Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10780 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. III, 22/04/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 22/04/2021), n.10780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente di sez. –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 34751/2018 R.G. proposto da:

MALCA-AMIT ITALY SRL, società unipersonale, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LAZZARO SPALLANZANI 22, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

VERGANI, che lo rappresenta e difende in uno all’avvocato GUIDO GRAN

ZOTTO;

– ricorrente –

contro

CHIMET SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, da

considerarsi, in difetto di elezione di domicilio in ROMA, per legge

ivi domiciliato presso la Cancelleria della CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO ALBONI;

– intimata costituitasi con memoria –

avverso la sentenza n. 1668/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 21/09/2018;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 13/11/2020 dal

Dott. Franco DE STEFANO;

uditi gli avvocati Guido GRANZOTTO, e Roberto ALBONI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. CARDINO Alberto, il quale ha concluso chiedendo

l’accoglimento del primo motivo di ricorso per quanto di ragione,

nonchè del secondo, assorbiti gli altri.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Malca – Amit Italy s.r.l. unipersonale (d’ora in avanti anche solo “Malca-Amit”), vettrice specializzata in metalli preziosi, ricorre, affidandosi ad atto notificato a mezzo posta elettronica certificata il 22/11/2018 ed articolato su otto motivi, per la cassazione della sentenza n. 1668 del 21/09/2018, con cui la Corte d’appello di Torino, in riforma della sentenza di rigetto del Tribunale di Alessandria, ha accolto la domanda proposta nei suoi confronti dalla mittente Chimet spa per il risarcimento del danno quantificato nel controvalore della merce perduta già corrisposto alle proprietarie e destinatarie finali del prodotto Gold & Cash e Angentor Essayeurs per Euro 2.938.743,70 – patito per la perdita di sei barre d’oro (per 74,3107 Kg) affidate con altre quattro per il trasporto dal proprio stabilimento in Italia alla destinataria (OMISSIS), a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, per inadempimento rispettivamente – dell’obbligazione di consegna door to door e della prestazione essenziale di idonea copertura assicurativa full liability option.

2. Nell’atto di citazione in data 01/03/2012 l’attrice aveva riferito del contratto di spedizione di circa Kg 124 di oro puro in lingotti, inviati il 28/10/2001 dal suo stabilimento di (OMISSIS) e giunti solo in parte a destinazione, avendo la polizia belga all’arrivo constatato che sei delle dieci barre erano state sostituite con manubri da palestra di eguale peso; ma la convenuta, dedotto che il trasporto era stato affidato per il tratto dallo stabilimento di Chimet spa fino alla sede di Malca Amit srl in (OMISSIS) alla Securpol Group srl, altra vettrice specializzata in trasporto valori, aveva chiamato in causa quest’ultima, la quale, a sua volta e prima di contestare l’attiva legittimazione della controparte e comunque ogni sua responsabilità, aveva chiamato in garanzia la propria assicuratrice Assicuratori dei Lloyds of London sottoscrittori della polizza n. (OMISSIS).

3. Negata dall’ultima chiamata ogni responsabilità vettoriale e comunque l’operatività stessa della polizza, il Tribunale di Alessandria escluse trattarsi di trasporto cumulativo e qualificò il rapporto vettoriale come intercorso tra Chimet e Malca-Amit, configurandosi la Securpol quale sub-vettore indicato dalla vettrice per la prima tratta, interamente nazionale, con conseguente responsabilità integrale della convenuta ai sensi dell’art. 1693 c.c.; ma, avendo gli inquirenti belgi accertato una falla di sicurezza nei sistemi di chiusura dei fusti confezionati da Chimet (la cui fascia poteva essere tolta e riapposta senza tracce), ritenne impossibile escludere che la manomissione fosse avvenuta durante la permanenza dei fusti presso la sede Chimet, ma pure concludere che la manomissione fosse avvenuta in una delle tratte successive, gestite prima da Securpol e poi da Malca-Amit; pertanto, neppure avendo quest’ultima assunto contrattualmente obbligazioni di verifica del contenuto dei colli, la domanda fu respinta per difetto di prova “in punto responsabilità”, con condanna dell’attrice alle spese di lite in favore di ognuna delle controparti, cioè la convenuta e le chiamate in causa.

