Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10780 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10780 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 19182-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

CEMENTERIE ALDO BARBETTI SPA;
– intimato –

Nonché da:
CEMENTERIE ALDO BARBETTI SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 08/05/2013

in ROMA VIA RODI 32, presso lo studio dell’avvocato
CHIOCCI MARTINO UMBERTO, rappresentato e difeso
dall’avvocato MONACELLI MARIO giusta delega a
margine;
– contrari corrente incidentale –

AGENZIA DELLE DOGANE;

intimato

avverso la sentenza n. 57/2008 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata 1’08/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso principale e
rigetto ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e del ricorso
incidentale.

contro

OSVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La società CementerikAldo Barbetti s.p.a., esercitava, fra il 1998 ed il 2002, accanto all’attività
di produzione di cemento anche quella di smaltimento di rifiuti nocivi con recupero energetico o
con produzione di calore mediante incenerimento e coincenerimento dei rifiuti.
2. 11 comando della Guardia di Finanza di Ravenna, in data 15 maggio 2002, effettuava un accesso
presso i locali dello stabilimento della società e verificava che all’interno di due serbatoi di
stoccaggio si trovava in giacenza prodotto dichiarato dal contribuente come “rifiuto industriale

combustione. Sulla base delle indagini disposte dal Laboratorio chimico di Bologna si accertava
che i campioni prelevati contenevano residuo di lavorazione da assimilare all’olio combustibile
denso da assoggettare al trattamento di cui alla circolare 34/d del 9.2.1996.
3. Sulla base dei risultati delle analisi l’ufficio calcolava un’accisa dovuta sul quantitativo di
kg.104.830 di reflui stoccati nei serbatoi al momento della verifica e procedeva, altresì, a calcolare
l’accisa dovuta per il periodo precedente alla verifica, quantificandola in euro 29.055,83, oltre
interessi ed indennità di mora.
4. La società contribuente impugnava l’avviso di pagamento emesso 1’8 giugno 2005 innanzi alla
CTP di Ferrara che riteneva la legittimità dell’atto.
5. Proposto dalla società contribuente ricorso innanzi alla CTR dell’Emilia Romagna la decisione
impugnata veniva riformata con sentenza depositata in data 8 luglio 2008.
6. Il giudice di appello, dopo avere ritenuto ammissibile l’appello, rilevava che il metodo di
campionamento utilizzato dall’Agenzia delle Dogane doveva ritenersi legittimo rispetto alla quantità
di reflui rinvenuti nei serbatoi e, pertanto, rigettava le eccezioni esposte in ordine alla motivazione
della sentenza, escludendo che vi fosse violazione delle “procedure previste” e che fosse stato leso
il diritto di difesa.
6.1 Riteneva, tuttavia, di accogliere la richiesta avanzata in via graduata dalla società contribuente
in ordine al quantum della pretesa tributaria con riferimento al quantitativo di reflui ”
presuntivamente determinate sulla base delle dichiarazioni di terzi”.
6.2 Riteneva il giudice di appello che ai fini della determinazione della quantità di idrocarburi
presenti nel refluo, necessaria per individuare il combustibile equivalente ai sensi dell’art.2 l comma
2 o comma 5 del testo unico accise, era necessario il prelievo di un campione dei reflui presenti.
6.3 Aggiungeva che l’operato dell’amministrazione, laddove aveva calcolato l’accisa sulla base
della documentazione di magazzino e delle schede analitiche fornite dai singoli produttori senza
indicarne la quantità ma solo l’ammontare dell’accisa era illegittima, essendosi basata su criteri
presuntivi e dichiarati da terzi, come pure aveva ammesso l’agenzia nel corso del giudizio.

