Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1078 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4468/2019 R.G. proposto da:

P.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Giorgio

Polverino, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

T.R., rappresentata e difesa dall’Avv. Rosalia Iandiorio,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli depositato il 22

novembre 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 novembre

2020 dal Consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.G. ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, illustrati anche con memoria, avverso il decreto del 22 novembre 2018, con cui la Corte d’appello di Napoli ha accolto il reclamo interposto dal coniuge T.R. avverso il decreto emesso dal Tribunale di Avellino il 1 gennaio 2018, rigettando la domanda di riduzione dell’assegno divorzile posto a carico del ricorrente con sentenza del 27 ottobre 2015.

2. La T. ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 11,115,116 e 132 c.p.c., dell’art. 111 Cost. e della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9 osservando che, nel ritenere indimostrato il mutamento delle condizioni economiche di esso ricorrente, il decreto impugnato si è limitato ad escludere la valenza probatoria della perizia giurata da lui prodotta, senza tener conto della contrazione dei suoi redditi emergente dagli altri documenti acquisiti agli atti, dei quali la perizia si limitava a riepilogare le risultanze. Sostiene inoltre che, nell’escludere la sopravvenienza della predetta contrazione dei redditi, in quanto già menzionata nella sentenza di divorzio, la Corte territoriale non ha considerato che quest’ultima l’aveva ritenuta non attuale, in quanto collegata al venir meno d’incarichi a quell’epoca non ancora cessati. Aggiunge che, nella parte in cui richiama l’accertamento compiuto dalla predetta sentenza in ordine alle condizioni economiche delle parti, al fine di escluderne l’intervenuto mutamento, la motivazione del decreto impugnato risulta meramente apparente, menzionando la difficile situazione della T., non pertinente al thema decidendum, e le ottime condizioni di esso ricorrente, risalenti all’epoca del divorzio. Rileva infine che, nel valutare i maggiori oneri gravanti a carico di esso ricorrente per effetto della costituzione di un nuovo nucleo familiare con un’altra donna, la Corte territoriale ha omesso di prendere in considerazione quelli da lui sopportati per il mantenimento di quest’ultima, mentre ha escluso immotivatamente la rilevanza di quelli sopportati per il mantenimento del figlio da lei avuto, della cui sopravvenienza ha tuttavia dato atto.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Nella parte riguardante l’omesso esame dei documenti comprovanti il decremento reddituale fatto valere dal ricorrente, le censure proposte dal ricorrente riflettono infatti l’insufficiente o inadeguata valutazione di elementi istruttori, la quale non è deducibile come motivo di ricorso per cassazione, non integrando di per sè l’omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove, come accaduto nel caso in esame, il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass., Sez. VI, 8/11/2019, n. 28887; Cass., Sez. lav., 1/07/2015, n. 13448; 20/02/2015, n. 2498). Non possono pertanto trovare ingresso, in questa sede, neppure le argomentazioni concernenti la collocazione temporale degli eventi che avrebbero determinato il predetto decremento, la cui mancata considerazione da parte della sentenza di divorzio in tanto potrebbe assumere rilievo ai fini della riduzione dell’assegno, in quanto fosse dimostrata l’effettiva contrazione delle risorse economiche a disposizione del ricorrente.

Il riferimento alla valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti contenuta nella sentenza di divorzio risulta invece estraneo alla ratio decidendi del decreto impugnato, fungendo soltanto da premessa storica all’accertamento da quest’ultimo compiuto in ordine alla sopravvenienza di circostanze idonee a determinare il mutamento della situazione di fatto tenuta presente ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno, la cui esclusione costituisce la vera ed unica ragione del rigetto della domanda di riduzione. Nessun rilievo può dunque assumere, ai fini della corretta applicazione della disciplina invocata, il fatto che, nel riferirsi al predetto accertamento, il decreto impugnato abbia richiamato non solo la situazione economica del ricorrente, della quale quest’ultimo aveva dedotto l’intervenuto peggioramento, ma anche quella della controricorrente, rimasta sostanzialmente immutata dall’epoca della sentenza di divorzio.