4. Col suo appello la Chimet spa sostenne l’erroneità della valutazione delle risultanze istruttorie e la contraddittorietà della motivazione, deducendo la sussistenza di ampi elementi presuntivi a sostegno dell’affermata responsabilità del vettore e comunque insistendo sulle istanze istruttorie sulla circostanza dell’inserimento di tutti i lingotti nei fusti fin dall’origine; la Malca-Amit srl oppose nuovamente il fatto colposo o doloso del mittente, negò la sussistenza di propri obblighi contrattuali assicurativi della merce e riproponendo in via subordinata le proprie eccezioni e difese, tra cui quella di carenza di legittimazione attiva di Chimet, nonchè la domanda di manleva verso Securpol; e questa chiese solo il rigetto dell’appello, senza rinnovare la domanda di manleva verso la sua assicuratrice, la quale evidenziò tale mancata riproposizione.

5. Interrotto e riassunto il processo per l’intervenuta declaratoria dello stato di insolvenza di Securpol, collocata in amministrazione straordinaria e non costituitasi in sede di riassunzione, la sentenza di secondo grado ha definito il gravame accogliendo l’originaria domanda risarcitoria – con declaratoria di improcedibilità della domanda verso la subvettrice e maggiorando la sorta di interessi e rivalutazione sull’ingente somma dalla scoperta del furto al saldo – sul rilievo preliminare ed in rito della mancata proposizione di appello incidentale sulla titolarità del credito risarcitorio e sulla qualifica di subvettrice di Securpol, nonchè, nel merito, in esito ad una valutazione delle prove antitetica rispetto a quella operata dal primo giudice: in particolare, la corte territoriale ha concluso nel senso della carenza di prova liberatoria per la vettrice, una volta svalutate le circostanze imputabili alla mittente quali mera agevolazione della commissione del furto ed, anzi ricostruito questo come con ogni probabilità perpetrato per colpa della subvettrice.

6. Degli intimati resiste con “memoria di costituzione”, di cui non consta notificazione ad alcuno, la sola Chimet spa; e, disposta con ordinanza n. 7938 del 20/04/2020 l’acquisizione del fascicolo di ufficio con la sentenza di primo grado, è stata infine fissata per la trattazione la pubblica udienza del 15/12/2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, è irrituale la “memoria di costituzione” dell’intimata Chimet spa, che si presuppone non notificata ad alcuna, poichè nel giudizio di legittimità il contraddittorio si instaura esclusivamente mediante notifica degli atti a tale fine previsti, salve le sole eccezioni previste dalla specifica ed esplicita disciplina processuale (Cass. ord. 20/10/2017, n. 24835).

2. Ne consegue, tra l’altro, che la procura speciale rilasciata in calce all’anzidetta memoria non sia valida, restando priva di efficacia l’autenticazione del difensore, il cui potere certificativo è limitato agli atti specificamente indicati nell’art. 83 c.p.c., comma 3 (Cass. Sez. U. 10/04/2019, n. 10019; Cass. 26/07/2019, n. 20322); e nessuno può dirsi non solo ritualmente costituito per l’intimata suddetta, alla quale il ricorso è stato notificato regolarmente e tempestivamente, ma neppure avere mai svolto alcuna rituale attività difensiva nella presente sede di legittimità.

3. Tanto premesso, la prima delle censure che la ricorrente muove alla gravata sentenza è di “violazione e falsa applicazione degli artt. 343 e 346 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: in estrema sintesi, essa sostiene la piena sufficienza della mera riproposizione in appello della contestazione della legittimazione attiva di Malca-Amit Italy srl, rimasta assorbita in primo grado, senza cioè la necessità di una sua formulazione mediante appello incidentale; al riguardo, essa invoca la corretta lettura di Cass. Sez. U. n. 11799/17 in relazione al contenuto della sentenza di primo grado, che quella di appello ha ritenuto avere comunque definito la questione; e conclude negando la possibilità di integrare per congetture la motivazione del primo giudice, alla stregua, tra le altre, di Cass. 30104/17.

4. Orbene, la Corte d’appello qualifica formato un giudicato in base al rilievo che sarebbe stata “nemmeno tanto implicitamente” rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva (o di titolarità sostanziale del diritto risarcitorio) per essere stata la decisione del tribunale fondata “sullo step logico successivo dell’accertamento delle modalità del furto, superando la questione della titolarità del diritto da parte di CHIMET, senza appellarsi al criterio della c.d. “ragione più liquida” ed anzi menzionando espressamente e previamente in motivazione, nella ricostruzione dei fatti, come accertate, le circostanze che l’oro fosse stato mandato a CHIMET dalle società estere Gold & Cash e Argentor Essayeurs in conto lavorazione e che fosse stato spedito da CHIMET dopo la lavorazione “presso” Numagold, in tal modo disattendendo, in fatto, la prospettazione della convenuta, fondata sulla tesi che tali società estere non fossero le proprietarie della merce e che gli atti di cessione dei crediti per cui è causa prodotti fossero inefficaci”.