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destinato alla combustione” o combustibile alternativo non convenzionale destinato alla

6.4 Specificava che le presunzioni utilizzate non erano gravi, precise e concordanti e non consentiva
alcuna forma di difesa, poiché il risultato al quale era pervenuta l’amministrazione attraverso un
percorso tecnico metodologico inadeguato era astratto e lesivo del principio del contraddittorio.
6.5 Rilevava che, nel caso concreto, l’amministrazione non aveva precisato la qualità e quantità dei
prodotti per come richiesto dall’art.3 del d.lgs.n.504/1995, aggiungendo che la stessa circolare
Min.Finanze 34/d del 9.2.1996 prevedeva la necessità del prelievo di un campione ai fini della
determinazione della quantità di idrocarburi che variava in ragione della tipologia del refluo.

resistito la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi.
7. L’Agenzia delle Dogane ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISONE

8. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto violazione degli artt.2,3,4 e 21
d.lgs.n.504/1995, anche in relazione alla dir.CEE 1992/12/ e 1992/81 e -82, in relazione all’art.360
comma 1 n.3 c.p.c.
8.1 Lamenta che il giudice di appello aveva errato nel ritenere che il prelievo di campioni per
determinare la quantità del prodotto da smaltire soggetto ad accisa fosse indispensabile anche per i
prodotti non rinvenuti al momento della verifica, potendosi determinare la quantità e qualità dello
stesso determinare ed accertare con modalità diverse dal campionamento.
8.2 Aggiungeva che il composito sistema disciplinato dal t.u.a. emergente dalle norme richiamate
consentiva di ritenere che l’accertamento della quantità e qualità del prodotto, ove questo non fosse
stato rinvenuto in sede di verifica, poteva certamente realizzarsi in modo alternativo rispetto al
metodo del campionamento, non potendosi ammettere che in caso di assenza del prodotto il
contribuente fosse esonerato dal pagamento del tributo.
8.3 Del resto, l’Ufficio di dogana aveva l’obbligo di perseguire ed accertare l’evasione di imposta
anche in tali casi, fra i quali rientravano pure quelli in cui il prodotto fosse stato sottratto, perso o
distrutto. In questa direzione, d’altra parte, deponeva anche l’art.3 par.3 della dir.CEE 1992/12/CEE
e l’art.2 par.3 della dir.CEE 1992/81, a cui tenore rilevava non tanto la composizione chimica del
prodotto da assoggettare ad accisa, quanto la sua utilizzazione come carburante o additivo.
9. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt.2727 e
2729 c.c. e dei principi in tema di prova per presunzioni, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
9.1 Lamenta che la CTR aveva omesso di ponderare in modo unitario gli elementi offerti
dall’Ufficio, al fine di conclamare l’assoggettamento ad accisa dei reflui non rinvenuti al momento
della verifica.
9.2 Secondo l’Agenzia, infatti, il giudice di appello aveva tralasciato di considerare che la società
contribuente esercitava un impianto di smaltimento dei rifiuti operante attraverso il processo di
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6.6 L’Agenzia delle Dogane ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, al quale ha

combustione con recupero di calore/energia, nell’ambito del quale riceveva, in forza di regolari
contratti di conferimento, dalle società Siveco e Ambiente rifiuti destinati al recupero energetico
senza subire operazioni di depurazione e di trattamento, puntualmente documentati dal registro di
carico e scarico, dai formulari di identificazione dei rifiuti e dalle schede analitiche predisposte
dal produttore che potevano documentare la qualità del refluo ai fini fiscali.
9.3 Ciò doveva ritenersi possibile anche alla luce del fatto che la società contribuente aveva omesso
di denunciare all’ufficio competente l’impianto ai fini dello svolgimento dell’attività di trattamento

