Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10772 del 08/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10772 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: FERRO MASSIMO

1LA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

SPORT e SCOMMESSE s.r.1., in persona del 1.r.p.t., rappr. e dif. dall’avv.
Maurizio Villani, elett. dom. presso il relativo studio in Lecce, via Cavour n.56,
dunque ex leg presso la Corte di Cassazione
-ricorrente Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom, nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-controricorrenteper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Napoli 8.11.0O6;
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estensore is. m. ferro

Data pubblicazione: 08/05/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 14 marzo 2013
dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Vincenzo
Gambardella, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Sport e Scommesse s.r.l. impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Napoli 8.11.2006 che, in riforma della sentenza C.T.P. di Benevento n.
209/01/2004, ebbe ad accogliere l’appello dell’Ufficio, dichiarando la legittimità del
recupero del credito d’imposta, previsto dalla legge n.388 del 2000 per le aree
svantaggiate ed indebitamente fruito dal contribuente (per curo 37.994,79 con
sanzioni per euro 10.673,64), avendo questi omesso di ottemperare nel termine del
28.2.2003 all’invio dei dati per la ricognizione degli investimenti realizzati.
Trattandosi di soggetto che aveva conseguito in via automatica il contributo, sotto
forma di credito d’imposta e prima del 8.7.2002, doveva invero applicarsi l’art.62,
comma 1, lett. a), legge 27.12.2002, n.289, norma che nel frattempo — con
l’ordinanza 24.3.2006 n.124 — super2va il vaglio di costituzionalità da parte della
Corte costituzionale, in particolare per il contrasto al principio di irretroattività,
limitandosi la disposizione a regolare, con un apposito obbligo di comunicazione di
dati e a pena di decadenza, prestazioni in capo al contribuente che avesse già
conseguito) il citato contributo.
il ricorso è affidato a tre motivi.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto il vizio di omessa motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 n.5
cod.proc.civ., avendo la corte erroneamente omesso di spiegare le ragioni per le
quali non era stata ritenuta meritevole di accoglimento la contestazione dell’avviso di
recupero, dal momento che l’unico atto a tale scopo funzionale era quello
individuato dal1’art.36-ter del d.P.R. n.633 del 1972 ed altresì avendo la C.T.R. errato
nel non motivare circa la sussistenza dei requisiti per l’accesso alle agevolazioni in
caso di riattivazione ed ammodernamento di impianti esistenti e non di proprietà del
contribuente, solo contando che essi fossero afferenti alla struttura produttiva.
Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.112
cod.proc.civ., in relazione all’art.360 n.4 cod.proc.civ., avendo errato la C.T.R. a
porre a base della sua decisione di accoglimento dell’appello un motivo
d’impugnazione non introdotto dall’Ufficio, avendo questo revocato l’agevolazione
per violazione da parte del contribuente della regola di sospensione della fruizione

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estensor

erro

IL PROCESSO

1. Il primo motivo, sostanziante un vizio di motivazione ma non concluso con alcuna
sintesi della questione posta, è inammissibile, in relazione al principio per cui tale
qualora non sia stato formulato il cd.
censura ricorre “ai sensi dell’ari’. 366 bis cod. proc. civ.
quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, anche quando
l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata censura, attesa
la ratio che sottende la disp osizione indicata, assodata alle esigenze deflattive de/filtro di accesso alla
S. C., la quale deve essere posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia
l’errore commesso dal giudice di merito” (Cass. 24255/2011; 27680/2009).
. . .

2. Il secondo motivo è inammissibile. Il ricorrente, nel segnalare una discrasia tra la ragione
di revoca del credito d’imposta (riferita all’utilizzo del credito stesso nel periodo di
sospensione) e la sentenza d’accoglimento dell’appello dell’Ufficio (asseritamente resa
per mancato invio del modello CVS da parte del contribuente), conclude poi la
censura con un quesito generico, nel quale si invoca — con una formula di mero
interpello — la scelta fra il rispetto di una regola di pronuncia attagliata ai motivi di
ricorso ovvero con attingitnento da fatti costitutivi posti dal giudice stesso, senza
dunque realizzare il necessario livello di specificità che permetta “alla funzione di
integrare i/ punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio
giuridico generale” (Cass. 3530/2012; 11535/2008). In ogni caso, dalla premessa della
pronuncia impugnata, in cui è espresso il richiamo alla circostanza dell’indebito
utilizzo del credito d’imposta, alla parte motiva iniziale, in cui la C.T.R. puntualizza
che la sospensione temporanea dell’agevolazione refluisce in una legittima doverosa
astensione da compensazioni con detto credito, si evince che la revoca
dell’agevolazione intervenne a carico della società ricorrente in virtù dell’omessa
ottemperanza alla complessiva prestazione cedente a carico del contribuente allorchè
il legislatore passò dal sistema della fruizione automatica del beneficio al suo controllo,
intermediato da atti di documentazione dell’investimento comunicati dal beneficiario
originario ed accompagnato da un regime transitorio di preclusione all’utilizzo del
credito stesso. Tale parte non è aggredita dalla società in modo diretto, detta
omissione determinando la conseguente inammissibilità ulteriore del motivo di
ricorso.
3. Il terzo motivo è in parte inammissibile ed in parte non fondato. Un primo rilievo si
colloca all’altezza del rapporto fra il complesso delle doglianze sviluppate nel motivo
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estensore