5. In definitiva, la qui gravata sentenza statuisce che la stessa motivazione sull’esclusione della responsabilità all’esito della ricostruzione dei fatti implica, “nemmeno tanto implicitamente” e senza neppure bisogno che quella sia la ragione più liquida, l’accertamento della legittimazione attiva o della titolarità del diritto risarcitorio: per averlo negato in concreto, doveva quindi essere necessario almeno avere accertato la correttezza della tesi o premessa di avere il potere di azionarlo e tanto avrebbe implicato disattendere, “in fatto”, l’opposta prospettazione della convenuta.

6. Non c’è bisogno di valutare l’applicabilità o meno, anche alla fattispecie in esame, dei principi in tema di “ragione più liquida”, puntualizzati (da Cass. Sez. U. 25/05/2018, n. 13195) nel senso che “la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perchè assorbite”).

7. Neppure occorre approfondire la questione dei presupposti di configurabilità dell’assorbimento della domanda o della questione: il quale, com’è noto, si ha (tra le altre: Cass. Sez. U. 17/02/2017, n. 4225) in senso proprio quando la decisione sulla domanda o sulla questione assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda o sulla questione assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande per la soluzione di una questione di carattere esaustivo (Cass. 27/12/2013, n. 28663; sulla seconda parte, v. pure Cass. 12/07/2016, n. 14190).

8. Infatti, la conclusione della corte territoriale non può essere condivisa, anche solo ad applicare correttamente i principi elaborati da Cass. Sez. U. 12/05/2017, n. 11799: per la quale, “in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345 c.p.c., comma 2 (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329 c.p.c., comma 2), nè sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di prime cure”.

9. E’, in altri termini, necessario che il rigetto della questione o della domanda sia chiaro ed inequivoco (come si esprimono, tra le altre successive a Cass. Sez. U. n. 11799/17 e sia pure per escludere in concreto la sufficienza della riproposizione, Cass. ord. 19/10/2017, n. 24658, nonchè Cass. 28/08/2018, n. 21264), non bastando potendosi desumere che l’una o l’altra siano o possano essere stati disattesi in fatto: quanto più complesse sono le prospettazioni e quanto più allora esigano accertamenti in fatto e statuizioni in diritto, la mancanza di un’argomentazione del giudicante a sostegno anche solo implicito della conclusione non può poi, senza ledere in modo insostenibile il diritto di difesa della parte, imporre al preteso soccombente sul punto la formulazione di un motivo di appello dotato della necessaria specificità, richiesta dal tenore vigente dell’art. 342 c.p.c.

10. Ora, una motivazione chiara ed inequivoca di rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione attiva (quand’anche da riqualificarsi come titolarità del diritto risarcitorio azionato) non può dirsi essere stata formulata dal primo giudice nella specie, alla stregua della diretta disamina del tenore letterale della sentenza del tribunale, reso possibile per l’adeguata contestazione del medesimo operata nel ricorso e dall’intervenuta acquisizione del fascicolo di primo grado.

11. Invero, la pronuncia sull’esclusione in concreto “in punto responsabilità” (come si esprime il primo giudice), svolta all’esito di una accurata disamina esclusivamente dei fatti a tale fine e ridotto a mera premessa in fatto il rilievo della dichiarata legittimazione o titolarità in concreto del diritto al risarcimento, non può affatto avere in modo chiaro ed inequivoco implicato la risoluzione delle questioni indotte dalla contestazione di queste ultime, per di più nel senso della sussistenza di quella legittimazione o titolarità evidentemente contestata anche sotto il non lineare aspetto della validità od utilità delle cessioni dei crediti da parte dei proprietari od altri aventi diritto e non anche della destinataria: profili e presupposti assolutamente e completamente lasciati in ombra dalla sola ricostruzione dell’accaduto.