cui agli artt.5 e 25 t.u.a.
9.4 Orbene, secondo l’Agenzia, l’esame dei registri aveva consentito di acclarare, nel periodo
oggetto di verifica, che la Società contribuente aveva movimentato rifiuti utilizzati come
combustibile. Sulla base degli accertamenti di laboratorio che avevano acclarato la natura di
prodotto da assimilare ad olio combustibile denso erano stati quindi inviati dei questionari alle
aziende conferenti i rifiuti che aveva consentito di individuare, attraverso le notizie fornite dagli
stessi produttori conferenti i reflui, la composizione percentuale di idrocarburi contenute nei reflui
conferiti.
9.5 Orbene, i dati forniti dai produttori, esaminati dal Laboratorio chimico delle dogane di Bologna
che pure aveva espresso un parere tecnico, integravano elementi sufficienti a fondare la presunzione
circa l’esistenza di prodotti soggetti ad accisa, determinando l’inversione dell’onere della prova a
carico del contribuente.
9.6 Specificava ulteriormente che gli elementi forniti dal produttore rilevavano non solo ai fini della
normativa ambientale, ma anche per determinare la qualità del refluo. Ciò confermava l’erroneità
dell’assunto della CTR che, ove avesse nutrito dei dubbi in ordine alla portata del materiale
probatorio, avrebbe in ogni caso potuto avvalersi dei poteri alla stessa riservati dall’art.7 commi 1-2
D.Igs.n546/1992.
9.7 Palese risultava, pertanto, la violazione delle disposizioni in tema di presunzione, risultando gli
elementi offerti idonei a fondare indizi gravi, precisi e concordanti in ordine ai fatti rilevanti ai fini
fiscali.
10. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto insufficiente e contraddittoria motivazione
su una questione decisiva e controversa per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c.
10.1 Secondo la ricorrente Agenzia la CTR, rispetto al punto controverso rappresentato dalla
necessità del prelievo dei campioni per la tassazione dei combustibili reflui non rinvenuti in sede di
verifica, aveva fornito un compendio motivazionale inadeguato, ignorando la prova per presunzioni
fornita e ripercorrendo la motivazione posta a sostegno del primo motivo di ricorso.

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e depurazione dei reflui e di comunicare l’inizio di tale attività, contravvenendo alle disposizioni di

10.2 Evidenziava, pertanto, che la motivazione della sentenza impugnata non consentiva di
verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica del ragionamento compiuto dal giudice di
appello che, peraltro, si dimostrava contraddittoria nella parte in cui aveva da un lato escluso il
ricorso al metodo presuntivo e, in altra parte della decisione, ritenuto insussistenti indizi gravi,
precisi e concordanti.
11. La società contribuente ha dedotto l’infondatezza delle censure esposte dall’Agenzia,
evidenziando gradatamente la correttezza della decisione impugnata laddove aveva preteso la prova

dell’accisa. Ad onta di quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso il giudice di appello, infatti,
non aveva escluso che si potesse sottopone ad accisa il prodotto non rinvenuto al momento
dell’accertamento attraverso metodiche diverse dal campionamento, piuttosto ritenendo che non
ricorreva una presunzione grave, precisa e concordante in ordine agli elementi offerti dall’Agenzia.
11.1 Aggiungeva che il secondo motivo di ricorso era inammissibile, in quanto rivolto ad una
inammissibile rivalutazione, da parte della Corte, degli elementi di fatto addotti in giudizio, non
essendo ipotizzabile un sindacato di merito da parte del giudice di legittimità.
11.2 Precisava, peraltro, che la censura altro non era se non una riproposizione degli argomenti
utilizzati dall’Agenzia a sostegno del primo motivo. Analoga considerazione la società contribuente
esprimeva con riguardo al terzo motivo di ricorso, nemmeno potendosi condividere il giudizio di
contraddittorietà della motivazione, avendo il giudice di appello dapprima sottolineato che il
campionamento è necessario per l’individuazione della qualità del refluo e, poi, valutato il materiale
probatorio come inidoneo a concretare la presunzione invocata dall’Agenzia.
12.11 primo motivo di ricorso è fondato.
12.1 Ed invero, il giudice di appello, dopo avere previsto che il campionamento del prodotto
costituisce il presupposto per la determinazione della quantità di idrocarburi presenti nel refluo ai
fini dell’individuazione del combustibile equivalente ai sensi dell’art.21 commi 2 ovvero 5 del testo
unico accise, ha ritenuto che il materiale probatorio offerto dall’Agenzia non potesse integrare una
presunzione grave, precisa e concordante, idonea a giustificare l’accertamento emesso dall’Agenzia,
provenendo da documentazione di magazzino e da schede analitiche fornite dai singoli produttori
che, a dire del giudice di appello, non contenevano alcuna indicazione sulla quantità del prodotto e
sulla determinazione della quantità di idrocarburi, non consentivano alcuna forma di difesa,
risultando astratto ed inadeguato il percorso tecnico metodologico utilizzato dall’Ufficio.
12.2. Inoltre, secondo la CTR, la campionatura del prodotto, richiesta dalla circolare Min. Finanze
– Dip. Dogane n.34 del 9.2.1996 era indispensabile

per l’individuazione del combustibile

equivalente ai sensi dell’art.2 I comma 2 o comma 5 del testo unico accise.

