Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10778 del 04/05/2010

Cassazione civile sez. I, 04/05/2010, (ud. 08/10/2009, dep. 04/05/2010), n.10778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – est. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M., con domicilio eletto in Roma, piazzale Delle Belle

Arti n. 1, presso l’Avv. De Paola Gabriele che lo rappresenta e

difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI e MINISTERO DELL’ECONOMIA E

DELLE FINANZE;

– intimati –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma Rep. n.

323 depositato il 12 gennaio 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 8 ottobre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Onofrio

Fittipaldi;

viste le conclusioni del P.G. Dott. Riccardo Fuzio che ha richiesto

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.M. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 3.000,00 per anni tre di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR della Toscana a fare tempo dal 28 dicembre 1991 al 9 marzo 1995 e quindi al Consiglio di Stato dal 16 maggio 1996 al 4 febbraio 2003 e ancora avanti al stesso giudice in sede di revocazione dal giorno 8 marzo 2004 al 15 novembre 2004.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Con provvedimento in data 10 marzo 2010 è stata disposta la nomina del Cons. Vittorio Zanichelli quale estensore, essendo il relatore Cons. Onofrio Fittipaldi in aspettativa per motivi di salute.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente essere rilevata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del ministero dell’Economia e delle Finanze.

Giova osservare, in proposito, che alla data di presentazione della domanda (2005) la legittimazione passiva, per i procedimenti ex Lege n. 89 del 2001, in cui il giudizio presupposto si era svolto avanti al giudice amministrativo, apparteneva in via esclusiva alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per espressa previsione della L. n. 89 del 2001, art. 3, e che la modifica intervenuta con la L. n. 296 del 2006 (cd. Finanziaria 2007) che invece ha attribuito la legittimazione al solo Ministero dell’Economia e delle Finanze si applica, per puntuale dettato normativo (art. 1, comma 1225), ai procedimenti iniziati dopo l’entrata in vigore della legge citata. Si configura pertanto l’inammissibilità del ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, posto che tale ente, che non era parte nel giudizio di primo grado, è legittimato per i giudizi de quibus a far tempo dalla data indicata e nessuna successione si verifica nel diritto controverso per i procedimenti anteriori per i quali permane a pieno titolo la esclusiva legittimazione della Presidenza del Consiglio.

Con il primo e il terzo motivo, che per ragioni di sostanziale connessione possono essere trattati congiuntamente, il ricorrente lamenta che il giudice del merito non abbia computato nel periodo eccedente quello ragionevole anche la durata del giudizio di revocazione (otto mesi).

La censura è manifestamente fondata in quanto la corte territoriale ha operato una valutazione della durata del processo presupposto non in maniera unitaria ma con riferimento a ciascuna fase, ponendosi così in contrasto con il principio già affermato secondo cui “In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, pur essendo possibile individuare degli “standard” di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo si sia articolato in vari gradi e fasi, così come accade nell’ipotesi in cui il giudizio si svolga in primo grado, in appello, in cassazione ed in sede di rinvio, agli effetti dell’apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali occorre – secondo quanto già enunciato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo – avere riguardo all’intero svolgimento del processo medesimo, dall’introduzione fino al momento della proposizione della domanda di equa riparazione, dovendosi cioè addivenire ad una valutazione sintetica e complessiva del processo anzidetto, alla maniera in cui si è concretamente articolato (per gradi e fasi appunto), così da sommare globalmente tutte le durate, atteso che queste ineriscono all’unico processo da considerare, secondo quanto induce a ritenere il fatto che, a norma dell’art. 4 della citata legge, ferma restando la possibilità di proporre la domanda di riparazione durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, tale domanda deve essere avanzata, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il procedimento stesso, è divenuta definitiva” (Cassazione civile, sez. 1^, 18 febbraio 2004, n. 3143).

Manifestamente infondato è invece il secondo motivo con cui ci si duole della liquidazione dell’equo indennizzo quantificato in Euro 1.000,00 in ragione d’anno dal momento che la stessa è pienamente in linea con gli standards individuati dalla Corte europea.

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti indicati. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito e pertanto, liquidato l’indennizzo per gli ulteriori sei mesi di irragionevole ritardo oltre a quello per i tre anni già riconosciuti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere condannata al pagamento dell’importo di Euro 3.670,00 oltre interessi di legge dalla data della domanda.

Le spese del giudizio di merito debbono fare carico alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’accoglimento solo parziale del ricorso giustifica la compensazione per un mezzo delle spese di questa fase che per il residuo debbono essere poste a carico della stessa Amministrazione.

Non si deve provvedere in ordine al rapporto tra ricorrente e Ministero in difetto di attività difensiva da parte di quest’ultimo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie quello nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri nei limiti di cui in motivazione; cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 3.670,00 oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 923,00 di cui Euro 378,00 per diritti, Euro 445,00 per onorari e Euro 100,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge; compensa per un mezzo le spese del giudizio di legittimità e condanna l’Amministrazione alla rifusione in favore del ricorrente del 50% delle spese che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 700,00 di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese del giudizio di merito distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2010

 

 

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