’art.12, comma 4,
CCNL stesso, all’insegna di una forma di previdenza privata rimessa all’autonomia
aziendale, autonoma rispetto al rapporto di lavoro subordinato (con cessazione del
rapporto di lavoro, da parte del contribuente, in data consistentemente anteriore
rispetto alla liquidazione del capitale) e sostanzialmente attuata con una polizza di tipo
assicurativo, alla cui stregua furono erogate prestazioni di capitale dipendenti da
un’originaria prestazione previdenziale del citato modello, stipulata prima della
vigenza del d.lgs. n.124 del 1993 e non a caso rimettente alla scelta dell’ex dirigente la
possibilità di trasformare la rendita pensionistica nel frattempo instaurata in capitale,
secondo una prerogativa connotante il contratto a natura assicurativa e per
prestazione equivalente a quella prevista nei contratti originari di assicurazione sulla
vita (in base all’accordo collettivo modificativo del luglio 2000), per tale ragione
meramente convertiti e poi ripristinati alla stregua della configurazione aperta del
primo rapporto, mai cessato nei suoi effetti giuridici e generante, per le ragioni
anzidette, reddito di capitale.

6. Il terzo motivo è inammissibile. Vi fa invero difetto il necessario cd. quesito di fatto,
non rinvenendosi nella specie, oltre una generica richiesta di sovvertire la valutazione
espressa dal giudice di merito in ordine alla portata assicurativa e non previdenziale
dell’emolumento in contestazione, sulla base di una certificazione peraltro
identificativa di voci distinte quanto a capitalizzazione della pensione (attualizzata ai
fini della conversione permessa in contratto) e rendimento, la conclusione a mezzo di
apposito momento di sintesi: condivide invero la Corte l’indirizzo secondo cui
l’inammissibilità ricorre “anche quando l’indicazione de/fatto decisivo controverso sia rilevabile
dal complesso della formulata censura, attesa la ratio che sottende la disposizione [di cui all’art.366bis cod.proc.civ. applicabile al ricorso], associata alle esigenze deflattive de/filtro di accesso alla
S. C, la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia
l’errore commesso dal giudice di merito.” (Cass. 24255/2011; 4556/2009; Cass. s.u.
20603/2007).
7. Rileva poi il Collegio l’inammissibilità delle censure esposte dalla ricorrente solo in sede
di memoria, non apparendo esse — per la parte in cui non sono assorbite – sviluppo
argomentativo delle tesi giuridiche rappresentate in modo esplicito e chiaro nel
ricorso, né in diretta e sicura relazione con i motivi di contestazione già introdotti nei
gradi di merito (e, per tale parte, solo genericamente richiamati nell’atto introduttivo
della presente fase), dunque refluendo esse in sostanziali critiche di portata del tutto
nuova: nel giudizio di legittimità, invero, l’individuazione delle censure avviene solo
attraverso i motivi contenuti nel ricorso e sulla base di questi (Cass. s.u. 9069/2003,
12962/2005). Conclusivamente questa Corte, ribadendo un indirizzo cui intende dare
continuità in difetto di diverse suggestioni interpretative, osserva che “nel giudizio civile
di legittimità, con le memorie di cui all’art. 378 cod. proc. civ., destinate esclusivamente ad illustrare e
chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie,
non è possibile specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie Tomentazioni che
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P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni ed in coerente applicazione con il principio
enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale costituito dagli
accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal
lavoratore, così verificando se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili,
capitali
rivenienti
siano
stati
dalla
contribuzione
effettivamente investiti sul mercato finanziario, quali siano stati i
risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle
eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; sulla scorta di tale indagine, il
giudice del rinvio quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al
contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato
finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del
datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e,
conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo
a tale parte l’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla legge n. 482 del
1985, art. 6; fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al
d.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17). Il giudice del rinvio
provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

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non fossero state adeguatamente proipettate o sviluppate con il detto atto introduttivo, e tanto meno,
per dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto
di difesa della controparte in consideraione dell’esigena per quest’ultima di valersi di un congruo
termine per esercitare la facoltà di replica.” (Cass. s.u. 11097/2006, 18195/2007).

La Corte accoglie parzialmente il primo e secondo motivo del ricorso principale
ed ai sensi di cui in motivazione, dichiara inammissibile il terzo motivo, cassa la
sentenza impugnata e per l’effetto rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2013.

P.Q.M.

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