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in ordine alla quantità e qualità del prodotto assimilabile al combustibile ai fini dell’imposizione

12.3 Orbene, il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni che regolano
la sottoposizione ad accisa dei prodotti equivalenti utilizzati come carburante.
12.4 Ed invero, giova rilevare che l’art.21 comma 5 del testo unico accisa, nel testo ragione
temporis vigente- prevede che “Oltre ai prodotti elencati nel comma 2 è tassato come
carburante qualsiasi altro prodotto destinato ad essere utilizzato, messo in vendita o utilizzato
come carburante o come additivo ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti. I prodotti
di cui al presente comma possono essere sottoposti a vigilanza fiscale, anche quando non

minerale equivalente, qualsiasi altro idrocarburo, da solo o in miscela con altre sostanze, destinato
ad essere utilizzato, messo in vendita o utilizzato come combustibile per il riscaldamento, ad
eccezione del carbone, della lignite, della torba o di qualsiasi altro idrocarburo solido simile o del
gas naturale. Per gli idrocarburi ottenuti dalla depurazione e dal trattamento delle miscele e
dei residui oleosi di ricupero destinati ad essere utilizzati come combustibili si applica
l’aliquota prevista per gli oli combustibili densi.”

12.5 Detto comma si inserisce all’interno di una disposizione genericamente destinata a regolare i
“Prodotti sottoposti ad accisa” come specificamente recita la rubrica dell’art.21.
12.6 Ed infatti, a fronte della previsione, contemplata al comma 1, di prodotti specificamente
identificati- benzina, petrolio, olio combustibile, gasolio, gas metano- il comma due indica altri
prodotti inseriti nel nomenclatore tariffario in quanto usati, messi in vendita o usati come
combustibile o carburante, poi dedicando il comma 3 agli oli minerali del comma 2, ancorché’
siano destinati ad usi diversi da quelli tassati ed il comma 4 alle ipotesi di miscelazione di prodotti
di cui al comma 1.
12.7 Orbene, giova rammentare che il ricordato comma 5 dell’art.21 t.u.a. costituisce diretta
attuazione dell’art.2 par.3 dir.92/81, a cui tenore”

Oltre ai prodotti oggetto d’imposizione di cui

al paragrafo I, è tassato come carburante qualsiasi prodotto destinato ad essere utilizzato, messo
in vendita o utilizzato come carburante o come additivo ovvero per accrescere il volume finale dei
carburanti. Qualsiasi altro idrocarburo, ad eccezione del carbone, della lignite, della torba o di
qualsiasi altro idrocarburo solido simile o del gas naturale, destinato ad essere utilizzato, messo in
vendita o utilizzato per riscaldamento, è tassato secondo l’aliquota applicabile all’olio minerale
equivalente.”

12.8 Ora, è nel giusto l’Agenzia allorché evidenzia che il quadro normativo di riferimento non
prevede affatto che l’unica modalità di determinazione del prodotto utilizzato come combustibile ai
fini della applicazione dell’accisa sia quella della campionatura disciplina dalla circolare n.34 sopra
evocata.
12.9 In questa direzione, del resto, milita l’analisi sistematica degli artt.2,3 e 4 T.U.A. i quali, nel
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destinati ad usi soggetti ad accisa. E’ tassato, inoltre, con l’aliquota d’imposta prevista per l’olio

ritenere l’immissione in consumo dei prodotti anche in caso di ammanco in misura superiore a
quella consentita e nel prevedere l’accertamento per quantità e qualità del prodotto da sottopone
ad accisa, non sembrano lasciare spazio alla tesi della società contribuente che vorrebbe
condizionato l’accertamento dell’accisa alla campionatura del prodotto.
12.10 Tale prospettiva, d’altra parte, potrebbe tollerarsi solo ove la parte contribuente abbia
dimostrato di avere regolarmente assolto agli oneri connessi all’attività di stoccaggio dei reflui alla
stregua di quanto previsto dal t.u.a., ma non certamente nei casi in cui detta parte, non operante

