Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10774 del 16/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 16/05/2011, (ud. 19/04/2011, dep. 16/05/2011), n.10774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.V. (OMISSIS), F.M.P.,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE di

CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato PETRALIA VINCENZO,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 217/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA del 12/05/08,

depositata il 09/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La CTR della Sicilia ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla controversia relativa all’imposta di successione di F.G..

Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia deducendo error in procedendo e violazione e di legge. I motivi sono palesemente infondati.

La CTR, benchè faccia riferimento alla circostanza, di per sè non rilevante, che la condonabilità dipende dal rilievo altra analoga controversia relativa al medesimo avviso era stata condonata, tuttavia chiarisce che la controversia in esame aveva ad oggetto le questioni “delle mancate ammissioni di somme al passivo, del criterio di tassazione del coacervo ereditario, e dell’assorbimento dell’INVIM..” Invero questa Corte (tra le altre, Cass. n. 2006/10753) ha rilevato, non potersi escludere che in concreto l’avviso di liquidazione possa anche assolvere ad una funzione “impositiva”, come dalla stessa Agenzia delle Entrate riconosciuto con le sue circolari n. 12/E (paragrafo 11.3.3) e n. 3/E (paragrafo 10.3), la qual cosa certamente è da ritenersi quando l’atto, anzichè limitarsi alla determinazione dell’imposta in base a criteri predeterminati dalla legge ed attraverso semplici operazioni contabili, contenga anche una richiesta di imposte in contrasto con la tesi del destinatario.

Qualora ciò si verifichi, atteso anche il più ampio contenuto dell’art. 16 cit. rispetto alle precedenti ipotesi di condono (limitate alle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei soli atti di accertamento di maggiori imposte), non vi è dubbio che l’avviso di liquidazione integri un atto di imposizione ai sensi e per gli effetti di cui alla suddetta disposizione, dovendosi ritenere tale qualsiasi provvedimento mediante il quale l’Amministrazione Finanziaria, nell’esercizio dei suoi poteri autoritativi, manifesti la propria volontà relativamente al modo dì essere del rapporto obbligatorio di imposta. Ciò che in definitiva rileva ai fini della condonabilità della lite ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, è non già la qualificazione formale dell’atto impugnato, bensì il suo contenuto sostanziale, quale espressione del potere impositivo dell’Amministrazione, la cui contestazione da parte del contribuente vale a integrare una controversia effettiva e non apparente sui contenuti dell’obbligazione tributaria, dovendosi ritenere atto impositivo qualsiasi atto dell’Ufficio che attiene all’accertamento dell’esistenza e dell’entità dei presupposti e dei criteri dell’imposizione, e non si limita alla mera liquidazione dell’imposta in base a criteri predeterminati dalla legge e attraverso semplici operazioni contabili (Cass. 22.7.2003, n. 11354; Cass. 18.12.2002, n. 18046; n. 5105/2001, n. 2976/2002).

Nel caso in esame, come evidenziato dalla stessa ricorrente, l’avviso di liquidazione dell’imposta principale di successione era inerente ad una lite in cui erano in contestazione il passivo ereditario, i criteri di tassazione; del coacervo ereditario in virtù di precedenti donazioni e l’assorbimento dell’Invim.

L’atto pertanto non poteva avere mera funzione liquidatoria, assumendo invece la natura di primo atto con cui si manifestava la pretesa impositiva.

Il ricorso può, pertanto decidersi in camera di consiglio ai sensi dell’art 375 c.p.c., con il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

Ricorrono giusti motivi, per le questioni trattate, per compensare interamente le spese del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2011

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