Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10777 del 05/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 05/06/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 05/06/2020), n.10777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28866/2014 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL FANTE

2, presso lo studio dell’avvocato FABIO CIOFFI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI SALVIA;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO PER I SERVIZI PER ENOGASTRONOMIA E

OSPITALITA’ ALBERGHIERA IPSS, in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI

12, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 410/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 26/06/2014 R.G.N. 858/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza in data 15 maggio – 26 giugno 2014 n. 410 la Corte d’Appello di Potenza riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, accogliendo la opposizione proposta dall’ISTITUTO PROFESSIONALE DI STATO PER L’ENOGASTRONOMIA e L’OSPITALITA’ ALBERGHIERA (in prosieguo: l’ISTITUTO), revocava il decreto ingiuntivo notificato da F.G., già dipendente dell’ISTITUTO con profilo professionale di Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi (DSGA), per il pagamento del corrispettivo dell’attività di consulente tecnico di parte svolta per l’ISTITUTO in un procedimento giudiziale e di redazione di due pareri richiesti dall’Avvocatura dello Stato.

2. La Corte territoriale osservava che l’incarico, conferito con decreto del dirigente scolastico dell’ISTITUTO del 28.8.2009, non ricadeva nelle previsioni degli artt. 2222 c.c. e segg. – contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale – ma nella disciplina del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, trattandosi di incarico conferito ad un dipendente della amministrazione per una attività estranea ai compiti istituzionali.

3. Nella fattispecie di causa il decreto non prevedeva un compenso nè vi era riserva di una sua successiva determinazione; pertanto l’incarico doveva ritenersi a titolo gratuito per volontà delle parti, come desumibile dalle previsioni del richiamato art. 53, dei commi 12 e 16.

4. A sostegno della gratuità dell’incarico era anche la circostanza che il F. non aveva fornito elementi per ritenere che l’incarico fosse stato svolto al di fuori dell’orario di lavoro e senza utilizzare i beni della amministrazione, come richiesto nel caso di incarichi retribuiti.

5.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza F.G., articolato in due motivi, cui ha opposto difese l’ISTITUTO PROFESSIONALE con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, artt. 2094 e 2727 c.c., del principio generale di presunzione di onerosità della prestazione lavorativa.

2. Ha censurato la sentenza impugnata per avere affermato che l’incarico, in assenza della previsione di un compenso e della riserva di determinarlo, era a titolo gratuito per volontà delle parti.

3. Ha dedotto che dal D.Dirig. 28 agosto 2009 – provvedimento unilaterale di conferimento dell’incarico di consulente di parte e di autorizzazione a svolgerlo- non poteva desumersi la sua volontà di svolgere l’incarico a titolo gratuito.

4. Inoltre, dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53, non si ricavava una presunzione di gratuità; ostava a tale conclusione la presunzione di onerosità della prestazione lavorativa subordinata, posto che la stessa sentenza riconosceva l’incarico come estraneo alle sue mansioni ed al principio di onnicomprensività della retribuzione. Il suddetto art. 53, disciplinava esclusivamente gli incarichi extralavorativi retribuiti, come risultava testualmente dal comma 7; gli incarichi gratuiti, contemplati dal comma 12, ai soli fini della procedura interna di monitoraggio, potevano essere svolti anche senza la preventiva autorizzazione.

5. La gratuità neppure poteva ricavarsi, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, dalle esigenze di contenimento della spesa pubblica e dalla presunta ed eventuale inosservanza delle procedure previste del suddetto art. 53, nei commi 11-13. Tali procedure non condizionavano la validità dell’incarico nè la sua natura corrispettiva ma costituivano meri adempimenti amministrativi, previsti anche per gli incarichi a titolo gratuito, la cui omissione era sanzionata dello stesso art. 53, comma 15, con la impossibilità della stessa amministrazione di conferire nuovi incarichi e la irrogazione di sanzioni disciplinari.

6. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

7. Il motivo coglie la statuizione di mancanza di prova dello svolgimento dell’incarico di redazione della consulenza di parte fuori dell’orario di lavoro e senza utilizzare beni della amministrazione.

8. Il ricorrente ha esposto di avere fornito tale prova con la nota del dirigente scolastico 17.11.2011 nr. 294, nella quale si dava atto della gravosità dell’incarico, della regolare attività gestionale della scuola nel contempo assicurata, dell’impegno per la redazione della relazione, svolto oltre il normale orario di lavoro, per il quale non era stato attribuito alcun compenso economico (documento allegato sub numero 13 al fascicolo del ricorso per decreto ingiuntivo).

9. Ha altresì dedotto che lo svolgimento della prestazione in orario extralavorativo era stato contestato dalla amministrazione genericamente e che la relativa prova, al pari di quella dell’utilizzo di beni della amministrazione, avrebbe dovuto essere fornita dalla stessa amministrazione, essendo stata conferita autorizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53.

10. Da ultimo ha lamentato la violazione dei limiti del giudizio di appello, come individuati dagli specifici motivi di appello.

11. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

12. Invero appare autonomamente decisiva statuizione della sentenza impugnata secondo cui il F. non aveva fornito la prova che l’incarico di consulenza di parte fosse stato svolto al di fuori dell’orario di lavoro e senza usare beni della amministrazione.

13. La parte ricorrente con il secondo motivo deduce che la amministrazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo aveva contestato tale circostanza solo genericamente ma, in violazione dell’onere di specificità, non trascrive nè le allegazioni compiute nel ricorso monitorio in ordine allo svolgimento della attività in orario non-lavorativo nè le allegazioni svolte sul punto nell’atto di opposizione dell’Istituto professionale, dovendo in questa sede ribadirsi che l’onere di contestazione specifica si pone solo a fonte di una allegazione avversaria parimenti specifica.

14. Quanto al preteso omesso esame del documento prodotto come allegato n. 13 in sede monitoria, il vizio dedotto non ricade nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, relativo al solo omesso esame di fatto storici e non anche alla mancata valutazione di elementi istruttori; le Sezioni Unite di questa Corte (Cassazione civile sez. un., 22/09/2014, n. 19881) hanno chiarito che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.

15. Nella fattispecie di causa, la Corte territoriale ha ritenuto non assolto l’onere, cadente a carico del lavoratore quale fatto costitutivo del suo diritto, di provare lo svolgimento dell’incarico al di fuori dell’orario di lavoro; il fatto storico è stato, dunque, esaminato ed il vizio denunciato si risolve in una richiesta di rivalutazione degli elementi istruttori.

16. Da ultimo, la denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c., è carente di specificità. Ed, invero, anche in caso di denuncia di un vizio processuale, il potere di questa Corte di accesso diretto agli atti ai fini della verifica del fatto processuale resta condizionato al previo assolvimento delle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed, in particolare, delle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cassazione civile sez. un., 22/05/2012, n. 8077). Parte ricorrente, onde sostanziare la denunzia del vizio di ultrapetizione, avrebbe dovuto riportare i motivi d’appello proposti dall’amministrazione; la censura si limita a richiamare il principio della domanda, senza neppure riferirlo alla concreta vicenda processuale.

17. Dalla inammissibilità del secondo motivo di ricorso deriva la inammissibilità del primo; la definitività di una ratio decidendi autonomamente idonea a sorreggere la sentenza impugnata determina, infatti, il difetto di interesse di parte ricorrente all’esame della censura, in quanto dal suo accoglimento non potrebbe comunque derivare la cassazione della sentenza

18. Il ricorso deve essere conclusivamente dichiarato inammissibile.

19. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

20. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.000 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater,dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2020

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