dall’amministrazione doganale. Circostanza, quest’ultima, ricorrente nel caso di specie, se è vero
che proprio la mancata osservanza delle prescrizioni contenute nella circolare n.34 del 9.2.1996 in
ordine alla presentazione da parte della ditta interessata all’ufficio periferico (UTF o Circoscrizione
doganale secondo le rispettive competenze) di motivata istanza contenente gli elementi
identificativi del residuo oleoso giacente nel serbatoio rendeva, ovviamente, impossibile
l’esecuzione del campionamento.
12.11 Né può giovare alla società contribuente la circolare anzidetta laddove precisa che per i casi
di reflui non soggetti a trattamento, quali sono pacificamente quelli sottoposti ad accisa
dall’amministrazione, “…dovrà essere prelevato un campione seguendo le modalità già

previste per i reflui di cui alle cennate due tipologie. Nella documentazione tecnica allegata dovrà
essere precisato, inoltre, a quale tipo di combustione il refluo è destinato. L’analisi chimica,
una volta esclusa l’appartenenza del refluo ai prodotti elencati al comma 1 dell’art. 21 del
predetto TU., determinerà la quantità di idrocarburi presenti e, tenuto conto delle
caratteristiche chimico-fisiche e della destinazione, individuerà il combustibile equivalente,
ai sensi dell’art. 21 commi 2 ovvero 5, penultimo periodo – del medesimo T.U.”.
12.12 E’ anzi, proprio il tenore testuale della circolare in parte qua richiamata a dimostrare che
detto campionamento può essere applicato solo se il gestore del refluo abbia correttamente attivato
le comunicazioni agli uffici finanziari che, solo, consentirebbero all’amministrazione di compiere le
attività di verifica ritenute necessarie per l’individuazione della quantità di idrocarburi assoggettate
ad accisa.
12.13 Opinare, allora, nel senso prospettato dal giudice di appello, vorrebbe dire impedire
all’Ufficio di accertare l’esistenza di comportamenti assoggettabili ad accisa per il solo fatto che il
prodotto utilizzato come combustibile non si trova più nella disponibilità del contribuente e per di
più giustificare la condotta del medesimo che non si è attenuto alle prescrizioni sancite dagli uffici
fiscali.
12.14 D che, ovviamente, creerebbe un vulnus inaccettabile rispetto alla necessità dell’Ufficio di
individuare, nei termini e nei limiti previsti dalle leggi di settore, tutte le condotte produttive di
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pacificamente in regime di deposito fiscale, abbia omesso di attenersi alle prescrizioni fissate

gettito fiscale.
12.15 Nè può offrirsi una lettura della circolare evocata dalla CTR idonea ad asseverare le
prospettazioni difensive esposte dalla società contribuente, apparendo evidente che se fosse davvero
questa la portata della circolare, la stessa si porrebbe al di là del perimetro normativo rappresentato
dal ricordato art.21 d.lgs.n.594/1995, nel quale si è ben lungi dall’individuare una restrizione al
potere di accertamento dell’amministrazione omologo a quello ipotizzato dalla parte
controricorrente.

rilievo la determinazione della qualità e quantità del prodotto che l’Ufficio deve valutare al fine di
determinare la ricorrenza dei presupposti rispettivamente fissati dal comma 2 o dal comma 5 del
detto art.21 t.u.a., semmai significando che incombe comunque sull’amministrazione l’onere di
fornire elementi idonei a giustificare la pretesa fiscale.
12.17 Resta semmai da dire che il sistema del campionamento, per come disciplinato dalla ricordata
circolare, se costituisce elemento rilevante al fine di determinare la quantità di prodotto che va
sottoposta ad accisa, può essere affiancato o sostituito, nei casi di mancanza del refluo al cui interno
risultano presenti idrocarburi, da elementi probatori capaci di dimostrare comunque la disponibilità
ed il consumo, da parte del contribuente, dei prodotti indicati dal comma 5 dell’art.21, restando
semmai da esaminare separatamente l’idoneità del detto materiale a costituire elemento di
convincimento adeguato per giustificare l’adozione di un atto di accertamento a carico del
contribuente.
12.18 Sulla base di tali considerazioni, la decisione impugnata non può ritenersi conforme a legge
nella parte in cui il giudice di appello ha erroneamente considerato che la metodica del
campionamento dei reflui costituisce elemento indefettibile per l’accertamento della quantità di
idrocarburi.
13. Occorre a questo punto passare all’esame del secondo e terzo motivo, i quali meritano un esame
congiunto involgendo, entrambi, le valutazioni espresse dal giudice di appello in ordine al materiale
probatorio offerto dall’Ufficio per giustificare la pretesa fiscale nei confronti della società
contribuente.
13.1 Anche tali censure appaiono fondate.
13.2 Ed invero, fermi i risultati in ordine alla fondatezza dei rilievi espressi dall’Agenzia al divieto
di riconoscere all’Ufficio la possibilità di provare la sussunzione dei reflui contenenti idrocarburi
destinati alla combustione nella previsione di cui all’art.21 comma 5 penultima frase t.u.a., non pare
potersi revocare in dubbio che le conclusioni espresse dalla CTR in ordine all’impossibilità di
configurare come presunzione grave, precisa e concordante degli elementi offerti dall’Ufficio è
gravemente carente contenendo, altresì, degli evidenti errori di diritto.
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12.16 Ciò, peraltro, non vuol certo significare che, ai fini della disposizione evocata, non assuma