12. In definitiva, il primo motivo va accolto, con conseguente esclusione sia del giudicato implicito, sia della preclusione della relativa eccezione in carenza di un appello incidentale invece non necessario, in applicazione del seguente principio di diritto: “in tema di impugnazioni, qualora sia stata formulata in primo grado un’eccezione di difetto di legittimazione attiva o di titolarità del diritto azionato al risarcimento di un danno, essa non può dirsi respinta attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, quando il primo giudice abbia dato soltanto atto in narrativa dell’allegazione dei presupposti di quella legittimazione o titolarità e della loro contestazione per poi fondare il rigetto della pretesa sul solo accertamento dei fatti sotto il diverso profilo dell’esclusione della responsabilità del convenuto; pertanto, in tale caso la questione del difetto di legittimazione o titolarità attiva del diritto può essere oggetto di mera riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c. e non necessita di impugnazione incidentale, dovendo allora essere compiutamente esaminata nel merito dal giudice dell’appello”.

13. Deve così valutarsi l’effetto dell’accoglimento del primo motivo sugli altri, i quali sono così formulati dalla ricorrente:

– il secondo, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 1689 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”: qui si sostiene che, in caso di perdita parziale delle merci trasportate, è esclusa una legittimazione concorrente di mittente e destinatario, sicchè può far valere diritti contro il vettore il solo destinatario e non anche il mittente;

– il terzo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1693 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”: vi si argomenta che è onere del mittente provare il fatto costitutivo di aver consegnato al vettore le cose da trasportare, cosicchè, in mancanza, non sussiste onere del vettore di provare il fatto liberatorio;

– il quarto, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1693 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”: imperniato sulla clausola “said to contain” e sulla necessità di interpretarla nel senso che il vettore ignora la natura delle merci contenute nei colli sigillati per il trasporto e non nel senso che il vettore assume piena responsabilità per il reale contenuto della spedizione;

– il quinto, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 1693 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè dell’art. 116 c.p.c. e art. 2712 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: con esso ci si duole del passaggio motivazionale in cui si afferma che le riprese video proverebbero l’avvenuta consegna delle merci al vettore, siccome in irriducibile contrasto con altre parti della motivazione, in quanto le riprese video possono costituire prova solo degli avvenimenti che vi sono rappresentati;

– il sesto, rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: ove si censura il passaggio motivazionale in cui si afferma che la presenza di oro all’interno di parte dei colli arrivati a destino proverebbe l’avvenuta consegna di tutte le barre d’oro al vettore, siccome incomprensibile ed inidonea a manifestare il percorso logico seguito;

– il settimo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,244 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, con cui si deduce che il passaggio motivazionale in cui si afferma che la testimonianza C. assunta all’udienza del 05/05/2014 proverebbe l’avvenuta consegna di tutte le barre d’oro al vettore si fonda su un fatto non allegato, sul quale non c’è stato contraddittorio e che non ha formato oggetto di istanze o deduzioni con l’atto di appello;

– l’ottavo, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 115,132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”: incentrato infine sull’erroneità della conclusione che l’oro sia stato consegnato al vettore sulla base della presunzione che esso sia stato rubato mentre si trovava presso il vettore.

14. Nonostante il rilievo nomofilattico quanto meno della questione agitata col secondo motivo, deve qualificarsi irrilevante la prospettazione della stessa ricorrente di un sostanziale rigetto nel merito della relativa questione, poichè l’accoglimento del primo motivo impone senz’altro la cassazione della qui impugnata sentenza e l’assorbimento di tutti gli altri motivi.

15. A questo riguardo, una volta rilevata l’inammissibilità di una questione, il giudice del merito si è privato della potestà di esaminarla nel merito, sicchè un’eventuale ulteriore motivazione in ordine all’infondatezza di quest’ultima deve qualificarsi come impropria ed anzi priva di qualsiasi valenza e la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare, dovendo la motivazione sul merito ritenersi svolta solamente ad abundantiam nella sentenza gravata (in termini: Cass. Sez. U. 20/02/2007, n. 3840; successivamente, tra molte altre: Cass. 05/07/2007, n. 15234; Cass. 02/05/2011, n. 9647; Cass. Sez. U. 17/06/2013, n. 15122; Cass. 19/12/2014, n. 27049; Cass. 05/07/2007, n. 15234; Cass. 02/05/2011, n. 9647; Cass. Sez. U. 17/06/2013, n. 15122; Cass. 19/12/2014, n. 27049; Cass. Sez. U. 02/10/2015, n. 19704; Cass. ord. 22/02/2017, n. 4541; Cass. Sez.. U. 08/02/2018, n. 3146; Cass. ord. 11/10/2018, n. 25319; Cass. ord. 28/02/2020, n. 5468).

