Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10779 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. I, 04/05/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 04/05/2010), n.10779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

E.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Barbera Franco,

come da procura in calce, domiciliato ex lege presso la cancelleria

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI MESSINA;

– intimata –

per la cassazione del decreto del Giudice di pace di Messina

depositato in data 30 luglio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 23 marzo 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.A. ricorre per cassazione avverso il decreto in epigrafe con il quale è stata respinta l’opposizione proposta avverso il decreto di espulsione emesso in data dal Prefetto di D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo con cui si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, per avere omesso il giudice di rilevare l’illegittimità dell’atto amministrativo in quanto non tradotto in una lingua conosciuta allo straniero senza che fosse dato atto dell’impedimento a procedere alla traduzione è manifestamente infondato dal momento che non solo il giudice di pace ha correttamente osservato che, ai fine della legittimità dell’atto, è sufficiente che sia dato atto dell’impedimento alla traduzione senza che il giudice possa sindacare le valutazione dell’autorità amministrativa in ordine alla concreta esistenza del medesimo (e tale affermazione, da sola sufficiente a giustificare la decisione sul punto, non è stata fatta oggetto di specifica censura) ma ha altresì dato atto che l’atto è stato tradotto in francese (lingua ufficiale del Marocco, paese di appartenenza dello straniero) e che comunque che era stata dichiarata la conoscenza del francese e anche tale affermazione non è stata fatta oggetto di censura.

Del tutto privo di riscontro nell’impugnata decisione è il presupposto dell’ulteriore doglianza secondo cui solo i verbali di notifica sarebbero stati tradotti.

Il secondo motivo con cui si deduce difetto di motivazione in ordine all’affermazione del giudice di pace secondo cui i provvedimenti sarebbero stati validamente emessi “non risultando che il ricorrente abbia peraltro documentato alla P.A. fatti impeditivi dell’espulsione” è inammissibile in quanto, in primo luogo, la censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) può riguardare non già la motivazione in diritto (nella specie: sulla suddivisione dell’onere della prova) ma solo quella su di un fatto controverso (nella specie non indicato) ma anche in quanto non coglie la ratio decidendi, il giudice a quo, infatti, non ha attribuito al ricorrente l’onere di giustificare il suo diritto alla permanenza nello Stato in difetto di qualunque allegazione contraria da parte dell’Amministrazione ma ha evidenziato gli elementi che giustificavano l’espulsione (trattenimento nel territorio dello Stato dopo l’ordine di abbandonarlo e arresto per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14) e ha solo richiamato ad colorandum l’omessa deduzione da parte del ricorrente in ordine alla sussistenza di elementi diversi che potessero essere impeditivi all’adozione del provvedimento.

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Non si deve provvedere in ordine alle spese stante l’assenza di attività difensiva da parte dell’intimata Amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

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