13.3 Ed invero, l’Agenzia ha chiaramente esposto, all’interno delle due censure qui in esame, quale
fosse stato il compendio probatorio posto a base dell’accertamento.
13.4 Sintetizzando quanto già espresso dall’Agenzia delle Dogane nel proprio ricorso è emerso che
l’Ufficio, in data 15 aggio 2002, preso atto degli accertamenti compiuti dal Laboratorio Chimico
sui reflui rinvenuti nei serbatoi all’atto dell’accesso, aveva verificato i registri di carico e scarico
presenti nell’impianto di smaltimento mediante recupero energetico ed i formulari di identificazione
dei rifiuti smaltiti presso l’impianto di Ravenna nel quadriennio 1998/2001, così individuando la

13.5 Sulla base di tali elementi, i verificatori hanno indirizzato ai produttori dei reflui che avevano
stipulato appositi contratti con la società contribuente alcuni questionari volti alla individuazione
del quantitativo di idrocarburi presente nel materiale stoccato presso la società Barbetti, ricevendo
precise risposte e sulla base di tali elementi, correlati agli esiti delle indagini di laboratorio
compiute, hanno ritenuto applicabile il disposto di cui all’art.21 comma 5 penultima frase,
desumendo, così, un quadro probatorio idoneo, nella prospettiva dell’Ufficio, a giustificare la
richiesta formulata a carico della parte contribuente.
13.6 Ora, la CTR ha con certezza commesso un errore in diritto laddove ha ritenuto che gli elementi
forniti dall’Ufficio, in quanto provenienti da terzi, non consentivano alcuna forma di difesa e
violavano il principio del contraddittorio.
13.7. E’, infatti, evidente che proprio gli elementi forniti dall’Ufficio, in quanto offerti nel corso del
giudizio alle valutazioni del giudice, consentivano alla parte contribuente di dedurre eventuali
elementi di segno contrario capaci di depotenziare la portata probatoria degli accertamenti svolti
dall’Ufficio fino al punto di eliderne completamente la portata, senza perciò cagionare alcun vulnus
al diritto di difesa per come postulato dalla CTR.
13.8 Errore che si coniuga, d’altra parte, con la ritenuta impossibilità per l’Agenzia, ritenuta dalla
CTR, di provare i presupposti del prelievo fiscale in modo alternativo rispetto alla campionatura.
13.9 In questo senso, la motivazione esposta dalla CTR risulta gravemente carente ed inficiata da
gravi errori in diritto.
13.10 Resta solo da dire che il giudice del rinvio dovrà, rivisitando integralmente il materiale
probatorio offerto dall’Agenzia, verificare non solo la quantità di idrocarburi esistente nei reflui
oggetto di accertamento non rinvenuti nello stabilimento, ma anche se gli elementi offerti
dall’agenzia confermavano che i reflui individuati sulla base dei registri e dei formulari
consentivano di individuare non solo la presenza e quantità di idrocarburi, ma anche la qualità dei
prodotti stoccati, ciò al fine di determinare l’aliquota d’imposta prevista per l’olio minerale
equivalente.

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movimentazione dei rifiuti utilizzati come combustibile.

