Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10775 del 22/04/2021

Cassazione civile sez. I, 22/04/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 22/04/2021), n.10775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12140-2019 proposto da:

N.B., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO n. 26,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PORCARO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

Avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

12/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato il Tribunale di Bologna rigettava il ricorso proposto da N.B. avverso il provvedimento della Commissione territoriale competente con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria. Il N. aveva dichiarato, in particolare, di essere fuggito per timore della matrigna, che voleva avvelenarlo, come già aveva fatto con il fratello. Il Tribunale considerava il racconto non credibile perchè generico, contraddittorio nelle varie date fornite dal richiedente e privo di coerenza interna, evidenziando – tra l’altro – il fatto che il N. era rimasto in patria per sette anni, dopo la morte del fratello, pur temendo per la propria vita.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione N.B. affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno, intimato, ha depositato memoria ai fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta l’erronea valutazione delle sue dichiarazioni, senza tuttavia attingere le diverse contraddizioni evidenziate dal Tribunale (cfr. in particolare pag. 6 del ricorso). Nel motivo in esame, invero, il ricorrente non spiega per quale motivo egli sarebbe rimasto in patria, dopo la morte del fratello per mano della matrigna, per ben sette anni, pur temendo per la propria vita. Nè si confronta con il passaggio della motivazione del decreto impugnato nel quale viene evidenziata la genericità del suo racconto, poichè egli non aveva riferito con precisione i suoi spostamenti dopo il decesso del fratello; circostanza, questa, pur ritenuta significativa dal giudice di merito, poichè lo stesso richiedente aveva dichiarato di esser stato costretto a trasferirsi più volte per sfuggire alle ire della matrigna. Neppure giustifica per quale motivo egli, dopo aver inizialmente dichiarato di non ricordare quali anni avesse trascorso a Capo Verde, tappa intermedia del suo viaggio, abbia poi specificato di esser rimasto lì per sei anni, dal 2007 al 2013. Ed infine, il ricorrente neppure si confronta con l’ulteriore passaggio della motivazione, nel quale il Tribunale evidenzia che egli, pur avendo dichiarato di temere di essere ucciso dalla matrigna, non avrebbe indicato neanche un singolo episodio di contrasto con la donna.

La censura, dunque, si risolve in una inammissibile richiesta di revisione dell’apprezzamento di fatto operato dal giudice di merito, estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 perchè il Tribunale non avrebbe riconosciuto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria in ragione del contesto di violenza indiscriminata esistente in patria.

La censura è inammissibile, in quanto il Tribunale richiama le fonti informative consultate ai fini dell’apprezzamento della situazione esistente in (OMISSIS) (cfr. in particolare pag. 8 del decreto impugnato), dando conto della data e dell’origine della fonte consultata, nonchè delle notizie specificamente tratte da essa. In proposito, occorre ribadire che “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

In definitiva, va data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (v. Cass. Sez.1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, a fronte della sua condizione di vulnerabilità e del suo inserimento nel tessuto sociolavorativo italiano.

La censura è inammissibile, in quanto il Tribunale esamina la condizione del ricorrente, sia in Italia che in patria, dà atto che lo stesso aveva svolto, in passato, attività lavorativa a tempo determinato e frequentato un corso di lingua italiana, ma ritiene tali circostanze non sufficienti ai fini della prova del radicamento in Italia. Nè il ricorrente, peraltro, indica nel motivo in esame alcuna circostanza che il giudice di merito avrebbe omesso di considerare, o scorrettamente considerato, e soprattutto non l’attuale esistenza di un impiego e di una conseguente fonte di reddito stabile.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di notificazione di controricorso da parte del Ministero, intimato nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2021

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