rro

del beneficio ai sensi dell’art.1 del d.l. 12.11.2002, n.253 ed invero la C.T.R.
considerato illegittimo il credito d’imposta utilizzato dalla società contribuente a
causa del mancato invio del modello di comunicazione CVS.
Con il terzo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 3
della legge 27.7.2000, n.212, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ. avendo la
legislazione fonte delle citate comunicazioni a carico del contribuente (art.62 1.
27.12.2002, n.289 e con riguardo al d.l. non convertito n. 253 del 2002) imposto a
questi degli adempimenti con scadenza anteriore al sessantesimo giorno dalla sua
entrata in vigore, cosi contrastando con lo Statuto del contribuente ed il principio di
irretroattività della legge nuova.

4. Il ricorso va pertanto rigettato, ai sensi. di cui in motivazione, con compensazione
delle spese del procedimento di legittimità, stante la maturazione solo recente
dell’indirizzo confermativo della doverosità, ai sensi di cui in motivazione, dell’invio
dei dati per la ricognizione degli investimenti effettuati.

P .Q.M.
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estensore c4ns. jmferro

ed il tenore finale del quesito di diritto che, genericamente censurando una complessa
violazione degli a.rtt.10 e 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, ne reclama il
rispetto tanto per i rapporti con l’Amministrazione che per quelli tra contribuente e
giudice tributario, senza tuttavia precisare quale specifica violazione sia stata
commessa in sentenza, quale diversa regola giuridica doveva essere resa dalla C.T.R. e
per quali ragioni a sostegno, così rivelandosi, oltre che generico, anche inammissibile
per la struttura di mero interpello. Va invero ribadito, secondo un indirizzo cui questo
Collego intende dare continuità, che “ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il quesito
inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere alla funzione di integrare il punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso .0ecifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non
può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la
Corte in grado di poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore assentamene compiuto dal giudice
di merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere in una semplice richiesta di
accoglimento del motivo ovvero nel mero intelpello della Corte in ordine alla fondatezza della
propugnata petizione di principio o della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo.”
(Cass. 3530/2012; 11535/2008). In ogni caso, già questa Corte ha ricordato come il
credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate era stato dapprima
attribuito in via automatica dall’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, poi
eliminato dall’art. 10 del d.l. 8 luglio 2002, n. 138, quindi procedimentalizzato dall’art.
1 del d.l. 12 novembre 2002, n. 253, non convertito, con la fissazione a pena di
decadenza del termine del 31 gennaio 2003, successivamente prorogato dall’art. 62
della legge 27 dicembre 2002, n. 289 fino al 28 febbraio 2003, per comunicare i dati
occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, e ciò al fine di prevenire
comportamenti elusivi. Tale iter ha permesso così a Cass. n. 5324/2012 di precisare
che “la disposizione di cui all’ad. 3, comma secondo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che fissa il
termine minimo di sessanta giorni per l’effettuazione degli adempimenti da parte del contribuente, non
ha uno Jpecifico fondamento costituzionale, né il termine da essa stabilito attiene all’esercizio del
diritto di difesa” conseguendone “che i,’ rapido susseguirsi di disposizioni aventi forza di legge
non rispettose del termine indicato determina il verificarsi di una normale vicenda di successione di
leggi nel tempo”. Da ciò consegue, per tale parte, anche l’infondatezza del motivo, sul
presupposto della indefettibilità del rispetto del termine di comunicazione del
contenuto e la natura dell’investimento effettuato, trattandosi di termine posto da una
norma primaria ed essendo stato ogni “interessato … posto nella situazione giuridica oggettiva
di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13
novembre 2002, data di pubblicazione del d./. 12 novembre 2002, n. 253, ed il predetto termine
legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa.”
(Cass. 19692/2012).

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La Corte rigetta il ricorso e dichiara la compensazione integrale delle spese del
giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 marzo 2013.

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