13.11 Ed infatti, il richiamo, che pure l’Ufficio ha prospettato, agli esiti delle indagini sulla
campionatura svolta sui reflui presenti al momento della verifica potrà essere valutato come
elemento integrante uno degli indizi offerti dall’amministrazione in quanto risulti documentalmente
l’identità fra prodotto stoccato in precedenza e reflui rinvenuti al momento della verifica.
13.12 Sulla base di tali considerazioni e nei limiti sopra indicati le censure meritano accoglimento.
14. Passando all’esame delle censure nel ricorso incidentale la società contribuente, con il primo
motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt.2,3, e 21 del d.lgs.n.546/1992, in

il giudice di appello non aveva esaminato la dedotta illegittimità dell’accertamento, nella parte in
cui era stato sostenuto che l’unico soggetto eventualmente responsabile per l’imposta reclamata era
da individuare nel produttore del refluo, con esclusione di qualsiasi forma di responsabilità solidale
dell’eventuale utilizzatore del materiale di scarico al medesimo conferito, ciò derivando dall’art.2
comma 4 d.lgs.n.546/1992. Il giudice di appello, peraltro, aveva omesso qualunque motivazione in
ordine alla dedotta eccezione.
15. La doglianza è inammissibile.
16. Ed invero, dalla sentenza impugnata risulta che la società contribuente, in grado di appello,
aveva prospettato il vizio della motivazione della sentenza di prime cure e l’inadeguatezza della
motivazione dell’atto di accertamento-cfr. pag.2 3^ e4^ periodo-.
16.1 La stessa CTR, peraltro, a pag. 3 della motivazione, indicava come censure esposte dalla
società contribuente quelle relative al metodo di campionamento e di analisi, nonché la lesione delle
“procedure previste” e del diritto di difesa.
16.2 Ragion per cui, la censura esposte nel primo motivo è priva del carattere della specificità,
laddove ha omesso di indicare se la questione era stata formulata nel corso del giudizio di primo
grado e se la stessa era stata ritualmente prospettata e riprodotta nel corso del giudizio di appello.
16.3 Ed infatti, al di là della qualificazione espressa dalla società contribuente, la censura
sembrerebbe in realtà contenere una prospettazione del vizio di omessa pronunzia da parte del
giudice di appello che, all’evidenza, presupponeva ineludibilmente la prova, da parte della
ricorrente incidentale, della puntuale esposizione della questione in sede di appello.
17. Con il secondo motivo di ricorso incidentale la società contribuente ha dedotto violazione e
falsa applicazione delle disposizioni di cui alla Tabella A, punto 16 del d.lgs.n.504/1995, in
relazione all’art.62 d.lgs.n.546/12992 ed all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che il giudice di
appello, benché espressamente richiesto di dichiarare non dovuta l’imposta in quanto l’utilizzo del
prodotto rientrava nell’esenzione prevista dal punto 16 della tabella A allegata al t.u.a. relativa ai
prodotti energetici iniettati negli altiforni per la realizzazione dei processi produttivi, applicabile

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relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. nonchè omessa ed insufficiente motivazione. Lamenta che

alla fattispecie, non aveva fornito alcuna motivazione, incorrendo nel vizio di omessa o
insufficiente motivazione.
18. Tale censura è inammissibile per difetto di specificità del motivo.
18.1 Anche in questa circostanza, come per quella esposta a proposito del primo motivo di ricorso
incidentale, la società contribuente, pur avendone l’onere, non ha in alcun modo documentato la
proposizione di tale censura in primo grado e rituale tempestiva riproposizione in grado di appello.
Ne consegue l’inammissibilità del motivo.