16. Per non avervi la qui gravata sentenza ritualmente provveduto in dipendenza dell’erronea qualificazione di preclusione da carenza di impugnazione incidentale esplicita, spetta solo al giudice del rinvio esaminare la questione alla stregua di tutti gli elementi di fatto, poichè essa: da un lato, non si può ritenere validamente esaminata dalla gravata sentenza, del resto carente di ragioni per disattendere gli argomenti comunque addotti sul punto dalle parti (non bastando un cenno acritico alla mera esposizione di tali argomenti, senza prendere in alcuna considerazione gli argomenti contrapposti delle parti sul punto, nè rilevando una eventuale non linearità della loro stessa formulazione); dall’altro lato non si può esaminare direttamente in questa sede, attesa la necessità di valutare compiutamente tutti gli elementi di fatto addotti dalle parti.

17. E’ di conseguenza lasciato al giudice del rinvio il compito di applicare correttamente i principi della materia, sul punto potendo definirsi consolidata la giurisprudenza di questa Corte nel senso che, “in tema di contratto di trasporto ed anche nell’ipotesi di vendita con spedizione, la legittimazione a domandare il risarcimento del danno per inesatto adempimento nei confronti del vettore spetta, alternativamente, al destinatario od al mittente, a seconda che i danni abbiano esplicato i loro effetti nella sfera patrimoniale dell’uno o dell’altro” (per tutte, v. Cass. 01/12/2010, n. 24400; tra le più recenti, Cass. ord. 28/11/2019, n. 31067, ove altri riferimenti); e solo notandosi che la perdita parziale del carico non può implicare automaticamente una sorta di impropria scissione della titolarità (fondata su di una separata considerazione, che sarebbe evidentemente artificiosa per il carattere unitario della spedizione o del trasporto, della parte del carico non giunta a destinazione e di quella invece felicemente quivi pervenuta, sicchè il danno si produrrebbe in capo al mittente per la parte non pervenuta ed in capo al destinatario per quella pervenuta), rimanendo nel suo complesso titolare del diritto al risarcimento il mittente o, nel caso abbia chiesto o conseguito la consegna della merce (e quindi anche soltanto di quella restante od attesa), il destinatario (Cass. 10/05/1989, n. 2136).

18. Tale legittimazione si fonda, infatti, sull’incidenza del pregiudizio conseguente alla perdita ovvero al deterioramento delle cose trasportate (principio espressamente codificato in tali sensi ad esempio dalla Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956, relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada – C.M.R., al suo art. 13: Cass. 30/01/2014, n. 2075), coordinata – da un lato – con la norma dell’ordinario trasferimento dei diritti sulla merce trasportata in capo al destinatario fin dal momento in cui questi ha ricevuto la merce o ne abbia chiesto la consegna (così manifestando la volontà di volerne profittare, in dipendenza della pacifica qualificazione del contratto di trasporto come contratto in favore di terzo: giurisprudenza costante, per la quale e per tutte v., di recente, Cass. ord. 15/05/2018, n. 11744; con la conseguenza che il vettore, una volta ricevuta o richiesta la merce dal destinatario, non può agire iure proprio per il risarcimento: per tutte, v. Cass. 09/08/1968, n. 2842) e – dall’altro – con l’ordinaria cedibilità e possibilità di circolazione dei relativi crediti indennitari o risarcitori: beninteso da allegare e provare adeguatamente e su cui motivare espressamente (certo non bastando un mero cenno alla ricostruzione delle ragioni esposte in tal senso dalla parte interessata, priva di qualsiasi vaglio critico e di esplicita considerazione anche delle contestazioni al riguardo operate da controparte).

19. Pertanto, assorbiti i motivi successivi perchè preclusi dal carattere logicamente preliminare della risoluzione della questione sottesa al primo di quelli e relativa alla sussistenza della legittimazione attiva o della titolarità del rapporto risarcitorio vantato, la qui gravata sentenza va cassata, con rinvio alla stessa corte territoriale, ma in diversa composizione ed anche affinchè liquidi le spese del presente giudizio in considerazione dell’esito complessivo della lite.

20. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è accolto, non sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la gravata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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