Nella medesima ottica, risulta infine irrilevante l’assenza di specifici riferimenti agli oneri sopportati dal ricorrente per il mantenimento del nuovo nucleo familiare, essendo pacifico che, indipendentemente dalla data di formalizzazione del nuovo vincolo coniugale, la costituzione dello stesso risale ad epoca anteriore alla pronuncia della sentenza di divorzio, alla quale va ricondotto anche l’apprezzamento relativo all’incidenza delle spese necessarie per il nuovo figlio, richiamato nel decreto impugnato.

2. Con il secondo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., dell’art. 111 Cost. e della L. n. 898 del 1970, art. 5 sostenendo che, nell’escludere la sussistenza dei presupposti per la riduzione dell’assegno, anche alla stregua del nuovo orientamento manifestatosi in proposito nella giurisprudenza di legittimità, il decreto impugnato non ha tenuto conto dell’avvenuto superamento del criterio di attribuzione fondato sulla natura esclusivamente assistenziale di tale contributo, avendo omesso di procedere all’accertamento dell’apporto fornito dalla T. alla formazione del patrimonio familiare, ed avendo fatto riferimento alla rinuncia della stessa a coltivare la propria carriera professionale per dedicarsi alla famiglia, senza considerare che la donna, già avvocato cassazionista, aveva ottenuto la cancellazione dall’albo soltanto nell’anno 2014.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Ai fini del rigetto della domanda di riduzione dell’assegno, la Corte di merito ha infatti rilevato la mancata dimostrazione della sopravvenienza di fatti idonei a determinare la modificazione della situazione economico-patrimoniale del ricorrente, ritenendo invece irrilevante la sopravvenienza di diritto costituita dal nuovo orientamento giurisprudenziale in tema di assegno divorzile (cfr. Cass., Sez. I, 10/05/2017, n. 11504), richiamato dal Tribunale a fondamento dell’accoglimento della domanda, e dando comunque atto dell’avvenuto superamento dello stesso per effetto di una più recente pronuncia delle Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. Un., 11/07/2018, n. 18287). In tale contesto, ha dichiaratamente proceduto “solo per completezza” alla verifica dei presupposti per la riduzione dell’assegno sulla base dei criteri enunciati da quest’ultima pronuncia, escludendone la sussistenza.

In quanto effettuato soltanto ad abundantiam, tale accertamento deve ritenersi estraneo alla ratio decidendi del decreto impugnato, non avendo spiegato concretamente alcuna influenza sul dispositivo, e risultando pertanto privo di effetti giuridici, con la conseguenza che non può costituire oggetto di ricorso per cassazione, per difetto d’interesse (cfr. Cass., Sez. I, 10/04/2018, n. 8755; Cass., Sez. lav., 22/10/2014, n. 22380; 22/11/2010, n. 23635). Nel procedimento di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 1, la valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti costituisce d’altronde un’operazione logicamente e giuridicamente successiva alla verifica delle sopravvenienze di fatto idonee a legittimare la modificazione delle statuizioni adottate nella sentenza di divorzio, la cui esclusione risulta quindi sufficiente a giustificare il rigetto della domanda, rendendo superfluo un apprezzamento fondato sui previsti dalla L. n. 898 cit., art. 5, comma 6. In mancanza delle predette sopravvenienze, tale apprezzamento deve considerarsi anzi inammissibile, ponendosi in contrasto con il giudicato formatosi, sia pure rebus sic stantibus, in ordine alle statuizioni della sentenza di divorzio riguardanti l’affidamento dei figli e la disciplina dei rapporti economici, la cui modificazione risulta possibile, ai sensi dell’art. 9, comma 1, cit., soltanto nel caso in cui si verifichino mutamenti nella situazione di fatto tenuta presente ai fini della loro adozione.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro-300,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

 

 

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