applicazione dell’art.7 1.n.212/2000 e dell’art.3 della 1.n.241/1990, ai sensi dell’art.62 comma 1
d.lgs.n.546/1992 e in relazione all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. Lamenta che l’Agenzia aveva fondato
l’accertamento sul richiamo della decisione del 3 maggio 2005 che aveva disatteso la richiesta di
revoca in via amministrativa avanzata dalla società contribuente, avendo la giurisprudenza più volte
ritenuto l’illegittimità della motivazione fondata su un richiamo per relationem tutte le volte in cui
nell’atto richiamato siano compresi gli elementi fondamentali della pretesa tributaria e sia possibile
inferire l’an ed il quantum dell’accertamento. E poiché nel caso di specie l’accertamento si era
fondato solo sul risultato degli esami di laboratorio senza allegazione dei certificati delle analisi
stesse, non poteva che desumersi l’illegittimità dell’atto, non essendo state nemmeno indicate le
modalità del prelievo.
19.1 Aggiungeva, inoltre, di avere tempestivamente evidenziato, rispetto ai prodotti rinvenuti in
sede di verifica, come il tempo di ricircolo dei rifiuti non era sufficiente a garantire la necessaria
omogeneità dei campioni con la conseguente inattendibilità dei risultati di laboratorio.
19.2 Specificava, poi, che per i beni termodistrutti all’atto della verifica l’atto amministrativo non
consentiva di comprendere le modalità di determinazione del tributo, rimanendo incomprensibile
come l’amministrazione fosse giunta a quantificare l’accisa per tali prodotti. Evidenziava che il
giudice di appello, come anche quello di primo grado, non si erano pronunziati su tali questioni,
incorrendo nel viso di omessa pronunzia ai sensi dell’art.112 c.p.c.
20. La censura è inammissibile.
20.1 Ed invero, ad onta di quanto prospettato dalla società contribuente, il giudice di appello ha
esaminato le eccezioni formulate dalla società con riguardo alla quantità di reflui rinvenuti nei
serbatoi della società ed ha rigettato “le eccezioni della parte appellante anche in ordine alla
motivazione della sentenza”, aggiungendo che “… Dagli atti di causa non risulta che siano state lese
le procedure previste ne’ leso il diritto di difesa”.
20.1 Tale motivazione si riferiva, come è corretto ritenere in relazione alla lettura complessiva della
motivazione-cfr. pag.2 4 ^ periodo della sentenza- direttamente alle eccezioni esposte dalla società
in ordine alla motivazione della sentenza. Ragion per cui la società contribuente avrebbe semmai
10

19. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente incidentale ha dedotto il vizio di violazione se falsa

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N.1.31
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dovuto prospettare il viRb’ di-xicili0Filt &legge alla stregua dell’art.360 comma 1 n. 5 c.p.c.(é non

ipotizzare quello di cui al n.4 della stessa disposizionOche presuppone, come peraltro mostra di
sapere la parte contribuente, la formulazione di apposito momento di sintesi in ordine alla
questione di fatto decisiva e controversa.
20.2 La stessa censura, peraltro sarebbe infondata nel merito se solo si consideri che nel regime
introdotto dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può
essere adempiuto anche “per relationem”, cioé mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti

riproduca il contenuto essenziale ovvero siano già conosciuti dal contribuente per effetto di
precedente notificazione-cfr.Cass.n. 13110 del 25/07/2012-. Laddove, infatti, detto articolo prevede
che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella
motivazione di esso, lo stesso non intende riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e
legale conoscenza per effetto di precedente notificazione, ponendosi la contraria interpretazione in
contrasto con il criterio ermeneutico basilare che limita al massimo le cause d’invalidità o
d’inammissibilità chiaramente irragionevoli” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 2.7.2008 n. 18073).
20.3 Orbene, nel caso di specie, per come già ampiamente esposto esaminando i motivi di ricorso
principale, l’Ufficio aveva posto a fondamento dell’accertamento i risultati delle indagine svolte
sulla campionatura del prodotto rinvenuto nel serbatoio dello stabilimento e, per quel che riguarda i
reflui non rinvenuti, sulle dichiarazioni fornite dai singoli produttori e sulla documentazione di
magazzino, indicando l’importo dell’accisa dovuta. Di ciò si ha certezza esaminando lo stesso
ricorso introduttivo dal quale risulta che la società contribuente aveva piena conoscenza di tali
elementi allorche’ propose ricorso in via amministrativa -cfr. Pag.4. controricorso e pag.7 ricorso
principale- poi disatteso dalla Direzione regionale delle dogane.
21. Sulla base delle superiori considerazioni, il ricorso principale va accolto mentre quello
incidentale deve essere rigettato.
La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia
Romagna per nuovo esame
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna, la quale
provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso il 25 marzo 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato o questo ne

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